Abbiamo più volte sottolineato come dietro all'obiezione di coscienza alla 194 e all'interruzione di gravidanza vi fosse una ipocrisia e un paradosso. Dall'essere una garanzia per una minoranza di medici che non se la sentivano di applicare la legge e quindi di praticare un aborto al rischio di diventare una palese impossibilità di garantire l'applicazione della legge.
Un esempio arriva questi giorni dalla città toscana di Arezzo dove all'unico ospedale pubblico, il “San Donato”, tutti i medici si sono dichiarati obiettori. E ora chi garantisce l'applicazione della legge? Le donne aretine dovranno andare fuori città ad abortire seguendo l'esempio di quelle lucane “costrette” dai picchi di obiezione ad abortire nelle regioni limitrofe? Oppure la Regione e l'Asl dovranno organizzare con personale esterno all'ospedale il servizio previsto dalla 194?
Stamani c'è un presidio davanti all'Ospedale promosso dall'associazione Liberaperta, cui ci uniamo virtualmente per chiedere il rispetto della legge. Per nostro conto chiediamo anche al ministro della Salute di consegnare al più presto la relazione annuale al Parlamento sulla 194, atto che doveva esser giàstato fatto secondo i termini di legge alla fine di febbraio, per capire meglio come il fenomeno dell'obiezione di coscienza possa essere affrontato.
I numeri parlano chiaro infatti, se sette medici su dieci sono obiettori, la media italiana dell'ultima relazione al Parlamento, è evidente che il servizio che solo il Ssn può garantire come previsto dalla legge ha delle difficoltà: turni, ferie e organizzazione evidentemente fanno sì che i non obiettori devono farsi carico interamente di fare aborti. E se il primario è obiettore perché non seguirlo su quella scelta anche solo per opportunismo?
Donatella Poretti e Marco Perduca
senatori radicali toscani