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Le atomiche ad Aviano e i “piccoli passi” in Afganistan
03 Luglio 2006
 
Ho persino perso il conto dei numeri d'ordine delle mie narrazioni, sia per la vorticosità degli eventi che per le difficoltà materiali di lavoro, dato che al Senato ancora non vi sono stanze assegnate per lavorare; e ho avuto il computer fuori fase e persino avendo prestato il caricabatterie del telefonino a un compagno è capitato che per distrazione se lo sia tenuto in tasca e portato in treno e io sia rimasta col cellulare del tutto scarico a Roma il giorno di san Pietro, che è una festa nella quale non trovi un negozio aperto e non ho potuto comprarmene un altro da sostituire. Insomma sopravviviamo.
Ho fatto una serie di osservazioni che riguardano le culture politiche e come si manifestano sui vari temi. Ora mi occuperò della cultura di destra nazionalistica e patriottarda, che imperversa abbastanza. Ne ho preso conoscenza per il noto episodio delle Frecce tricolori. Negli ultimi giorni sono stata (dopo che a Trieste e Udine durante il referendum e le conferenze stampa per chiarire e discutere) a Pordenone a margine di due iniziative: una era per lanciare la notizia che un comitato di 5 cittadini del luogo (cui si sono collegati molti altri: erano già un 150 dopo un paio di giorni di raccolta di firme e non solo individuali) presenta una denuncia verso il governo degli USA per i danni e i rischi possibili, provocati  dalle atomiche stazionate ad Aviano; tra sette giorni il processo avrà inizio formalmente e poi si vedrà. Infatti Aviano è una base americana a comando italiano e a parità di sovranità, ma che non dice -nemmeno a parlamentari venuti in visita- se vi sono o no bombe atomiche, pericolo di inquinamento, piano di evacuazione ecc. Nel corso dell'illustrazione è venuto fuori che due parlamentari europee hanno presentato una formale richiesta perché il governo degli USA ritiri entro il 2006 tutte le sue atomiche su suolo europeo: sarà il caso di collegarsi e di aggiungere ad Aviano Ghedi e Camp Darby, dove mi sembra ci sia già intenzione.
Nel pomeriggio del sabato 1° luglio sono invece andata alla base di Rivolto perché lì -dove sono stanziate le Frecce tricolori- da anni un gruppo di tenaci pacifisti il primo sabato di ogni mese fa una manifestazione contro la base. Sono così venuta a conoscenza che esiste anche un comitato di genitori che denunciano attacchi continui di panico dei bambini piccoli al rumore tremendo degli aerei che sorvolano -quando, ogni giorno, si addestrano- le case, dieci metri sopra i tetti, pericolosamente; altre persone lamentano disturbi dell'udito: tali "inconvenienti" non sono portati a conoscenza della vasta opinione e anche le amministrazioni locali sono intimidite dal "prestigio" delle Frecce. Sarà il caso di fare intervenire scienziati medici, fisici, ambientalisti (i vigneti al cherosene!) per dare risposte precise e dire che una nazione che si occupa più del prestigio acrobatico di una pattuglia che della salute dei bambini ha poco da "essere orgogliosa". Ci ha raggiunto anche un compagno dirigente locale dei Ds, venuto a dirci che anche lui è orgoglioso, che tutto il mondo ci invidia le Frecce, che quando va all'estero tutti gli domandano delle Frecce e gli magnificano tale gloria italiana: a me non è mai capitato. Comunque a chi mi racconta tali storie dico che ho un altro concetto di patria e sarei più contenta di poter dire che l'Italia ha il più alto tasso di spese per la ricerca e il più basso di spese militari, un ottimo sistema scolastico pubblico, un altrettanto buon sistema sanitario, la migliore legge sulle migrazioni ecc. ecc.
* * *
Mentre ero a Rivolto davanti alla base uno dei manifestanti mi si è avvicinato e mi ha detto: «Non farete mica cadere il governo sull'Afganistan?», domanda che mi viene regolarmente fatta da cittadini e cittadine semplici, non di partito, non di organizzazione, ma interessati alla politica. La paura che la sinistra produca un danno irreparabile al governo è molto forte, non siamo ancora abbastanza attendibili, sembra. Rassicuro, anche se tutto ciò mi dà una forte angoscia. Ho molto riflettuto sulla posizione che ho preso e -allo stato delle conoscenze che ho- confermo che avere ottenuto da un governo, partito accettando lo scambio richiesto dagli USA (venite via dall'Iraq, ma aumentate in Afganistan) che invece non vi sia né un soldato né un'arma in più; che alcune centinaia di soldati vengano passati al civile; che il contingente italiano resti posizionato dove è (a Kabul e ad Herat) e quindi non sia impiegato nella campagna al sud; che una commissione di monitoraggio sia varata per tenere sotto controllo la situazione mi sembra andare nella direzione giusta. Tutto questo è stato ottenuto con grandi difficoltà, perché nell'Unione prevale la posizione militare e i pacifisti sono in minoranza, sicché a tutto questo si è arrivati solo perché i nostri capigruppo sono stati capaci di far valere il metodo del consenso e non la votazione a maggioranza: credo possiamo dire che si è impedita una escalation, inizia un modestissimo avvio di inversione di tendenza e si sono poste le basi per procedere in quel senso. È ugualmente una conclusione amara, ma l'obiezione di coscienza lascia libero il governo di trovare altre forze per fare la maggioranza, come si è subito capito dalle espressioni di grande rispetto e ammirazione verso gli obiettori di D'Alema, il quale vede con favore che il suo sempre presente progetto di mutare alleanze e procedere verso la Grande coalizione, non viene meno.
 
 
Lidia Menapace

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