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Gordiano Lupi. Il caso degli italiani a Bayamo 
La bambina è stata sepolta viva
foto 1.
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28 Giugno 2011
 

Il primo indizio del crimine è stato il braccio della studentessa scomparsa. Lo aveva tra i denti un cane dopo aver scavato nel luogo dove era stato sepolto il cadavere.

La vittima è una baby prostituta tossicodipendente di appena 12 anni.

 

 

Tre italiani e almeno una dozzina di cubani sono ancora in prigione dalla metà del 2010, senza che contro di loro sia stato instaurato un procedimento penale. Le circostanze del crimine verificatosi nella città di Bayamo, provincia orientale di Granma, sono ancora un enigma e la stampa cubana mantiene un totale silenzio sul caso. Le versioni che circolano sono contrastanti. Alcune testimonianze affermano che la bambina - asmatica cronica - è morta in una casa dove partecipava a una festa, dopo un arresto respiratorio dovuto al troppo alcol ingerito, senza escludere la possibile influenza di droghe. Ma due persone che hanno visto il video della ricostruzione dei fatti, hanno detto alla rivista indipendente cubana Café Fuerte che la vittima è morta per asfissia, perché è stata sepolta viva.

«Il video fa capire che la bambina non è morta durante la festa, ma successivamente, a causa della terra che le ha impedito di respirare. È stata portata fuori dalla casa, messa nel bagagliaio di un’auto turistica e sotterrata a venti chilometri dal luogo del malore, alla periferia della città», riferisce una fonte che vuole mantenere l’anonimato.

Si pensa che i principali responsabili dell’omicidio siano riusciti a uscire dal paese, cosa che ha complicato il processo investigativo e la messa in stato di accusa dei possibili implicati.

Il giornalista-blogger Ernesto Morales, residente a Bayamo, è stato il primo a diffondere la notizia nel suo blog El Pequeño Hermano, nello scorso mese di agosto. Vive a pochi metri dal posto dove si è verificata tragedia, nella Calle Parada, tra Pío Rosado y Capote.

 

La vittima indossava la divisa scolastica della secondaria

 

«Il suo piccolo corpo è stato rinvenuto molto tempo dopo il crimine, tra gli arbusti, in avanzato stato di decomposizione. Una piccola prostituta è morta in una casa privata, vittima di una dose eccessiva di droga che un turista italiano le ha fatto consumare», scrisse Morales. «Quando è stata scoperta e fotografata dalla squadra di polizia, portava ancora la gonna gialla dell’uniforme della scuola secondaria».

Morales ha detto a Café Fuerte che sono circolate liberamente per la città di Bayamo copie video dell’autopsia e una presentazione del crimine in formato Power Point, nonostante agenti della Sicurezza avessero fatto in modo che tutti i documenti inerenti il crimine venissero sequestrati e resi indisponibili al pubblico.

La tragica festa aveva avuto luogo il 14 maggio. Quattordici giorni dopo è stato scoperto il cadavere ed è cominciata l’indagine con il supporto di nuclei operativi provenienti dall’Avana. Uno spiegamento di forze che non si era mai visto nella piccola città di Bayamo, nota soprattutto per aver dato il titolo all’inno nazionale. Strade chiuse per ore, cittadini che non potevano uscire dal quartiere, neppure per andare al lavoro, anche se non erano coinvolti nell’operazione.

 

Far sparire il corpo

 

I cubani arrestati (circa 15 persone) sono stati reclusi nella Prigione Provinciale Las Mangas, a Bayamo. I tre italiani sono stati trasferiti all’Avana, dopo il loro arresto, avvenuto lo scorso giugno.

Gli italiani sono: Simone Pini, 43 anni, Angelo Malavasi, 45, e Luigi Sartorio, 44. Tutti e tre hanno negato ogni addebito nelle interviste rilasciate dopo l’arresto e anche alla blogger Yoani Sánchez.

Tra i cubani arrestati, tre avevano partecipato direttamente all’azione di far sparire il corpo della minorenne; due di loro sono noti con i soprannomi di “Pincho” e “Carmenate”.

Secondo quel che scrive Morales, si trovano ancora in stato di arresto Luis Carlos e Sandra, proprietari della casa dove si è tenuta la festa. Sembra che la donna sia figlia di un alto ufficiale del Ministero degli Interni che è stato direttore delle carceri nella provincia di Granma.

«La loro licenza per affittare appartamenti era scaduta», aggiunge il giornalista indipendente.

Sono ancora agli arresti Yaína Coset Pardo Muñoz, 31 anni, impiegata del Museo di Archeologia di Bayamo e prossima a laurearsi in Studi Socioculturali; sua zia Ileana Victoria Muñoz Yero, 50; Rebeca González, detta “Milka”, 60, che affittava la sua casa a Malavasi; e Ramón Enrique Alvarez, proprietario di un appartamento.

 

Illegalità durante il processo

 

I familiari dei detenuti hanno denunciato comportamenti arbitrari durante il procedimento penale.

«Non è dato sapere perché abbaino coinvolto mia moglie nel caso», ha detto Jorge Antonio Fernández, marito di Yaína Pardo. «Possiamo provare che quando è avvenuto il crimine lei assisteva a una conferenza, non conosce nessuna delle persone arrestate, eccetto sua zia», ha aggiunto. Fernández ha ribadito che alla moglie non sono state mosse imputazioni formali, ma che le è stato fatto capire di trovarsi in galera per presunti crimini legati a corruzione, tratta di persone e pornografia. «Nessuno dice niente. Il processo è segreto. Ho visto l’avvocato difensore due volte in otto mesi e mi ha detto di non aver mai avuto accesso al fascicolo penale», ha concluso Fernández.

Rafael Iglesias, ex marito di Milka, risiede in Florida insieme al figlio di entrambi. Ha detto che sono state le due minorenni che avevano affittato la casa insieme all’italiano a incolpare la donna. Milka è malata di cancro al seno e ha problemi di leucemia. Neppure il suo avvocato ha avuto accesso agli atti penali. Iglesias non ha potuto far visita a Milka in carcere.

 

Confessione sotto tortura

 

Due degli italiani incriminati sostengono che non si trovavano a Cuba quando si è verificato il crimine; il terzo dice di aver firmato una dichiarazione sotto tortura.

Pini e Sartorio assicurano che erano in Italia; Malavasi è l’unico che si trovava a Bayamo. I tre sono stati collegati alla morte della minorenne per alcune foto che li ritraevano insieme a lei. Adesso sono accusati di omicidio, incitamento alla prostituzione e traffico di droga.

Sartorio e Pini sono reclusi all’Avana, nella dura prigione del Combinado del Este, dove Yoani Sánchez si è recata a far loro visita, mentre Malavasi è stato destinato a La Condesa, un carcere che garantisce un trattamento migliore.

Malavasi, che ha viaggiato molto in America Centrale, afferma di non aver mai conosciuto la ragazzina. «Preferisco morire piuttosto che continuare a stare in galera a Cuba», ha detto alla Gazzetta di Modena. Malavasi ha fatto uno sciopero della fame alla fine del 2010.

«Ero venuto a Cuba per trascorrere quattro mesi di vacanza. Me ne stavo a casa mia, tranquillo. Una mattina sono arrivati alle 5 e 30 a prendermi, mi hanno detto che avevo partecipato a un omicidio e che ero stato visto in compagnia di ragazzine. A mio parere il caso è stata una conseguenza dell’inchiesta sugli altri due italiani, che si trovavano nel nostro paese quando sono accaduti i fatti di cui ci accusano. Pure loro sono stati arrestati la mattina all’alba», ha detto a Il Resto del Carlino lo scorso 14 gennaio.

Alcune persone che hanno conosciuto Malavasi a Bayamo lo definiscono un uomo pacifico che da tempo conviveva con una donna cubana. Secondo testimonianze reperite dalla rivista Café Fuerte, la polizia di Bayamo controllava da tempo le mosse degli italiani che vivevano nella città, perché il loro tenore di vita contrastava con quello dei cittadini cubani.

 

Una lettera di denuncia

 

«Alcuni di loro vendevano vestiti e uno ha avuto problemi per comprare una casa. Gli italiani residenti a Bayamo erano una decina ed erano conosciuti da molte persone», dice una fonte che vuole restare anonima.

Sartorio, proprietario di un negozio di ottica a Verona, ha detto di essere stato arrestato il 2 giugno a Holguín e di aver confessato sotto tortura di aver partecipato alla festa, ma adesso assicura che non è vero, perché nei giorni in cui è morta la minorenne si sarebbe trovato in Italia.

«Mi hanno messo in una cella buia, larga due metri, priva di aria e di acqua. Mi sono visto obbligato a dire che ero presente alla festa, sia per inesperienza che per le torture», ha scritto in una lettera ai mezzi di stampa italiani, riprodotta dal Corriere Veneto.

L’impresario ha un figlio di quasi un anno con una donna cubana residente a Holguín, chiamata Ilen.

Un’ex fidanzata di Sartorio conferma che l’italiano si trovava in Italia, ma vuole restare anonima e rilascia solo poche dichiarazioni a Café Fuerte: «So che non può aver ucciso, né spacciato droga», ha detto la ragazza che adesso risiede in Italia. «L’ho visto a Verona a casa di sua madre, proprio nel periodo in cui sono accaduti i fatti», conclude.

 

Legami familiari

 

La sorella di Sartorio, Gilda Ornella, afferma che il fratello è stato in Italia fino al 28 maggio. «Lavora in Italia, sei mesi all’anno, e vive a Verona. Ma la sua famiglia è a Holguín. Ha un figlio di un anno e una bellissima compagna che lo adora», ha scritto Ornella sul Giornale di Vicenza. La donna si è lamentata del fatto che il fratello è stato arrestato il 2 giugno, ma la famiglia non è stata informata dei fatti fino al 26 luglio. Anche Pini ha un figlio a Bayamo. Assicura che si trovava in Italia tra il 30 marzo e il 24 maggio, giorno in cui è tornato a Bayamo. Ha presentato alle autorità cubane ricevute di cene con amici a Firenze, un esame della vista effettuato all’ospedale di Careggi e una contravvenzione spiccata dalla polizia di Campi Bisenzio.

Morales scrive che attualmente si trovano a Bayamo almeno 15 italiani, regolarmente identificati e conosciuti dalla popolazione. Molti di loro vivono nelle case che vengono date in affitto.

«Gli italiani si approfittavano delle loro possibilità economiche per procurarsi donne a Bayamo», ha commentato Morales. «In un’occasione ho sentito uno di loro vantarsi del fatto che al suo paese non avrebbe mai potuto avere tutte le donne che ha avuto a Cuba».

L’Italia è il terzo paese in fatto di turismo verso Cuba, dopo Canada e Inghilterra. Lo scorso anno ben 112.298 italiani hanno visitato l’isola.

 

Gordiano Lupi

 

 

FOTO:

1. Cubani arrestati dopo la morte della minorenne. Da sinistra a destra: Yaína Pardo Muñoz, Ileana Muñoz Yero e Ramón Enrique Alvarez

2. Jeep di Ramón Enrique Alvarez, catturato durante la retata

3. Da sinistra a destra: Luigi Sartorio, Angelo Malavasi e Simone Pini, italiani arrestati dopo la morte di una minorenne a Bayamo

4. Angelo Malavasi insieme a una giovane bayamesa

5. Luigi Sartorio con il figlio cubano


Foto allegate

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