Ci siamo tutte. La folla di avvocati e di attiviste per i diritti umani delle donne sta crescendo di momento in momento. I nostri occhi seguono il marito di Nasrin, Reza Khandan: «La stanno portando qui un po’ prima delle 11 come era stabilito», dice. I nostri cuori battono come ali, dal desiderio di vederla.
Dapprima solo in poche riusciamo ad entrare nella stanza con il sig. Khandan. Una poliziotta e alcuni avvocati sono già nella stanza. Stiamo attente a non creare la minima tensione, perché così almeno potremo vedere Nasrin, ed entriamo ad una ad una.
Abbracciamo Nasrin, le lacrime cominciano a cadere. Non sappiamo se stiamo piangendo dalla gioia di rivederla, dal dolore di non averla avuta con noi per 9 mesi, o per la determinazione travolgente che sta su quel viso a noi familiare, una determinazione da cui abbiamo imparato così tanto. Ma il tempo vola. Le guardie ci obbligano a lasciare la stanza.
Dall’atrio, vediamo Nasrin attraverso le vetrate. La sua gioia è evidente, i suoi colleghi avvocati la attorniano calorosi, suo marito ha gli occhi pieni di felicità, e tutto questo fa felici anche noi.
Il tribunale ha chiesto che a Nasrin Sotoudeh* sia revocata l’autorizzazione a svolgere il suo lavoro di avvocata, ma l’Associazione degli avvocati iraniani ha presentato ricorso: oggi è il primo giorno del processo che ne è conseguito.
Aspettiamo i risultati, ma il tribunale non si pronuncia. “La sessione si terrà in un altro momento”. A mezzogiorno e mezzo, due soldati e una donna guardia carceraria portano fuori Nasrin. Nasrin tiene alte le mani strette dalle manette. La guardia tenta di abbassargliele, ma non ci riesce. Di colpo suo marito le prende la testa fra le mani e la riempie di baci. Le guardie tentano invano di separarli. Siamo tutte colme di affetto e ammirazione. Stiamo guardando la resistenza che nasce dell’amore? Sono i baci che Reza ha promesso ai suoi figli Mehrave e Nima di dare da parte loro alla loro madre?
Oggi voliamo di nuovo. Siamo fiere di Nasrin e siamo fiere di averla con noi, con quelle mani alte, quelle mani che non si sono mai piegate.
(estratto dall’articolo “An Encounter with Nasrin Sotoudeh: Hands of a Witness, Forever Unbowed”, di Nahid Jafari e Roja Bandari, iraniane, attiviste della campagna “Change for equality”, 30 maggio 2011, trad. Maria G. Di Rienzo – da Lunanuvola's Blog, 1° giugno 2011)
* Ndt. Nasrin Sotoudeh, avvocata, è stata arrestata dalle autorità iraniane il 4 settembre 2010 per la sua attività di difensora dei diritti umani, in particolar modo i diritti di donne e bambini. È stata condannata per tale attività ad 11 anni di carcere ed al bando ventennale dalla sua professione: di quest’ultimo si tratta nel presente articolo.