Sono prigioniera del mio paese
Per chi dissente dall’opinione dominante è previsto un castigo
La sanità cubana è in condizioni deteriori
Alla fine credo che otterremo una Cuba pluralista e rispettosa delle diversità
Pontedera, 28 maggio 2011 – Buon pubblico alla Biblioteca Comunale di Pontedera per l’incontro telefonico con Yoani Sánchez che ha raccontato la sua Cuba libre, nel quadro delle iniziative della “Notte bianca del libro”. Se una notte d’estate un lettore, era il titolo della serata, parafrasando un noto romanzo di Italo Calvino, tra l’altro scrittore italiano nativo dell’Avana e legato a Cuba per tutta la vita.
Yoani Sánchez ha salutato il pubblico, ringraziando per l’invito e per il ponte telefonico tra Italia e Cuba che le ha permesso di partecipare all’iniziativa. «Sono prigioniera del mio paese. Non posso uscire e non posso muovermi per andare a conferenze e presentazioni di libri», ha precisato. Subito dopo ha risposto ad alcune domande sulla situazione attuale dell’isola.
– Due arcivescovi hanno detto recentemente che con Raúl Castro a Cuba sta arrivando la democrazia. Che cosa ne pensi?
Non è vero. Raúl Castro ha promosso soltanto una serie di modeste riforme economiche, ma non si è impegnato in nessun modo per fare dei passi avanti in tema di libertà e di diritti civili.
– Puoi parlarci dei cambiamenti economici di Raúl Castro dopo il Sesto Congresso del Partito Comunista Cubano?
Sono state approvate alcune riforme in tema di lavoro privato, che verrà incentivato visto il licenziamento di circa cinquecentomila persone dagli impieghi pubblici. Il governo ha decretato la possibilità di vendere case e automobili, ma ancora non sono stati emanati i provvedimenti legislativi per dare attuazione alla deliberazione. A parte il lavoro privato - per il quale attendiamo una maggior flessibilità - le altre misure decise dal Congresso restano ancora sulla carta.
– I diritti umani a Cuba. A che punto siamo?
Sono il problema di sempre. A Cuba non esiste il rispetto delle differenze e le persone non conformi subiscono forti penalizzazioni. Non sono possibili libere associazioni come partiti politici, sindacati e persino semplici gruppi di cittadini con interessi non condivisi dal governo. Per chi dissente dall’opinione dominante è previsto un castigo. Tutto questo deve finire.
– Hai scritto su Twitter: “Studiare a Cuba è gratis ma senza libertà”. Cosa volevi dire?
A Cuba l’istruzione è gratuita ma ideologica. Si tratta di vero e proprio indottrinamento, di un insegnamento a carattere trionfalista che vuole mettere in evidenza i successi della Rivoluzione. Ho scritto quella frase quando è stato espulso uno studente dall’Università per motivi ideologici.
– “Ragioni Civiche” è il tuo programma Internet per rettificare le menzogne televisive di Ragioni di Cuba. Come puoi farlo?
Si tratta di un piccolo programma alternativo che abbiamo ideato insieme agli altri blogger indipendenti per rispondere al programma ufficiale della televisione cubana studiato per attaccare e demonizzare i dissidenti. A differenza di loro non aggrediamo e non calunniamo, ma ci limitiamo a esporre i problemi e a proporre soluzioni. Il programma è fatto con poche risorse: una telecamera digitale, un amico che filma, molta spontaneità e improvvisazione. Lo studio dove lo realizziamo è la sala della mia casa. Ho notato che “Ragioni Civiche” ha avuto un buon impatto, sia a Cuba che fuori dall’Isola.
– La stampa e la televisione cubana sono libere?
No, non sono libere. Tutto è diretto e sorvegliato dal Partito Comunista Cubano che esige un tono ideologico a base di trionfalismo. Molti professionisti della carta stampata e della televisione sono persone di un certo valore, ma non sono libere di esprimersi.
– Il tuo futuro in una Cuba libera.
Sono ottimista. Alla fine credo che otterremo una Cuba pluralista e rispettosa delle diversità. Per quel che mi riguarda voglio vivere a Cuba, non esiste un altro paese che mi interessi e penso che il mio ruolo sarà sempre lo stesso: fare la giornalista.
– Perché il popolo cubano non si ribella come accade in molti paesi arabi e nordafricani?
A Cuba il governo ha inculcato nel popolo una paura paralizzante. La gente indossa una maschera, finge per non avere problemi, scende in piazza per le convocazioni di Stato, si adegua al volere del regime. Cinquant’anni di questa vita sono molti e hanno annichilito la volontà di un popolo. In ogni caso noto segnali di cambiamento. Si tratta di un processo lento, ma la voce popolare sta venendo fuori.
– Perché i cubani che vivono all’estero non sono uniti nel sostenere il cambiamento? Perché molti di loro evitano di occuparsi dei problemi politici della loro terra?
Pure qui le cose stanno cambiando, perché dopo la morte di Orlando Zapata Tamayo ci sono state molte manifestazioni di protesta in tutto il mondo. È vero, però, che i cubani subiscono il peso dei ricatti del loro governo, sanno bene che - se parlano e si espongono - possono subire la ritorsione di Stato, che consiste nel divieto di fare rientro sull’Isola e di rivedere i familiari.
– La sanità cubana è davvero così perfetta?
La sanità cubana è in condizioni deteriori, almeno quella per i cittadini. La settimana scorsa cercavo un termometro in una farmacia che vende medicinali in moneta nazionale (peso cubano) e mi hanno guardato come se cercassi una fetta di luna. Poco distante, in una farmacia per turisti, dove si compra in moneta forte (peso convertibile), ma non alla portata di tutte le tasche, si poteva scegliere persino tra diversi tipi di modernissimi termometri digitali. La sanità per i turisti è un conto, quella per i cubani tutt’altra cosa. Nonostante la situazione di degrado assoluto, il governo mostra il settore sanitario come una conquista e lo utilizza a fini propagandistici. Faccio notare, inoltre, che un lavoratore cubano guadagna - nel migliore dei casi - l’equivalente di venti dollari al mese. Stipendi così bassi finanziano la spesa per la sanità pubblica e per tutta la propaganda di regime.
– La partecipazione alla sfilata del Primo Maggio è stata imponente. Era spontanea?
Le sfilate come quelle del Primo Maggio sono consuetudinarie. La gente va in massa senza bisogno di coazione fisica perché esiste una ben peggiore costrizione psicologica. Uno studente che non partecipa alla celebrazione subirà ripercussioni sugli esami scolastici e sul futuro corso universitario. Un lavoratore assente avrà pregiudizi sul posto di lavoro, rischierà il licenziamento e il cambiamento di mansioni. Si tratta di una serie di piccole repressioni che convincono i cittadini a sfilare sotto il palco delle autorità e a rendere omaggio a un regime che celebra se stesso.
– Come vive un cubano che lavora per lo Stato?
Molto male. Lo stipendio non basta ad arrivare alla fine del mese. I lavoratori vengono pagati in pesos cubani, che valgono venti volte meno di un peso convertibile (moneta forte parificata a euro e dollaro), ma il costo della vita è basato su chi possiede valuta pregiata. Il cubano per sopravvivere deve fare tutto il contrario di ciò che nella sua ideologia lo Stato raccomanda: prostituirsi, sottrarre risorse al governo, fare negozi illeciti, mettere in piedi forme di mercato nero. La maggior parte della popolazione sopravvive grazie alle rimesse dei parenti che vivono all’estero. Per assurdo proprio coloro che l’ideologia ufficiale definisce vermi e scorie, mandano avanti l’asfittica economia nazionale.
Un applauso convinto dei partecipanti alla serata sottolinea il consenso con cui vengono accolte le parole di Yoani. La blogger conclude ringraziando il pubblico e invita tutti ad «avvicinarsi alla vera realtà cubana, allontanandosi dalla propaganda ufficiale».
È sempre un piacere ascoltare questa giovane e coraggiosa cubana che ha il dono della chiarezza e della sintesi. Avremo occasione di sentirla di nuovo il 18 giugno, ad Aosta, per un evento blogger al quale è stata invitata, ma vista la situazione crediamo che sarà possibile parlare con lei grazie al solito collegamento telefonico. Il suo tono sicuro e fermo fa sperare che non sia lontano il giorno in cui potremo festeggiare la nascita di una vera Cuba libre.
Gordiano Lupi