Domenica 27 marzo è iniziato il digiuno collettivo promosso dal Movimento Nonviolento, per opporsi alla guerra e al nucleare.
In molti hanno aderito. Una 48 ore di digiuno del cibo e della parola, che sta proseguendo a staffetta fino al primo aprile, grazie all'aggiunta di molti altri amici e amiche della nonviolenza. Un'iniziativa simbolica, ma concreta, per manifestare la nostra opposizione alla guerra agita, alla sua preparazione, e agli strumenti (eserciti e armi) che la rendono possibile. Un'azione per riflettere sulla necessità di rifiutare la violenza, per scegliere la strada della nonviolenza.
Questo è stato il mio primo digiuno. Ho raccolto molti pensieri, che mi piacerebbe condividere.
Mi ha fortemente colpito quest'azione, rinnovando una volta in più la convinzione dell'efficacia della nonviolenza. Me ne ha profondamente colpito l'incisività, su me stessa, e su chi mi era vicino. È stata un occasione preziosa per riflettere, con una consapevolezza diversa, più matura.
Un'assunzione di responsabilità davvero sentita; conseguenza, anche, del sacrificio e della disciplina richiesti. Non mangiare e non parlare per due giorni, costa fatica. Costa un lavoro su di sé. Porta inevitabilmente a richiamarsi spesso il perché lo si sta facendo, a scandagliare in profondità le motivazioni, assumendosi personalmente un impegno, e rendendolo manifesto.
È stata un occasione preziosa per confrontarsi con gli altri. Sono tante le persone incontrate durante questo mio digiuno. Le loro reazioni sono state le più disparate: dalla condivisione, alla derisione. Ma per tutti sono stati tre i passaggi significativi: spiazzamento, curiosità, approfondimento. Qui ho visto la forza dell'azione nonviolenta. Ho visto il seme della nonviolenza mettere radici. Certo non fermare la guerra, ma avviare un percorso di ricerca critica della verità, non scontato.
L'amica preoccupata che mi scrive spesso per sapere come sto. Si stupisce nel vedere quanto io sia attiva e lucida. Quanto fa bene la nonviolenza. Da domenica si connette ogni giorno al sito del Movimento Nonviolento, del quale sapeva solo vagamente l'esistenza, per avere aggiornamenti, e commentiamo le notizie dei telegiornali sulla Libia, su quanto accade a Lampedusa, a Fukushima. La pensiamo diversamente, ma prima non ci eravamo mai confrontate in maniera così aperta e costruttiva.
La vicina che mi “sgrida”, un po' offesa, perché non riceve il consueto buongiorno, ma solo un sorriso. Le do il volantino che spiega quello che sto facendo e perché. Mi parla abbassando la voce, porta via il foglio, vuole farlo vedere al figlio, e mi chiede un libro sui Corpi civili di pace. In due anni, nonostante le opportunità, non l'aveva mai fatto. Mi parla a bassa voce anche un altro amico, ma per scherzare. Trova inutile il digiuno. Abbiamo intrapreso una discussione, non verbale, per un paio d'ore, sulla nonviolenza, il pacifismo, il ruolo dell'Italia nell'intervento in Libia. Non penso l'avremmo fatto senza il digiuno.
Sono piccoli esempi, personali, ma credo significativi.
Una ragazza nei giorni precedenti mi ha chiesto se il digiuno della parola era “astensione dalla comunicazione”. Mi sembra evidente che la risposta sia no.
Tutt'altro. È esprimere un messaggio, che è arrivato forte e chiaro, per lo meno, per me, a chi mi è vicino, dall'amico, al famigliare, alla persona che mi è capitato di incrociare.
C'è poi la forza della dimensione collettiva di quest'azione. In molti in Italia hanno aderito, e stanno aderendo, per richiamare l'attenzione sulla necessità di prevenire la prossima guerra, contrastando eserciti e armi che la renderanno possibile, e lavorando per costruire gli strumenti utili per veri interventi umanitari di pace.
Il digiuno a staffetta continua. Chi desidera partecipare e proseguire questa azione nonviolenta, singolarmente o in gruppo, nei modi e nei tempi che vorrà, lo può comunicare a azionenonviolenta@sis.it
Caterina Del Torto
(da Telegrammi della nonviolenza in cammino, 1° aprile 2011)