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Renata Adamo. “La monaca” di Simonetta Agnello Hornby
23 Febbraio 2011
 

Simonetta Agnello Hornby

La monaca

Feltrinelli, 2010, pagg. 304, € 17,00

 

Il libro di Simonetta Agnello Hornby, La Monaca, ci presenta un vivo affresco del Regno delle due Sicilie e del Risorgimento meridionale, nel periodo che va dall’agosto 1839 all’aprile 1848. Con mano sicura e con potenza descrittiva di grande rilievo, l’autrice ci riporta nell’atmosfera dell’epoca, intessendo una trama narrativa di grande interesse. Il romanzo sa coniugare le vicende tragiche di una giovane aristocratica di nome Agata Padellani, con quelle non meno terribili della fine del Regno delle due Sicilie. Attori con pari dignità sono dunque sia Agata Padellani, sia la Sicilia e Napoli, descritte con pennellate forti, secondo un gusto barocco che ben si adatta a far da cornice all’ambiente meridionale.

Agnello Hornby mostra di conoscere bene, da siciliana, lo spirito della gente di Sicilia, dunque non casualmente si attarda sulla descrizione della festa dell’Assunzione della Vergine a Messina il 15 di agosto. Il lettore si trova immerso all’improvviso in un mondo che unisce una potente creatività, ad un amore per la materialità che si esprime in modo grandioso nella sentire religioso del popolo siciliano. Questo aspetto, a mio avviso, deve essere compreso senza emettere giudizi sommari. Mi soffermo sulla descrizione della festa dell’Assunta perché Hornby ne descrive in dettaglio. E concordo assai con questo punto di vista. La religiosità del popolo meridionale è terrena ma non per questo priva di spiritualità. La creatività siciliana si esprime in tutta la sua grandezza barocca, in tutta la sua forza sensuale. La materialità, la bellezza degli oggetti, le fantasiose macchine montate su carri, la sontuosità della processione, la figura della Vergine come idolo e allo stesso tempo bedda matri, uniscono in un sentire comune popolo e aristocrazia. Un popolo miserabile eppure fiero della sua identità, che le vicende crude del Risorgimento, la disillusione che ad esso seguirà, finiranno per spezzare e mortificare.

In questo quadro a tinte forti si inserisce la vicenda di Agata Padellani, figlia dell’altissima aristocrazia messinese. La festa dell’Assunzione è per la famiglia Padellani occasione importantissima di socializzazione, necessaria per accasare le figlie femmine. La festa deve essere pure l’occasione per rappresentare il fasto e il lignaggio della famiglia che si prodiga a mostrare la propria elevatezza di casta ricevendo nel proprio palazzo i propri pari, affinché la gli stessi, successivamente, ne parlino possibilmente con invidia e rispetto. All’interno delle famiglie di rango, tra cui quella di Agata Padellani non fa eccezione, le figure forti sono quelle femminili. Le madri hanno in pugno il destino dei figli. Loro sono deputate a intessere relazioni che contano con le famiglie con le quali vogliono apparentare i figli. Gesuela Padellani, madre di Agata, andata sposa giovanissima ad un uomo di circa quarant’anni più vecchio di lei, decide senza far concessione alcuna ai sentimenti delle figlie, il destino al quale devono sottostare.

Ed è proprio quello del monacato il destino cui Agata va incontro essendo i Padellani, pur di rango elevatissimo, in condizioni economiche troppo modeste per essere ben accetti dalla famiglia Lepre, il cui figlio Giacomo è innamorato, a sua volta ricambiato, dalla giovane.

La dote che Agata potrebbe assicurare alla di lui famiglia è troppo modesta. La famiglia Lepre rifiuta di acconsentire alle nozze tra i due giovani. Giacomo Lepre andrà sposo ad un’altra giovane la cui famiglia dispone di mezzi economici assai elevati. Il “sugo” delle relazioni tra le famiglie ha il suo perno nella condizione materiale dalla quale è impossibile prescindere. Il lignaggio delle famiglie si fonda sì sull’elevatezza di rango ma assai di più sulla potenza economica di cui dispone.

Agata non viene messa a conoscenza del rifiuto della famiglia Lepre. Lo apprenderà solo in seguito al viaggio che la porta da Messina a Napoli dove la madre Gesuela ha intenzione di introdurla nel monastero di San Giorgio Stilita.

La narratrice penetra con mano sicura dentro i luoghi del monastero di clausura ove si coltivano amicizie, nefandezze, autentiche vocazioni, si esercitano professioni quali l’infermiera o la studiosa di erbe mediche. Il tempo nel monastero è scandito dalle ore di preghiera. È un tempo disciplinato, ostile a chiunque osi ribellarsi, organizzato allo scopo di piegare l’orgoglio, l’individualità, tutti fattori che possono mettere in pericolo l’esistenza stessa della clausura.

Agata passa il suo primo periodo nel convento di San Giorgio in uno stato di i delirio depressivo dovuto principalmente al tradimento della madre che è ben determinata a non tenerne conto.

Ma sarà proprio la disciplina durissima del monastero, la necessità per Agata di trovare un’attività, quella di infermiera, che le eviti di impazzire, a farla maturare. Agata supera la disperazione. Acquista una forza, una personalità che erano ancora latenti in lei, quando viveva in famiglia. A mano a mano impara a muoversi con cautela e prudenza. A valutare i passi che compie. Agata prenderà i voti ma nel suo animo la certezza di non possedere la vocazione si farà strada con determinazione e audacia. Non è più l’Agata dei primi tempi, tutta ribellione e rifiuto. C’è forse un’altra strada per salvarsi dalla clausura: James Garson, capitano della marina inglese, un giovane che aveva conosciuto quando aveva viaggiato da Messina a Napoli, inconsapevole che quel viaggio la destinava alla clausura, le invia con regolarità seppure clandestinamente, libri che non sarebbero ammessi nel convento. In particolare i libri di Jane Austin, soprattutto Orgoglio e pregiudizio.

Agata li legge avidamente e quella letteratura è per lei lo spiraglio verso una visione delle cose alle quali si sente affine.

Non è difficile scorgere in questo libro di Simonetta Agnello Hornby la versione mediterranea di Orgoglio e pregiudizio. Va detto però che Simonetta Agnello Horby sa molto bene che il romanticismo inglese mal si addice alla realtà dell’Italia meridionale. Al romanticismo della Austin contrappone gioco forza il verismo meridionale. La mentalità meridionale poco o nulla concede al sentimentalismo. Se non altro si mostra poco incline all’ipocrisia e al birignao così spesso presenti nel romanticismo inglese. Le relazioni che la classe privilegiata intesse sono tutte tese all’interesse di casta. In questo, Gesuela, madre di Agata, con il suo comportamento feroce, è una rappresentante autentica della mentalità meridionale. L’obbligo di piegarsi all’autorità genitoriale è un atto d’imperio espresso senza troppi fronzoli. La madre spiattella in faccia alla figlia, una per una, le ragioni per le quali lei è tenuta a monacarsi.

Agata riuscirà comunque a salvarsi. Con il passare del tempo i suoi sentimenti verso James Garson, l’uomo che le invia i romanzi della Austin, divengono più chiari e maturi. Lei ama Garson e a lui si concede, ancora in veste di monaca, senza alcun timore di peccare ma, al contrario, nell’assoluta convinzione di obbedire in questo modo alla volontà stessa di Dio. Un Dio d’amore, pietoso e complice nella sua scelta di unirsi all’uomo che ama.

In conclusione Agata, donna dai tratti assai moderni, riuscirà a fuggire con Garson e ad abbandonare in questo modo le mura del suo durissimo carcere.

 

 

Simonetta Agnello Horby nasce a Palermo e vive dal 1972 a Londra. Tra i suoi romanzi: La Mennulara (2002), Feltrinelli editore; La zia marchesa (2004), sempre Feltrinelli; Boccamurata (2007), Feltrinelli e Vento scomposto (2009).

 

 

Renata Adamo nasce a Merano (Bz), il 6 aprile 1950, da genitori di ascendenza italiana. Studi universitari e laurea in Scienze politiche presso l’Università degli studi di Bologna ove vive e risiede.

Ha frequentato corsi di scrittura creativa e di sceneggiatura presso il DAMS di Bologna. Collabora con diverse riviste letterarie su web, quali Zibaldoni, Declinate al femminile, Soglie e flussi, Lankelot, eu, Tellusfolio. Su tali riviste pubblica soprattutto recensioni letterarie.

Nell’anno 2000, in occasione dell’iniziativa a livello europeo: Bologna città europea della cultura, realizza insieme a Cristiano Tavassi un convegno europeo su Robert Walser, autore amatissimo, dal titolo “Robert Walser – Manuscriptwelten” al quale partecipano numerosi scrittori tra i quali Ermanno Cavazioni, Fleur Jaeggy, Bernhard Echte, Werner Morlang, e diversi germanisti. Nel 2009 vince la quarantaduesima edizione del Premio Andersen, con il racconto “Regina Maharaba”. Sempre nello stesso anno vince il premio Europa, per “Scrittura noir al femminile”, con il racconto “Il primo giorno di quiete”. Nel 2010 ottiene il terzo premio per il concorso letterario M.A.R.E. indetto dalla Regione Emilia Romagna con il racconto “La conchiglia in tasca”. Sempre nello stesso anno è vincitrice assoluta per il premio Boopen, Napoli, con il racconto “Oltre la soglia”, già edito dalla stessa casa editrice.


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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