Una nostra associata ci ha fatto pervenire questo articolo che prende in considerazione la vexata quaestio dei crocifissi nei luoghi pubblici.
Ma prima … avevamo invitato il sig. Salina ad approfondire quanto da noi proposto leggendo gli articoli che, ormai da anni, ci vengono pubblicati sul Gazetin e su Tellus folio. Cercando di sintetizzare in poche parole il nostro pensiero, perdendo un po’ in complessità, riassumiamo dicendo che noi vorremmo che tutte le idee filosofiche e religiose fossero affrontate nella scuola pubblica con atteggiamento equilibrato. Sappiamo anche che oggi così non è, in quanto l’unico pensiero che gode addirittura di una materia dedicata al suo insegnamento, Insegnamento della Religione Cattolica, è la religione cattolica. Ovviamente, non potendo trasformare le scuole solo in una sequela di insegnamenti religiosi, riteniamo proponibile che nessuna religione venga insegnata a scuola, per far questo ci sono spazi adeguati (chiese, oratori, ecc. tra l’altro spesso finanziati con denaro di tutti). I vari pensieri filosofici e religiosi potrebbero correttamente essere affrontati in storia, geografia o filosofia.
Anche per quanto riguarda i crocifissi, noi riteniamo che la presenza nelle classi di un solo simbolo non sia corretta in un paese che all’art. 3 della sua Costituzione dichiara che “Tutti i cittadini … sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di … religione…”, ovviamente, non potendo riempire le pareti delle aule di simboli religiosi, pensiamo che sarebbe meglio l’assenza di qualsiasi simbolo religioso. (Scuola e Diritti, la Segreteria)
«Quanti cristi inchiodati a una sedia o a un letto la gente scavalca, per inchinarsi a un cristo di legno.
Quanti sacrifici dimenticati, per ricordarne uno.
Se mi facessero entrare in una chiesa, griderei: smettete di guardare quell’altare vuoto. Adoratevi l’un l’altro».
(Stefano Benni)
Perché sono presenti i crocifissi
nelle scuole e in altri edifici pubblici?
Nelle scuole, troviamo spesso esposto il crocifisso cattolico.
Con alcune disposizioni emanate in piena era fascista tra il 1924 e il 1928 (regi decreti), la presenza del crocifisso ha trovato una base giuridica che le successive novità legislative non hanno scalfito, nonostante la Costituzione del 1948 statuisca l’eguaglianza delle religioni di fronte alla legge e nonostante diverse sentenze della Corte Costituzionale riaffermanti la laicità dello Stato.
Diverse richieste di rimozione formulate negli ultimi anni sono state invariabilmente bocciate proprio in base alla mancata esplicita abrogazione delle norme del ventennio fascista. Anche in questo caso l’esposizione è motivata, tra l’altro, con l’assurda tesi che il cristianesimo, e quindi il crocifisso, sia la radice del patrimonio storico-culturale italiano, l’unica, come se non ve ne fossero molte altre (la cultura greco-romana, le culture “barbariche”, l’illuminismo, ecc.).
In uno Stato laico, nella piena attuazione di una costituzione che non prevede religioni di Stato, la presenza di simboli costituisce un inammissibile privilegio per la religione cattolica. Essendo chiaramente assurdo concepire la presenza dei simboli di tutte le religioni (visto il loro gran numero), l’unica strada da percorrere è la rimozione dei crocifissi dalle scuole e da ogni edificio pubblico.
Come ha riconosciuto la stessa Corte di Strasburgo, nella prima sentenza, nell’ambito della pluralità di significati del crocifisso, quello religioso è comunque predominante. Ed è dunque l’esatto opposto di ‘laico’. Il concetto di ‘laicità’ implica una separazione, tra Stato e confessioni religiose: è perciò alquanto incoerente che sia un simbolo religioso (di una specifica confessione religiosa) a simboleggiare lo Stato. In questo modo lo Stato trasmette il messaggio: “Sono schierato dalla parte della confessione rappresentata da quel simbolo, e quindi contro tutti coloro che non ne fanno parte”.
Il simbolo della Repubblica italiana riconosciuto dall'articolo 12 della costituzione è il tricolore: mostrando al suo posto o affiancandogli il crocifisso, è proprio lo Stato a non applicare il principio costituzionale di laicità dello Stato, definito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 283/1989. Questa sentenza si pone come «garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale», perché il crocifisso è un simbolo di parte, e in quanto tale nega il concetto di pluralismo.
Il crocifisso è il simbolo più vistoso e concreto dell’invadenza della Chiesa cattolica nello Stato e nella nostra vita personale. Quando protestiamo per la presenza del crocifisso negli uffici pubblici, ci viene risposto che è un simbolo universale di civiltà, di pace e di giustizia. Questa è una affermazione falsa ed offensiva.
La riconosce vera chi ha subìto le Crociate, che si chiamano così perché fatte in nome della croce? E un italiano di religione ebraica? E Giordano Bruno? Costretto, prima di venire assassinato, a baciare la croce, simbolo universale di civiltà, di pace e di giustizia; evidentemente solo i cattolici fanno parte dell’universo umano e sono quindi degni di tutela nello Stato italiano.
La libertà religiosa degli uni si ferma infatti dove comincia la libertà religiosa degli altri, altrimenti ogni credente avrebbe il diritto a vedere affisso il proprio simbolo nell’aula scolastica, e ogni non credente un simbolo dei principi in cui si riconosce.
La Chiesa cattolica, invocando il principio di libertà religiosa, invoca, in realtà, soltanto la propria libertà di poter esporre in esclusiva il proprio simbolo. La Chiesa cattolica ha del resto sempre inteso la libertà religiosa come libertà di poter agire come desiderava, vietando però per oltre un millennio e mezzo non solo la libertà religiosa delle altre comunità di fede, ma addirittura impedendone l’esistenza.
Il crocifisso, come tutti i simboli, ha una pluralità di significati. Ma il suo messaggio più immediato, agli occhi di un osservatore non al corrente della vicenda raffigurata, non è certo un messaggio di amore: il crocifisso riproduce infatti la cruenta esecuzione della condanna a morte di un uomo. Non a caso, tra le interpretazioni religiose più diffuse c'è quella del sacrificio e della sofferenza, ed è per questo motivo che altre confessioni cristiane preferiscono utilizzare una semplice croce. Il crocifisso ha del resto avuto a lungo un immediato significato accusatorio nei confronti degli ebrei, per secoli definiti “deicidi” dai cristiani: e nel corso della storia è stato anche il simbolo di guerre, di persecuzioni, di discriminazioni. Il crocifisso non è dunque universalmente inteso come un simbolo di amore o di accoglienza: immagini come quella del cuore o della stretta di mano sono senz’altro in grado di assolvere più compiutamente a questo compito.
Se ci lamentiamo di dover subire le ingerenze della Chiesa cattolica siamo subito accusati di essere aggressivi e intolleranti, come le suffragette erano ridicole e gli omosessuali sono volgari.
– La maggioranza degli italiani non è forse cattolica? Non è forse vero che per tradizione l’Italia è un Paese cattolico?
No, non è più vero ormai da molti anni che l’Italia sia un Paese in cui più del 50% della popolazione sia cattolica ed inoltre la loro percentuale cala ogni anno. Purtroppo è vero che l’Italia è un Paese a prevalente tradizione cattolica: lo si vede per la scarsa considerazione che c’è della scienza, del senso civico e delle leggi.
D’altronde, cosa ci si può aspettare se ai bambini la scuola insegna: a privilegiare la fede e ad avere disprezzo per la ragione; a credere all’angelo custode e ai miracoli; che basta recitare meccanicamente una preghiera per cancellare le colpe e che ci sono leggi (le leggi di Dio!) così assurde che ognuno è portato naturalmente a violarle?
Cosa succede in alcuni paesi stranieri?
Il problema dell’invadenza dei simboli religiosi nella vita quotidiana non è solo italiano: problemi vi sono anche in molti altri Paesi.
AUSTRIA. Una legge del 1949 e il Concordato del 1962 garantiscono la presenza dei crocifissi nelle scuole dove gli studenti cristiani sono la maggioranza.
FRANCIA. È vietata espressamente (articolo 28 della Costituzione) l’esposizione di simboli o emblemi religiosi su monumenti e in spazi pubblici, a eccezione di luoghi di culto, cimiteri, musei, ecc.
GERMANIA. Una sentenza della Corte Costituzionale del 1995 ha sancito l’incostituzionalità della presenza dei simboli religiosi nelle aule scolastiche. Tale provvedimento riguarda le scuole elementari del solo Land della Baviera (peraltro il più cattolico della repubblica federale) e subordina la permanenza del crocifisso a un’esplicita richiesta di genitori, insegnanti e alunni delle diverse scuole.
SPAGNA. Il Partito socialista, al governo, ha inserito nel suo programma l'obbiettivo di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche: il premier Zapatero intende comunque attendere la sentenza della Grande Camera. I tribunali di Valladolid e dell'Extremadura hanno emanato sentenze che vanno nella stessa direzione.
SVIZZERA. Nel 1990 il tribunale federale elvetico ha dato ragione a un ricorso contro la decisione di un comune del Canton Ticino di esporre crocifissi nelle classi, sostenendone l’incompatibilità con la neutralità confessionale della scuola pubblica.
USA. Qui la battaglia si combatte soprattutto contro la presenza sulle banconote del motto “In God we trust” (Noi crediamo in Dio).
Eliana Cambieri
(per 'l Gazetin, maggio 2011)