Nello steso giorno in cui la televisione cubana mandava in onda un programma per demonizzare le voci cubane (www.vocescubanas.com) che su Internet reclamano libertà di informazione e di espressione del pensiero, Yoani Sánchez pubblica un video di 30’ che contiene un dibattito tra protagonisti della blogosfera alternativa. Riassumiamo in sintesi i concetti espressi.
Reinaldo Escobar (www.desdecuba.com/reinaldoescobar) - marito della famosa blogger - è il moderatore della tavola rotonda che si tiene nella sala della sua casa. Tema: la libertà di espressione.
Yoani Sánchez (www.desdecuba.com/generaciony) spiega il rapporto tra diritti civili e uso della tecnologia. «In tutto il mondo i cittadini usano Internet, stanno cominciando a farlo anche in luoghi dove era vietato, come nel caso del Nord Africa. Il governo cubano vuole controllare il fenomeno per usarlo in maniera istituzionale, eliminandone la spontaneità. La libertà di connessione deve essere totale e diffusa. Il governo cubano è nervoso perché si rende conto di cosa accade nel mondo. Il regime non sopporta un uso libero e illimitato di mezzi come Twitter e Facebook, perchè il suo scopo è reprimere i diritti umani».
Dagoberto Valdés - direttore della rivista Convivencia: «Serve una libertà di opinione e soprattutto un’educazione rivolta ai cittadini per riprendersi il diritto alla libera espressione. Nessuno ci ha mai educati in questo senso e a esprimere un pensiero indipendente su Internet. I cubani devono essere abituati a vivere in reti sociali e civiche».
Dimas Castellanos - titolare del blog che porta il suo nome (www.desdecuba.com/dimas): «Internet è il solo spazio di libertà all’interno di una società oppressiva. Il cubano non è un cittadino per colpa del sistema e l’unico spazio che resta ala società civile è il web. La politica è la chiave che apre le porte della partecipazione, solo grazie ala politica si crea la partecipazione sociale. Ma a Cuba i diritti umani non sono riconosciuti. Il cubano deve essere trasformato in un vero cittadino».
Miriam Celaya - antropologa e titolare del blog Sin Evasión: «Il governo considera la tecnologia un nemico. Il giornalismo civico nasce da Internet. Dobbiamo formare un cittadino che non è mai stato educato dalla costituzione comunista e dalle precedenti società autoritarie che hanno caratterizzato la società cubana. I blogger e le riviste indipendenti vengono censurate come misura per contrastare la libertà di opinione».
Wilfredo Vallin - avvocato e presidente dell’Associazione Giuridica Cubana: «Lo sviluppo dell’umanità porta con sé cambiamenti. Una costituzione può contribuire allo sviluppo di una società oppure bloccarla. La nostra costituzione riconosce (art. 53) la libertà di espressione, ma solo a fini socialisti, per lo sviluppo della società socialista. Tutti coloro che manifestano opinioni difformi vengono contrastati».
Reinaldo Escobar - il suo blog è Desde Aquí: «In pratica vige ancora il vecchio slogan di Fidel Castro: All’interno della rivoluzione tutto, fuori dalla rivoluzione niente!, solo che la situazione è addirittura peggiorata, perché all’interno della rivoluzione si può fare soltanto qualcosa, fuori ancora niente. In ogni caso è consentito vivere solo dentro le istituzioni, non sono ammesse deviazioni».
Dagoberto Valdés: «Esistono molti casi di esclusione, perché non tutte le opinioni possono stare all’interno della burocrazia istituzionale. La natura stessa comporta iniziative nuove che il governo ostacola. Dobbiamo creare uno Stato di opinione, solo questo porterà libertà».
Yoani Sánchez: «La rete sociale è orizzontale e non piramidale come quella governativa. Internet è democratico, perché un cittadino ha le stesse opportunità di dare una notizia di quante ne abbia un periodico importante. Il cubano sta cominciando a imparare a conquistare il suo spazio su Internet, visto che nella società civile non ne può avere».
Dimas Castellanos: «Le associazioni sono necessarie per lo sviluppo civico. In ogni paese del mondo sono un elemento base. Il diritto di associazione non può essere limitato».
Wilfredo Vallin: “Ho fondato insieme ad altri giuristi l’Associazione Giuridica Cubana (AJC) e ho chiesto il riconoscimento governativo. Non solo non ce l’hanno concesso, ma neppure hanno messo per scritto i motivi per cui tale autorizzazione veniva negata. Un abuso vero e proprio, ma insisteremo per reclamare un nostro diritto».
Miriam Celaya: «Il fenomeno blogger è spontaneo, ma lo Stato vorrebbe controllarlo per normalizzarlo e renderlo inefficace come ha fatto con tanti movimenti culturali del passato (la nueva trova, il teatro sperimentale). Questa volta è diverso, però. Il governo non può appropriarsi del giornalismo cittadino, per questo cerca di screditarlo e di diffamarlo. Vogliono convincere l’opinione pubblica che si tratta di un movimento costruito dall’esterno. Non si può impedire a un cittadino di esprimersi, perché la libertà di opinione è un diritto umano, inalienabile».
Dagoberto Valdés: «Non fermeranno un modo di esprimersi tipico della persona umana. Un individuo entra in conflitto naturale con la società se si sente bloccato e represso. Dobbiamo capovolgere il sistema: dalle associazioni devono arrivare proposte per lo sviluppo della società cubana. Io lavoro perché un giorno tutto questo sia possibile».
Reinaldo Escobar sintetizza e conclude: «Il nostro sogno è quello di vivere in una una Cuba libera e pluralista, in un paese dove nessuno debba essere penalizzato per ciò che pensa».
Intanto la televisione cubana pubblicizza in negativo la piattaforma Voces Cubanas, il blog di Claudia Cadelo (Octavo Cerco) e il lavoro di Yoani Sánchez. Come sempre non fa parlare i diretti interessati, ma si limita ad accusare liberi cittadini che esprimono le loro idee su Internet di essere al servizio di potenze straniere.
La prima parte del video Ragioni civiche è una parziale risposta che la blogosfera alternativa vuole dare al governo.
Gordiano Lupi
(dal blog Generación Y – versione italiana, La stampa.it, 22 marzo 2011)