Ricorre, quest’anno, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Hanno concorso a realizzarla l’idealismo di Mazzini, la diplomazia di Cavour, l’eroismo di Garibaldi e dei garibaldini che l’hanno offerta a Vittorio Emanuele II. È costata molto. Forse troppo. Merita grande rispetto e devozione. Le celebrazioni hanno visto ovunque una grande partecipazione popolare. La nostra con assoluta convinzione. Perché i partigiani, anche se avevano diverse aspirazioni politiche, si sono sempre battuti per una sola bandiera, il tricolore. Anche noi dell’ANPI lo portiamo sulle spalle. E la guerra di Liberazione è stata un atto d’amore verso la Patria!
Risorgimento ed Unità d’Italia costituiscono i capisaldi della nazione. Sui quali occorre innestare tre anni magici: quelli compresi tra il 25 aprile ’45 e il 1° gennaio ’48, resi possibili dalla Resistenza. Quella della Resistenza è una stagione irripetibile, permeata da forti passioni, grandi ideali e notevole generosità, che producono la Liberazione del Paese dall’invasore tedesco e dal totalitarismo fascista, l’avvento della Repubblica, l’approvazione della Costituzione. Costituisce il necessario completamento degli ideali che animarono i patrioti del Risorgimento. Ha anche visto operai contadini studenti professionisti artigiani senza distinzioni di classi partecipare ad un evento eccezionale, una guerra popolare combattuta con l’appoggio delle popolazioni. Senza il Risorgimento, non avremmo avuto l’unità. Senza la Resistenza, non avremmo avuto né la Repubblica né la Costituzione.
Le nostre valli vengono liberate quando gli Alleati sono lontani. È la fine di un incubo! Le nostre piazze, le nostre strade vengono invase da una folla impazzita festante che si stringe attorno ai patrioti, li bacia, li abbraccia. Per diversi giorni si scherza si balla si canta. Torna la voglia, la gioia di vivere. Abbiamo tutti un debito di riconoscenza nei loro confronti. Abbiamo il dovere di ricordare quelli che caddero per la conquista della libertà, i tanti che sono scomparsi nel corso di questi anni, quanti per fortuna sono tra noi e dire loro una sola parola: Grazie! Grazie per quanto hanno fatto, grazie per averci restituito la libertà, grazie per aver cacciato lo straniero, grazie per aver eliminato il fascismo!
La guerra di Liberazione ha richiesto un alto prezzo di caduti partigiani e civili, mutilati invalidi e feriti. Il Presidente della Repubblica ha voluto consacrare la Resistenza armata dei partigiani e quella disarmata delle popolazioni concedendo la medaglia d’argento alla nostra provincia. Medaglia che viene sbandierata in tutte le occasioni, dimenticandosi spesso, però, di specificare che è stata assegnata alla Resistenza.
Da troppi anni ci viene proposta un’altra storia. Ci vengono descritti un fascismo mai esistito, una dittatura all’acqua di rose, ed i peggiori fascisti, quelli di Salò, come combattenti per la Patria quando il Governo legittimo italiano era in guerra con la Germania! Possiamo anche comprendere la confusione di giovani irretiti dal fanatismo e dalle menzogne. Ammettiamo anche che alcuni di loro fossero in buona fede. Ma quanto alla Patria, non raccontiamoci favole: la Patria stava da un’altra parte: stava dalla parte di chi combatteva per la libertà e la democrazia, non dalla parte di chi difendeva la dittatura e il nazismo! Viviamo oggi in un Paese che ha smarrito la bussola, ha perso la memoria storica, non capisce il presente, non sa progettare il futuro, lascia i giovani senza futuro. Dove gli imputati cercano di processare i giudici e si fanno approvare leggi ad personam. Dove si voleva ritornare al nucleare e speculare anche sull’acqua. Per fortuna il popolo, questa volta sovrano ha respinto queste tesi col referendum. Ma c’è di più: in questo clima si vuole abolire il divieto costituzionale di riorganizzazione del partito fascista, si osa ancora proporre l’equiparazione tra repubblichini e partigiani. Come se fosse possibile mettere sullo stesso piano chi ha difeso la Patria e la libertà con chi l’ha tradita diventando servo dei tedeschi e corresponsabile dei lager, campi di deportazione e di lavoro, delle tante Ville Tristi ove si torturava e si uccideva! Ma vedrete, il popolo italiano non consentirà l’affermarsi di queste aberrazioni storiche e morali.
Anche su Buglio si tenta di capovolgere la storia. Per malafede o per ignoranza si è scritto che sono stati i partigiani ad incendiare le case e ad uccidere i civili! Qui ci sono partigiani che conoscono la realtà, per aver preso parte alla battaglia. E sono giustamente indignati. La storia, quella vera ci ricorda che l’11 giugno ’44, dopo una serie di azioni vittoriose nella bassa valle, la 40ª Brigata “Matteotti” alza il tiro ed occupa pacificamente il paese di Buglio in Monte. Viene deposto il Podestà, si distribuiscono agli abitanti i viveri destinati ai maggiorenti del fascio, la lana destinata all’ammasso, si nomina il Sindaco, si tengono assemblee, si prendono decisioni. Sul Comune sventola una bandiera rossa: in quel contesto simbolo di libertà. L’entusiasmo si diffonde tra i partigiani e gli antifascisti. Ma è prematuro.
Il sogno, forse anche l’utopia viene infranto il 16 giugno, quando un esercito di circa 800 nazifascisti e mongoli con 26 automezzi prima esplode i cannoni sull’abitato, poi travolge il modesto presidio partigiano ed infine rincorre ed uccide i civili che cercano inutilmente scampo nei boschi, nelle baite, nelle montagne. Andandosene, lasciano sul terreno 7 partigiani caduti nel tentativo di difendere il Paese, e sette civili vilmente assassinati. Non contenti, appiccano il fuoco a 36 case o casolari. Agli abitanti non resta che piangere i propri cari, far fronte in qualche modo alle ristrettezze, alla fame, al freddo che verrà. Le strategie belliche partigiane vengono ripensate, per salvaguardare le popolazioni. Sarà inutile: incendi, devastazioni, omicidi di civili, delazioni, torture ed angherie continueranno fino alla Liberazione.
Vogliamo oggi rendere omaggio ai civili inermi uccisi in quel giorno infausto; ai familiari delle vittime la cui vita resta segnata per sempre; ai partigiani immolatisi nell’impari battaglia. Altri quattro patrioti di Buglio perdono la vita in altre occasioni, dei quali citerò Lina Selvetti, caduta a Milano. Tutti loro col sacrificio supremo hanno contribuito a restituirci la dignità e l’onore perduti da vent’anni e a ridare un senso alla Patria.
Sergio Caivano*
* Presidente ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) provincia di Sondrio. Testo integrale del discorso pronunciato a Buglio in Monte il 19 giugno 2011, in occasione della celebrazione dei caduti nella battaglia di Buglio in Monte (16 giugno 1944).