Edmondo Berselli è stato un giornalista di razza. A un anno dalla morte è doveroso ricordare la sua intelligenza e la sua profonda umanità. Nel conformismo politicamente corretto della carta stampata, il suo stile si distingueva. Con leggerezza e con una inconfondibile grazia del dire i suoi bellissimi articoli erano un esempio di altro e alto giornalismo. La Mondadori manda in libreria Quel gran pezzo dell’Italia, raccolta dei libri di Berselli.
In contemporanea il Mulino da Bologna lancia una miscellanea di scritti raccolti negli anni, impreziositi da una dolce e acuta analisi di Diamanti. Saranno numerose le manifestazioni che lo ricorderanno nella sua Emilia e non solo.
Edmondo riusciva, come pochi, a parlare di idee, libri, costume, politica e società mostrando senza esibire preparazione e eleganza. Era propositivo e dialogico nonostante il conformismo diffuso e l’ipocrisia collettiva, due malesseri del nostro paese che non dimenticava mai di denunciare.
Mi sono sempre chiesto come Berselli, un giornalista d’altri tempi, fosse apprezzato così tanto nell’epoca dell’effimero e del giornalismo mordi e fuggi di oggi, che fa dei quotidiani soltanto un qualcosa di non specifico in cui avvolgere il pesce il giorno dopo.
Edmondo Berselli catturava il lettore con il suo modo semplice di raccontare le cose. Non saliva mai in cattedra, ma era consapevole di avere avuto dei grandi maestri che venerava per quello che ancora riuscivano ad insegnarli. Alla loro assenza dedicò uno dei suoi libri più belli che ogni giornalista dovrebbe avere sulla scrivania e magari sfogliare con umiltà prima di scrivere un articolo.
«Sicché ci si ritrova nel vasto mare delle idee, senza più codici estetici, senza canoni culturali, senza decaloghi, senza un manuale e nemmeno una precettistica: come adulti che hanno perso i genitori, le famiglie, le convinzioni, le tradizioni, le idee, le fisime. Ma anche eccitati dalla sensazione visibilmente euforica che, se non ci sono più le autorità morali, gli infallibili fanno i paraculi o i cazzoni, e i venerati maestri sono tutti morti o quasi, si stabilisce di riflesso anche una compensazione implicita: e cioè che si può veramente dire quello che si pensa. Senza rimorsi, senza richiami a un assioma, senza riferimenti a un paradigma, senza pregiudizi filosofici e politici».
Bastano queste poche parole per fare di Berselli un giornalista vero. Uno di quelli che non nascondeva mai le sue idee dietro la penna. Insomma, uno di quei venerati maestri che Edmondo nella sua carriera non ha mai dimenticato di ringraziare.
Nicola Vacca