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Yoani Sánchez. Isla 2.0
Jiardim (da
Jiardim (da 'El Nuevo Herald') 
12 Febbraio 2011
 

Grandi schermi al plasma si succedono uno dopo l’altro, irradiano luce nella più grande zona espositiva della città. Di fronte a loro passano due adolescenti con la bocca spalancata, meravigliati davanti a un simile sfoggio di tecnologia di ultima generazione mai vista da queste parti. La “Fiera Internazionale di Informática 2011”, che si celebra in questi giorni all’Avana, ci ha messi di fronte al nostro Medioevo informatico, paragonato a tutte le conquiste in campo tecnologico che sono ancora un doloroso miraggio per noi che abitiamo su quest’Isola di non connessi, questo “arcipelago Cuba” dove navigare nel ciberspazio è un privilegio per pochi.

Nonostante le mancanze e il rigido controllo noi cubani abbiamo una spiccata predilezione per circuiti e lucine. È raro incontrare un compatriota che non sappia riparare un frullatore o smontare una doccia elettrica. Senza certe pratiche da “ingegneri privi di diploma”, non avremmo potuto continuare a utilizzare molti oggetti danneggiati. Alcuni portano riparazioni e invenzioni ai massimi livelli e riescono a costruire un ventilatore con un motore di una lavatrice, altri dipingono a colori lo schermo del vecchio televisore in bianco e nero per farlo sembrare più moderno o trasformano la parte inferiore di un ferro da stiro in un’efficiente canna fumaria e la usano per cucinare. Se si tratta di trasmettere informazioni, notizie e programmi censurati la creatività va alle stelle e affiorano mille soluzioni. Le memorie USB passano di mano in mano e si trasformano in improvvisati periodici clandestini, incontrollabili sia per le dimensioni che per l’aspetto innocente.

La voglia di possedere apparecchi elettronici è stata incentivata proprio dalle restrizioni praticate dallo Stato sulla loro distribuzione. A onor del vero dobbiamo dire che ci è sempre venuto in soccorso il mercato informale, dove si vendono persino telefoni senza fili e apparecchi per massaggi. Proprio grazie a queste reti illegali di distribuzione sono stati messi in circolazione - per la prima volta - i videoregistratori, i forni a micro onde, i ventilatori da soffitto e gli scaldabagno. Quando Raúl Castro, nel 2008, ha autorizzato la vendita di elementi informatici nei negozi ufficiali, erano già diversi anni che ci trovavamo dietro lo schermo di un computer costruito da noi stessi, un vero e proprio Frankenstein assemblato un pezzo dopo l’altro grazie a componenti acquistate sulle reti della distribuzione informale. Ma queste sono pur sempre realtà informatiche autistiche, prive della scintilla della connessione, quel soffio vitale in forma di kilobytes che le faccia sentire vive, libere di interagire con altri utenti. Viviamo nel paese con la minor percentuale di accesso a Internet di questo emisfero. Secondo dati ufficiali, Cuba aveva 1,6 milioni di utenti web nel 2009, come dire che soltanto 14,2 abitanti su 100 avevano provato l’ebbrezza di navigare su Internet e in due anni la cifra è cambiata di poco. La maggior parte di loro non si collega grazie a una rete aperta e con accesso a tutti i siti, ma tramite un’intranet molto monitorata e limitata, una sorta di simulatore di volo in cui non è possibile imbattersi in nessuna informazione polemica. Solo le persone più fidate, gli alti funzionari governativi e alcuni accademici vincolati alle istituzioni, possono usufruire di una connessione domestica. Gli stranieri che risiedono sul territorio nazionale godono anche loro di un simile privilegio, ma molti di loro rivendono sul mercato informale alcune ore di connessione, grazie alle quali decine di cubani riescono a infiltrarsi nel ciberspazio.

Da oltre tre anni l’argomento di un cavo sottomarino di fibra ottica tra Cuba e il Venezuela si è trasformato nella carota agitata di fronte al volto dei bramosi internauti isolani. Finalmente, dopo molti annunci, l’impianto è arrivato questa settimana in una piccola spiaggia a oriente del paese e promette di moltiplicare per tremila l’attuale spazio di banda. In un primo tempo il governo ha fatto sapere che i kilobytes circolanti grazie al nuovo impianto saranno destinati soprattutto a istituzioni e organizzazioni statali. Tuttavia, la pressione dei cittadini e le critiche della stampa estera hanno convinto il viceministro delle telecomunicazioni, Jorge Luis Perdomo, a modificare un programma così limitato. Durante l’attuale Fiera di Informatica, il funzionario si è spinto a dire che “non esiste nessun ostacolo politico” per aprire l’acceso a Internet alla popolazione. Proprio in questo periodo sono stati sbloccati dai server cubani due importanti piattaforme blogger, che erano censurate dalla metà del 2008 e che sono composte da cittadini che analizzano la realtà nazionale con atteggiamento piuttosto critico. Il grande interrogativo che ci poniamo tutti è se le dichiarazioni del viceministro e la conseguente fine del boicottaggio a certi siti sono una misura temporanea, valida solo fino a quando saranno presenti gli ospiti stranieri invitati all’evento. Potrebbe anche trattarsi di un cambio di strategia motivato dalla pressione interna ed esterna, specialmente dopo aver visto il fallimento di una politica di chiusura totale. Non esiste niente di più attraente delle cose proibite e infatti i blog alternativi demonizzati dal governo sono diventati molto popolari. In ogni caso, anche se gli attuali gesti di tolleranza fossero caduchi come foglie spazzate via dal vento, noi cubani finiremo per ottenere l’informazione e per produrre l’infrastruttura che serve a sostenerla. Grazie al solito sistema illegale con cui una volta siamo riusciti a possedere una radio a onde corte, un asciugacapelli o un riproduttore di musicassette dove ascoltare i Beatles, oggi stiamo accedendo alle nuove tecnologie e alla relativa interazione che producono. Non mi stupirei se venissi a sapere che adesso nell’ufficio di qualche giovane informatico, si sta costruendo un dispositivo che finirà per realizzare il monopolio statale sull’accesso a Internet. In questo modo, il così tanto annunciato cavo sottomarino tra Cuba e Venezuela sembrerà piccolo, esiguo e inutile.

 

Yoani Sánchez

(da El Comercio, Perù)

Traduzione di Gordiano Lupi


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