Il divoratore di Lorenza Ghinelli, da appena un mese in libreria, ha già scalato i primi posti della classifica di narrativa italiana. Sono solito diffidare delle classifiche, credo che raramente rappresentino le cose migliori del mercato librario. Lorenza Ghinelli e Silvia Avallone sono le eccezioni che confermano la regola. Il divoratore è un libro al quale sono molto affezionato, credo di essere stato il suo primo lettore, quando era ancora sotto forma di manoscritto, rilegato con la classica spirale da studente universitario. Ho creduto subito che fosse un grande romanzo e l’ho pubblicato nella collana di narrativa che dirigo per Il Foglio Letterario. Confesso che vederlo edito dalla gloriosa Newton & Compton mi fa un certo effetto. Per questo sono andato a sentire Lorenza Ghinelli, che è diventata la scrittrice più intervistata d’Italia, dopo aver pubblicato un libro che ha avuto già sette edizioni ed è stato venduto in diversi paesi europei e sudamericani.
– Come sei approdata a Newton & Compton?
Nel 2009 ho deciso, assieme ai ragazzi della Martin Eden, miei agenti letterari, di cercare una grande casa editrice che credesse davvero nel mio libro, e così è stato.
– Che differenze hai trovato tra il mondo della piccola editoria e un editore medio-grande come Newton & Compton?
Quando nel 2008 Gordiano Lupi pubblicò il mio romanzo fu la coronazione di un sogno, devo dire che in questo sono stata fortunata, Il Foglio Letterario è una piccola casa editrice, ma è davvero onesta, e credo che l’impatto umano sia di fondamentale importanza. Poi, certo, proprio perché è una piccola casa editrice la buona volontà non basta. Ho sentito il bisogno di accedere a un mercato più ampio, ovviamente ne parlai a Gordiano il quale fu subito d’accordo. La Newton Compton è per me un’esperienza meravigliosa, ho alle spalle un team forte, coordinato, che ama il mio lavoro e quindi riesce a spingerlo egregiamente sul mercato.
– Quali consigli daresti a un giovane autore in cerca di editore?
Io sono partita dal nulla, non conoscevo nessuno, non avevo agganci, e questo è stato un bene, perché io credo che le cose si possano fare senza mezzucci di quart’ordine, e garantisco che poi le conquiste hanno tutto un altro sapore. Pertanto l’unica cosa che penso sia necessaria è tanta determinazione e anche tanta umanità, perché in tutti i lavori si ha a che fare principalmente con persone. Penso che un ragazzo non debba snobbare quelle che sono le tappe necessarie per la propria formazione. A quasi nessuno capita di pubblicare subito con un grandissimo editore, e comunque il rischio è di bruciarsi sul serio e di non rendersi conto dei meccanismi nei quali ci si infila. Per chi inizia come ho iniziato io, dal niente, è di fondamentale importanza non mollare ai primi rifiuti, perché arrivano sempre, è lì che ci si misura con la propria determinazione e con la propria fiducia in se stessi, e poi bisogna sapersi fidarsi delle persone giuste, ripeto, l’incontro con Gordiano fu per me fondamentale.
– Il tuo romanzo, pur essendo una storia nera molto nera, nasconde una sorta di messaggio e un discorso profondo legato alla malattia. Perché questa scelta?
Parlo per simboli, senz’altro. Nessuno di noi può chiudere gli occhi davanti alla realtà: viviamo in un mondo in cui quotidianamente sperimentiamo il dolore, la malattia, la morte. Eppure la vita è di una bellezza potente, bellezza che possiamo scorgere solo dando senso al dolore di cui parlavo prima. È questo che inseguo nel mio scrivere: un senso. E per farlo ho bisogno del simbolo, dell’onirico, e dell’orrore che può essere superato solo affrontandolo.
– Terminiamo con i progetti per il futuro…
Vivere. E scrivere. Anche per il teatro. Riguardo alla narrativa: il secondo romanzo è già pronto, il terzo in arrivo...
In bocca al lupo, Lorenza. State certi che di lei sentiremo ancora parlare.
Gordiano Lupi