– Onorevole Emma Bonino, Silvio Berlusconi minaccia di far uscire l'Italia dall'Unione Europea, se non c'è una politica condivisa a livello comunitario sull'accoglienza dei migranti...
«Credo che Silvio Berlusconi non sappia misurare le parole. Né governare i problemi e se stesso. Preferisco non immaginare le reazioni nelle varie Cancellerie europee».
– Per quelle basta aspettare oggi quando si terrà a Lussemburgo la riunione europea con il ministro Maroni. Teme ritorsioni verso il nostro Paese?
«C'è un problema di credibilità. L'Italia non può pensare che l'Europa sia un taxi dove si sale quando serve e si scende quando non si ha più bisogno. La posizione del governo francese che non vuole migranti se non sono in grado di sostentarsi economicamente è la stessa che aveva il ministro Maroni quando c'era il problema dei romeni. Mi verrebbe da dire che chi è causa del suo mal pianga se stesso. L'Europa ha necessità di rigore e slancio se vuole affrontare questioni così delicate. Le parole di Silvio Berlusconi rendono l'Italia poco credibile».
– Però il problema c'è: Francia e Germania vorrebbero lavarsene le mani. Che si fa?
«Questo è il prezzo che tutta l'Europa paga per non avere deciso una linea comune. Anche nell'ultimo trattato di Lisbona ratificato dai 27 Paesi membri viene detto che ognuno decide per sé. Non si è voluto dare la competenza all'Europa e questo è il risultato. A indebolire la posizione dell'Europa c'è stata la mancata presa di posizione del commissario Cecilia Maelstrom che avrebbe dovuto applicare autonomamente le direttive sui permessi a fin umanitari. Se lo avesse fatto sarebbe bastata una maggioranza qualificata per prendere una decisione comune. È ovvio che ci debba essere una politica condivisa. Detto questo mi lascia molto perplessa che l'Italia non sia in grado di gestire 25 mila migranti. Con la crisi del Kosovo nel '99 lo facemmo e ne arrivarono 50 mila».
– Il ministro Calderoli propone di ritirarsi dal Libano per trovare le risorse necessarie. È una soluzione praticabile?
«Non c'è limite ai vaneggiamenti... L'Unione Europea ha già detto che non c'è un problema di costi economici. Casomai c'è un caso politico. Ma il ministro si rende conto dell'effetto mondiale che ha la sua boutade? Quando Bossi dice “fora di ball” mica lo ascoltano solo in Padania».
– Va bene. Però il problema dell'Europa che non c'è, rimane. Come se ne esce? Ha una ricetta da ex commissario europeo?
«Gli Stati Uniti d'Europa. I Paesi membri devono smettere di pensare che il ritorno a politiche nazionali serva a risolvere il problema. È l'esatto contrario. Ma non si può pensare un giorno una cosa e il giorno dopo il contrario perché conviene. Tanto, indietro dall'Europa non si torna».
– Però questa è una Europa a 27 velocità diverse.
«Anche la California e l'Illinois che hanno lo stesso debito di Grecia e Portogallo sono diverse dallo Stato di New York. Quella che conta è la politica comune».
– Però la minaccia di Berlusconi uscire dalla Ue potrebbe avere senso. Neanche David Cameron è in Europa...
«Intanto un conto è non entrare e un altro è uscirne. Poi non metterei sullo stesso piano il peso della sterlina con quello della lira».
– Ma che senso ha un'Europa che ci mette una settimana a decidere il comando Nato nella crisi libica, solo dopo che sono già partiti i caccia di Sarkozy?
«Io ho chiesto la no-fly zone il 21 febbraio ed è arrivata un mese dopo. Bisognava conoscere la posizione della Lega araba. È il prezzo del multilateralismo. È chiaro che su temi di politica estera, economica o sulla gestione dei flussi migratori ci vogliono linee comuni a livello europeo. L'Europa non è quella che sta a Bruxelles».
– È ovunque. A Milano più che altrove. Lei si candida con la sua lista a sostenere Giuliano Pisapia contro Letizia Moratti...
«Anche le istituzioni devono diventare europee. In Europa magari ci sono gli imprenditori ma la figura che Milano sta facendo sull'Expo è planetaria. Come certe boutades di Berlusconi...».
Fabio Poletti
(da La Stampa, 11 aprile 2011)