Sono trascorsi ventidue anni da quando Renato Sarti, attore, regista e autore di teatro fra i più impegnati e coraggiosi, quindi anche scomodo secondo taluni canoni, scrisse Trilogia del benessere. Ebbene, quest'opera, divisa in tre quadri, non ha perso attualità né forza. Anzi, i tempi correnti hanno reso addirittura profetico l'originario lavoro.
La riproposta, dunque, del testo, con la regia dello stesso Sarti e la produzione del Teatro della Cooperativa, trova fertile terreno. Prostituzione, droga, mass media, quotidianità malate, cinismi, pericolose fughe, illusioni e disillusioni. Questi sono i temi trattati dal lavoro portato in scena al "Teatro Ringhiera". Con i mezzi dell'arte, una cupa meditazione e una spietata analisi dei meccanismi di abbandono sociale.
Oltre vent'anni fa la finissima sensibilità dell'intellettuale aveva letto e interpretato la devastante deriva esistenziale e civile che ci avrebbe buttati in uno sconfortante abissale oceano. Quasi, vien da pensare, non c'è rimedio, se non la denuncia e la volontà di non arrendersi al nero degrado incombente.
La vendita del corpo e, con esso, la svendita dell'anima. Il miraggio della telecamera e dello schermo televisivo, prigione generatrice di sogni che mutano in incubi; l'invasività senza limiti di quest'occhio artificiale e mistificante. Un riscatto parrebbe venire dall'intima tenerezza di una coppia di anziani. Sentimenti quasi sorpassati, i loro, preistorici se si presta fede alle violente seduttive sirene della società dei consumi, la comunità della bellezza plasticata, rotocalcata e siliconata dell'eterna giovinezza, quella da ottenere a qualsiasi costo. Anche qui solitudine, preferibile tuttavia al ricatto della rumorosa rovina della notorietà da Grande Fratello, dell'audience dei danari senza fatica, dello share della puttaneria fisica e morale, della realtà sostituita dal reality che più è estremo più coinvolge l'immaginario (ormai più disimmaginario) collettivo. Vite-non vite, stremate.
Tre soli attori sulla scena e bravissimi: Rossana Mola, Domenico Pugliares e Mohamed Ba. Scene e costumi di Carlo Sala, musiche di Carlo Boccadoro. La voce del regista fuori campo nell'inquietante secondo episodio, Spartaco, è di Omero Antonutti.
«In Libero si parla di Maria, versione povera e ante litteram della Ruby dei giorni nostri, che per uscire dalla disperazione si inventa un ricatto che le si ritorce inevitabilmente contro; si parla anche di un bambino che nasce in carcere, Libero appunto, vittima del degrado più assoluto. In Buon Natale, due vecchietti vivono quella festività in compagnia solo della loro miseria. Spartaco invece è un tossico che si buca in diretta, vittima dell'audience e di un regista televisivo che conduce la trasmissione con lo stesso piglio di un generale in battaglia», spiega Renato Sarti. «La stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive nell'indigenza e nella fame mentre una ristretta cerchia di privilegiati sguazza nello spreco. Non ha importanza se si riuscirà ad attraversare la cruna per giungere in paradiso, tanto l'inferno è qui in terra. Un rito collettivo si consuma attorno al nuovo sacro totem, TV. Mentre gli spot e i programmi televisivi dispensano felicità nuove, vittime sacrificali vivono tragedie di ordinaria quotidianità. Tre apparenti tranches de vie che cercano di librare laddove il dolore è antico, arcaico, atavico».
Alberto Figliolia
Trilogia del benessere. Da mercoledì 9 a domenica 20 febbraio 2011: ore 20:45; domenica ore 16. Teatro Ringhiera, via Boifava 17, Milano.