Le scelte dei genitori non possono e non devono avere delle ricadute sui figli che si traducono in minori diritti e tutele. Bene quindi che questa legislatura Parlamento e Governo si stanno muovendo per porre termine alle discriminazioni tra i figli naturali e legittimi, una discriminazione lessicale che si porta dietro altre disparità in particolare sul riconoscimento, sulla legittimazione, sulla successione (i figli naturali possono essere liquidati in denaro e escluderli dall’eredità), sulla parentela (due fratelli naturali non sono fratelli, e i parenti legittimi prevalgono fino al sesto grado; acquisiscono i nonni, ma non gli zii).
La giusta strada avviata dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 è giusto che prosegua nell'ottica non solo di adattare la legge agli stili di vita della società, ma anche di cancellare stigmi sociali.
E infatti la legge appena arrivata al Senato votata dalla Camera nell'articolo 1 recita la formulazione migliore per parificare lo status dei figli stabilendo il principio della parità lessicale: «Nel codice civile le parole: “figli legittimi” e “figli naturali” sono sostituite, ovunque ricorrano, dalla seguente: “figli”».
La legge inoltre mette a regime quello che fino ad oggi è stato un escamotage utilizzato dalle coppie non sposate per aggirare la mancanza di una normativa positiva per il doppio cognome.
A fronte di un riconoscimento successivo del padre -anche se dopo pochi giorni- la legge prevede che il cognome paterno sostituisca quello materno. Ma siccome poteva succedere dopo che il figlio per anni aveva portato un cognome la norma prevedeva la possibilità di rivolgersi al Tribunale dei Minori per avere una sentenza in cui il cognome paterno invece che sostituire quello materno, lo seguisse.
Così ad esempio ho fatto io per mia figlia.
Ma ci sono controindicazioni. Se i due genitori decidessero di sposarsi o di avviare la procedura di legittimazione del figlio naturale, tutto salta e il cognome materno scompare come per incantesimo.
La legge approvata alla Camera istituzionalizza questa pratica e fa un passo avanti a favore del diritto della madre di poter lasciare il proprio cognome. Prevede così che a fronte di un riconoscimento successivo del padre il cognome materno resti o al massimo possa essere seguito da quello paterno.
È il primo timido riconoscimento del cognome materno che anche da solo può bastare, è un primo riconoscimento della parità uomo donna, è un primo passo per adeguare la nostra legislazione anche alle richieste della corte costituzionale. La corte, infatti, nel prendere atto della mancanza di una disciplina sul doppio cognome aveva sottolineato l'inadeguatezza della norma attuale che permette solo all'uomo di tramandare il cognome di famiglia, specchio di una società patriarcale non più esistente.
Donatella Poretti