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Roberto Pereira. Lettera alla stampa di un ragazzo cubano
26 Febbraio 2011
 

Giovedì nella puntata di “Annozero” si portava alla luce che nei paesi emergenti - in questo caso la Libia - oggi gli strumenti dei giovani sono diversi quando è il momento di confrontarsi e scontrarsi col potere che li sottomette. Le dittature oggi sono più fragili poiché le lotte sociali e la voglia di partecipare nella vita civica di una società sono cambiate negli anni. Con tutto ciò affermava la tesi che tutti i soggetti coinvolti – vale a dire i cittadini di un paese – sia che siano dentro che fuori dello stesso, hanno il diritto di attivarsi pacificamente per cambiare lo stato delle cose, quando un governo non solo li opprime violando i diritti umani ma si perpetua nel potere senza lasciare spazio alla società civile di poter proporre cambi e miglioramenti.

La mia lettera parte da questa “provocazione”.

Vi siete chiesti come mai Gheddafi sia contemporaneamente “amico” di Berlusconi, Fidel Castro e Hugo Chavez? In questi giorni mentre tutti condannano i massacri in Libia, le tv di stato di Cuba e Venezuela cercano non solo di minimizzare, ma vanno oltre: difendono Gheddafi. Potete verificarlo facendo un giro sul canale satellitare Telesur.

In queste settimane dopo il primo fatto in Tunisia anche noi cubani in molti paesi del mondo abbiamo alzato la nostra voce. Su Facebook è nata una pagina che oggi sfiora già i cinquemila scritti. Persone che non si conoscono si sono aggregate per far sentire la loro voce. I cubani nell’isola non hanno questa possibilità. La pagina si chiama “Por el levantamiento popular en Cuba” e vuole solo affermare che il diritto a manifestare il dissenso è sacrosanto.

Ho iniziato il mio messaggio parlando delle amicizie di Gheddafi per far capire quanto può essere paradossale il comportamento politico della “sinistra italiana” quella che si dice più liberale o 'radicale' nei confronti di coloro che in questi giorni manifestano per le strade del nord dell’Africa. Pure io applaudo con entusiasmo la voglia di libertà di quei popoli. Ma, quando si tratta della realtà con la quale convivono i Cubani oggi giorno, questa stessa sinistra gira lo sguardo dall’altra parte, si arrampica sugli specchi. Fra Gheddafi e Fidel Castro esiste una grande amicizia che negli anni si è consolidata sempre di più. A Cuba il colonnello ha ricevuto omaggi e con decorazioni di alto pregio, addirittura quella più alta riservata a un capo di Stato straniero.

Voglio ricordare che a Cuba da 53 anni tutti cittadini per uscire e ritornare nel loro paese devono avere un'autorizzazione del governo che ogni volta è soggetta a valutazioni soggettive da parte della polizia segreta. Non esistono liberi partiti, giornali indipendenti, tv libere e private, né organizzazioni di alcun genere, né sindacati, né associazioni. È consentito solo ciò che proviene dal governo. Sono proibite manifestazioni e/o riunioni in luoghi pubblici se le stesse non sono state organizzate dal governo. Addirittura qualche anno fa introdussero nella costituzione il reato 'pre-delittivo' – la polizia e gli organi giudiziali hanno il potere di mandare in galera una persona ancor prima che commetta un reato. Solo il 3 % della popolazione possiede internet, l'accesso alla rete è consentito solo all'élite del potere e ai loro familiari, così come la tv satellitare.

Vorrei tanto che non venissero usati due pesi e due misure da parte della sinistra italiana.

Sono ipocriti? Sono ingenui? Non lo so.

Sono disponibile a chiarimenti e confronti su quanto affermo. Non comprendo perché si condanna (giustamente) con forza Gheddafi e al tempo stesso si giustifica e si idolatra Fidel Castro e il suo regime.

 

Saluti

Roberto Pereira

espantapajaro@libero.it


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