I radicali di Milano annunciano una fiaccolata davanti al carcere di S.Vittore per ringraziare gli oltre 7.500 digiunatori - oltre 6.000 i detenuti e i loro famigliari, ma numerosi anche gli operatori penitenziari - che in tutta Italia stanno partecipando alla lunga azione nonviolenta di Marco Pannella per l'obbiettivo indicato dallo slogan «AMNISTIA, AMNISTIA, AMNISTIA!».
Ieri davanti alle carceri di molte città italiane, dove imperversa la tortura del sovraffollamento, nel giorno della festa della Repubblica i radicali hanno aperto striscioni con la scritta «AMNISTIA PER LA REPUBBLICA», perchè lo Stato interrompa immediatamente il reato contro l'umanità che sta commettendo nei confronti delle persone detenute, contro la Costituzione e le leggi italiane e contro le Convenzioni internazionali, per avviare la riforma della Giustizia e per dare una minima credibilità alla democrazia italiana.
La stessa scritta è stata esposta ieri dalle 11 alle 13:30 davanti al portone di S.Vittore, per il Detenuto Ignoto e per Nessuno Tocchi Caino, dal radicale Lucio Bertè, che infine ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«Alla destra del portone di S.Vittore, che per i Milanesi è da sempre il N. 2 di Piazza Filangieri, una grande lapide ricorda le migliaia di cittadini italiani che tra l'8 settembre del 1943 e la Liberazione furono qui imprigionati e torturati, molti fino alla morte, sotto la dittatura fascista. Dopo 66 anni, è lo "Stato democratico" il torturatore di quasi 70 mila persone detenute al limite della incompenetrabilità dei corpi, istigatore di suicidi anche tra gli agenti. Nel giorno in cui la Repubblica festeggia ancora se stessa senza riconoscere con un sussulto di dignità, di onestà, di amore della verità, che è colpevole di reato continuato, occorre rammentare a chi la presiede che una amnistia è la misura iniziale minima e necessaria per interrompere questa flagranza di reato.
Perché non seguire l'esempio di Germania e California? Perché non riconoscere la priorità di garantire il diritto delle persone detenute alle minime condizioni di detenzione stabilite dalla legge, e, in attesa di una revisione del sistema delle pene, applicare il criterio del numero chiuso, cioè non accettare in carcere nessuno oltre la capienza di progetto, abolendo l'arbitrario concetto di "capienza tollerabile", cioè di "limite tollerabile di tortura" definito dal torturatore stesso? Perchè non applicare lo stesso criterio normale per qualsiasi edificio adibito a funzioni residenziali collettive, come alberghi, caserme, collegi, ecc. ecc.? Ieri ho chiesto di parlare con la Direttrice - però al momento assente - per esprimere la nostra vicinanza anche con gli operatori penitenziari.
Gli agenti mi hanno identificato e hanno preso nota del cartello. Diverse le reazioni sulla richiesta di "Amnistia per la Repubblica". Degli agenti incontrati, uno in borghese ha detto: "Ci vorrebbe proprio", uno in divisa ha fatto un gesto come dire "perfetto!", altri invece hanno polemizzato pesantemente, uno pretendendo di vietare ad un cittadino che solidarizzava, di fotografarmi con lo sfondo del portone del carcere. Però il consenso più appassionato alla richiesta di amnistia dei radicali è venuto ieri da una suora che, uscendo da S.Vittore, prima si è fatta carico di informare i detenuti e poi ha aggiunto "Bravi, andate avanti, non ci abbandonate, nessuno si occupa di noi..."». (Lucio Bertè)
Associazione Il detenuto ignoto, Milano