C’è un uomo che, ad ottantuno anni, dal 20 aprile è in sciopero della fame perché in questo paese, straripante di imbroglioni, millantatori e opportunisti, possa esserci un barlume, sì un barlume, una briciola, di democrazia.
Si dice che uno sciopero della fame di Marco Pannella non faccia più notizia e che, pertanto, debba essere cassato dai tg, dai giornali radio, dalla carta stampata. Ne ha fatti tanti, che volete che importanza abbia uno in più o uno in meno?
Il paese ha bisogno di altro, di notizie forti che vanno dalle pruriginose indiscrezioni, filtrate ad arte, sui festini privati del presidente del Consiglio, all’allarmismo, anche questo appositamente alimentato, per gli sbarchi dei clandestini, all’eterna vexata quaestio delle mancate intese tra i vertici istituzionali e dei rapporti tra magistratura e capo del governo. L’unica opposizione che viene accreditata è quella, ovviamente funzionale a chi ci “guida”, piazzaiola e sensibile al basso ventre degli italiani, o almeno a quello che si vuole sia tale, dei vari Antonio Di Pietro e Marco Travaglio.
Già. Pannella non è notiziabile. Il fatto è che non lo è mai stato, perché così viene considerato chi, ostinatamente da più di sessant’anni, intende costantemente richiamarci, finanche pedissequamente, all’esecuzione del dettato costituzionale, di quella carta cioè, costata il sangue di tanti italiani rimasti anonimi, che all’indomani della sua promulgazione era stata già resa carta straccia da chi avrebbe dovuto applicarla.
Ma che vuole quest’uomo la cui limpida moralità cozza apertamente contro il moralismo d’accatto e la doppiezza imperanti in un paese che risente, eccome, di un secolare dominio vaticano? Semplice, molto semplice. Pannella rischia, come lui tiene sempre a ribadire, la vita, non la morte, per porre un argine ai tradimenti referendari puntualmente ripetutisi dal 1972 in avanti, da quando cioè il Pci tentò in tutti i modi di sabotare quel referendum sul divorzio che fu poi vinto dalla stragrande maggioranza dei cittadini, laici e cattolici insieme, a scapito delle gerarchie comuniste e vaticane. Tradimenti perpetuatisi nel solco della (peggiore) tradizione partitocratica, prima con il ricorso ad elezioni, poi con gli inviti a compiere scelte balneari e, infine, con leggi e prassi il cui scopo è stato quello di disattendere e vanificare le decisioni dei cittadini.
Che sta accadendo, dunque, nel pieno disinteresse degli organi della (pseudo)informazione? Semplicemente questo: in un paese civile, i referendum sui quali ci dovremmo pronunciare tra un mese dovrebbero essere rinviati perché la campagna di informazione televisiva, che sarebbe dovuta cominciare il 4 aprile, semplicemente non c'è, non c’è stata e ormai, a questo punto, non ci sarà. Se vi pare giusto che sia così… È grave che l’opposizione, invischiata nel solito gioco perdente e controproducente dell’antiberlusconismo, non se ne renda conto, divenendo, di fatto, l’altra gamba di una maggioranza, in crisi e sfilacciata quanto si voglia ma su questo, cioè sul proposito di vanificare le opinioni dei cittadini, profondamente coesa.
E così Pannella, che ha già perso quindici chili, persevera nella sua fame e nella sua sete di legalità. Certo, forse è troppo in un paese in cui se non sei inquisito, se non hai commesso qualche ruberia e, soprattutto, se ti richiami all’eticità del fare e dell’essere, non sei nessuno, proprio nessuno e neanche puoi pretendere di passare all’aldilà con i conforti “religiosi”. Oltre trent’anni fa, Alberto Arbasino pubblicò un bel libro sferzante, caustico, tipico del suo stile, intitolato Un paese senza. Vorremmo che per una volta almeno fosse smentito e, anziché l’assenza della legalità, prevalesse, ripetiamo per una volta, il diritto, il diritto a conoscere per deliberare, ad essere informati perché la democrazia non sia un vuoto orpello ma la sostanza del nostro agire.
Francesco Pullia
(da Notizie Radicali, 10 maggio 2011)