1. CHI LE CANTA E CHI LE URLA
«Ecco, vedete, ragazzi, ci troviamo in una biblioteca. E questa, per esempio, è la Bibbia. L’autore della Bibbia è pure il creatore dei propri lettori. Non c’è che dire: strategia più che vincente. Creo il mio lettore a mia immagine e somiglianza e poi gli dedico un libro guida. Ed eccolo, il più venduto nella storia dell’umanità!».
Così disse il professor Dell’Eco, sollevando la Bibbia. Durante le lezioni parlava a se stesso, alzando timidamente lo sguardo nel vuoto, raramente incrociava quello degli studenti ventenni, iscritti alla scuola superiore specializzata e pronti ad acquisire i crediti Ects per il modulo di Comunicazione. La storia di Dio che scrive la Bibbia per dei lettori creati a sua immagine e somiglianza non provocò nessun sorriso.
Lui finse di non accorgersene e continuò: «Non voglio essere blasfemo, ma è innegabile che tra i best seller della letteratura mondiale c’è un’opera scritta in volgare italiano, nella quale Dio è ancora una volta il protagonista, come vertice supremo, massima luce di salvezza a cui tendere…».
Tossì, il professore, prima di proseguire: «… la Divina commedia inizia infatti dalla perdizione, dal peccato, per poi condurre il poeta pellegrino e l’intera umanità più vicina a Colui che tutto muove. Dante Alighieri sogna e vive un viaggio tra la sofferenza umana. Tutto inizia quando lui incontra tre bestie dal significato simbolico: la lupa (avidità e potere) il leone (superbia) e la lonza (la lussuria intesa come mercificazione dell’eros). Le tre fiere impediscono al poeta di avanzare, così, come tutti sanno, per raggiungere la luce della conoscenza e della fede, Dante deve percorrere un cammino scomodo, scendendo dapprima nelle viscere dell’Inferno, guidato da un’altra penna d’alta classifica, Virgilio».
Ci fu una breve pausa. Il tempo necessario, per il Dell’Eco, di ascoltare il caldo e il gelo sbattergli dentro lo stomaco. Era emotivo. Sentiva che agli studenti non importava, di questa storia del potere, della superbia eccetera. Allora tentò di attualizzare Dante. Si avvicinò ad un libro dal titolo Il mio Dante, che stava in bella mostra, tra le novità esposte dalla bibliotecaria. Aprì il volumetto che conosceva bene, e se la giocò in questo modo: «Comunque, ragazzi, non è mia intenzione attualizzare i contenuti danteschi, portando alla luce temi come la brama di Potere, la mercificazione dell’Eros e la superbia di taluni politici, come ama fare quel burlone cantore di un Roberto Benigni. Ops, eccolo, proprio il libro che stavo cercando. Ai tempi di Dante, scrive il colto comico fiorentino, cito, l’omosessualità era molto diffusa, tant’è che, nel mondo, omosessuale si diceva florenzen, fiorentino. Ma era un segno di grande civiltà, di apertura mentale. Pensate che in tempi recenti, quando vennero a Roma, quelli della Lega Nord organizzarono una delle solite manifestazioni: Romani ladroni! Roma terrona! I romani, per tutta risposta, un giorno che andarono a Milano per assistere a una partita di calcio, si portarono dietro uno striscione con sopra scritto: quando voi eravate ancora sugli alberi, noi eravamo già froci. Quanta differenza di civiltà».
«Prof., ho capito, ma a cosa serve ’sta roba?» interruppe Seo, il più carismatico della classe. Era alto, più alto del professore. Aveva passato i venti e si rivolse con rispetto al Dell’Eco, che sorrise senza controbattere, spostandosi in un altro angolo della biblioteca, seguito da un gregge di studenti poco convinti.
Ed una lupa, che di tutte brame / sembiava carca ne la sua magrezza… recitò il Dell’Eco.
2. EPPURE LE CANTA CON GRAN POTENZA
Il professor Dell’Eco si tolse gli occhiali e li pulì con un fazzoletto. Una ragazza di nome Bojana, bella come la vaniglia, sghignazzò, ma non per gli occhiali del Dell’Eco: a scatenare il risolino era stato Seo che le stava pizzicando una coscia.
«A mio avviso, ragazzi, la poesia bisogna leggerla ad alta voce» riprese il Dell’Eco «perché nasce dalla tradizione orale, quella che Benigni ha recuperato nelle sue letture dantesche, ascoltate e vendute come un best seller. Tra i versi più amati dal comico fiorentino, ci sono quelli tratti dal Canto II dell’Inferno. Si tratta di un momento delicato, in cui Dante, dubbioso, è convinto da tre donne ad intraprendere l’impegnativo viaggio nell’aldilà. Così, e cito un po’ a memoria, Quali fioretti, dal notturno gelo / Chinati e chiusi, poi che ’l sol li ’mbianca, /si drizzan tutti aperti in loro stelo, / in tal mi fec’io di mia virtude stanca. Capite? Dante sboccia e si apre, convinto a partire, grazie alla forza data da Beatrice, Santa Lucia e la Madonna, apparse per stimolare il disperato, impaurito dall’oscurità e dalle tre fiere.
La femminilità è motore del mondo, carburante poetico, il disgelo del cuore, crescita. Tale è la potenza della donna, tale è la potenza del Poeta che rivela l’Uomo. Non per nulla, come dice Italo Calvino nel suo ‘Perché leggere i classici’, cito più o meno a memoria, è un classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona. In fondo esiste, questa femminilità, motore del mondo, carburante sostenibile. Anche se l’attualità che la fa da padrona è più mascolina, bestiale, vicina alle lupe, alle lonze, ai leoni».
«Prof., ho capito, ma nella vita, esattamente, a cosa serve leggere queste cose?» chiese ancora Seo. Il professor Dell’Eco guardò l’orologio. Mancavano ancora venticinque minuti. Venticinque minuti erano tantissimi. Affrontò gli occhi di Seo, sorrise. Gli studenti si guardarono bisbigliando. E ora? Dell’Eco sorrise. Sorrise e basta. Bojana si era fatta attenta. Qualcosa l’aveva colpita. Forse la storia della femminilità. Dell’Eco continuò. Contromano. Allungò la mano, prese da uno scaffale Italo Calvino, poi scese nella sua borsa a tracolla e riemerse con altri due titoli. Bojana si era seduta, incuriosita si aprì all’ascolto, senza che nessuno se ne accorgesse.
3. I VIAGGI CONTROMANO
«Ecco, ragazzi, tra i libri ben venduti, ne segnalo due particolarmente interessanti, che tracciano nel viaggio il proprio motivo narrativo. Viaggio contromano di Micheal Zadoorian e Qualcuno con cui correre di David Grossman. Il primo è un’esilarante storia di due pensionati. Lui, John, malato di Alzheimer, lo troviamo alla guida di un camper mentre chiede alla moglie qual è il suo nome» .
Bojana sorrise. Dell’Eco staccò su di lei, quindi proseguì con coraggio: «La moglie, Ella, ha un tumore, fa la copilota e sa che presto morirà. Decidono di percorrere gli Stati Uniti, viaggiando per l’ultima volta alla scoperta della vita, della strada lungo la quale ognuno di noi sta, bene o male, camminando inesorabilmente. Il libro di Grossman inizia invece con un interessante peregrinare verso l’ignoto di un ragazzino di 16 anni, Assaf, trainato per le vie di Gerusalemme da un cane che non è suo. Assaf, trasportato con veemenza dal cane, incontrerà l’anziana suor Teodora, in una torre. E poi una ragazza di nome Tamar. Affascinato dalla ragazza, Assaf correrà la vita con lei… Due libri, due viaggi di crescita. Due testi che narrano dell’essere umano, in un contesto contemporaneo. E invece, tra gli autori che hanno viaggiato contromano davvero, stilisticamente oltre che a livello tematico, c’è Raymond Queneau, che con i suoi ‘Esercizi di stile’ e il suo inseguire nelle periferie parigine la piccola peste di nome Zazie desiderosa di prendere il metrò, è stato un scrittore controcorrente».
«Prof. non capisco a cosa serve andare contromano. Cos’è, ci insegna a fare gli idealisti? Contromano si va a sbattere» osservò acutamente Seo. Il Dell’Eco guardava l’orologio.
4. ALLA RICERCA DELLA FINE
La lezione si stava sbriciolando tra le mani di Dell’Eco, che aveva deciso di leggere agli studenti un racconto di Jorge Luis Borges dal titolo Il libro di sabbia. Protagonisti della storia, il venditore di Bibbie e un libro che non finisce mai. Un libro infinito. Stava per leggere l’intero raccontino ai ragazzi che, appoggiati agli scaffali, un po’ sussurravano, un po’ navigavano con gli i-phone. A parte Bojana e Seo. «Questo libro ha un numero di pagine esattamente infinito» disse Dell’Eco.
Ma Seo intervenne per l’ultima volta: «Prof., non si offenda, è interessante, affascinante, come dire, ma… ». Seo sorrise. Era davvero cortese. Non era strafottente. Non era arrogante. Il professor Dell’Eco appoggiò Borges sopra lo schermo di un computer, si levò gli occhiali, li pulì, li abbandonò sopra il libro e poi disse con voce pacata: «Non lo so a cosa serve, ragazzi. Non lo so più. Non so nemmeno se è giusto che debba servire a qualcosa. Però a me piace. Scusatemi ma è così. Questa è solo una biblioteca. Vedete, questa non è un’azienda che vende pile di libri. Mi dispiace. Vi saluto».
E il professor Dell’Eco se ne andò. Lasciando il libro infinito di Borges sopra lo schermo del computer. Non tornò mai più ad insegnare. Anche gli occhiali, aveva dimenticato. Più tardi Bojana si sarebbe fermata in biblioteca per curiosare qua e là.