Si sa che a Roberto Saviano piace il calcio. E di calcio ogni tanto scrive, come quando ha raccontato del suo incontro con Leo Messi, la pulce, l'artista principe del Barcellona – la squadra che è qualcosa di più che una squadra: un'idea –, il miglior giocatore del mondo, una stupefacente visione che trascorre sui verdi campi di football.
A dire il vero, l'autore di Gomorra da ragazzo si era appassionato anche alle vicende della squadra di basket di Caserta che nel '91 vinse un epocale scudetto dopo aver battuto l'Olimpia Milano nella quinta e decisiva partita di finale nell'imbattuta tana avversaria del Forum di Assago.
Il calcio e lo sport sono, in generale, una splendida e (quasi) perfetta metafora della vita. Lo sport è sogno e fatica, solidarietà, lealtà, valori condivisi, rispetto dell'altro, sana competizione. Tutto ciò, certo, nella migliore accezione. Poi ci sono le sbandate, il fuori controllo, la deviazione, ma in quanto tali dovrebbero far maggiormente risaltare, per contrasto, l'anima più bella, genuina e pura dello sport.
Lo stesso Saviano, aggiungiamo, aveva seguito gli allenamenti dei pugili di Marcianise in procinto di andare alle Olimpiadi di Pechino. L'ottica era (è) quella dello sport come una nobile attività di sacrificio, una desiderabile frontiera, che consente di affrancarsi da malaugurate tentazioni. Lo sport è una scelta, come quella fra una vita normale (di frontiera, oggi?) e un'altra (più facile all'apparenza, più incosciente e infine sordida e rovinosa) dedicata alla delinquenza. Anche se la miseria, con la sua sorella ignoranza, non aiuta talvolta nella scelta giusta.
Non stupisce dunque vedere Saviano, che oggi era a Milano con Umberto Eco e altri diecimila nel palasport vicino alla Montagnetta di San Siro a chiedere un'altra Italia, occuparsi di sport e scriverne.
È stato con gran piacere ed emozione dunque poter assistere al Teatro "CiakWebank.it-Fabbrica del Vapore" alla rappresentazione di Santos (come la città e l'omonima squadra che fu di Pelé), pièce tratta da un suo racconto e adattata al palcoscenico da Mario Gelardi e Giuseppe Miale Di Mauro.
Protagonisti della storia sono quattro ragazzini innamorati del pallone, perduti in infinite partite nella piazza della loro città e, soprattutto, felicemente smarriti nella propria illusione di calcare un giorno l'erba, di calciare una sfera di cuoio e di volare sugli stessi prati dei campioni prediletti. Quattro ragazzini, quattro avventure esistenziali, che crescono ma che intanto sono arruolati dalla subdola camorra, da un boss le cui parole fluiscono come il miele, in qualità di vedette. Quando giocano debbono anche e soprattutto controllare quel che avviene intorno, sul territorio, e, se vedono una volante della polizia o facce non gradite ai loschi affari, debbono gridare un segnale convenuto: 'O pallone! (lanciato anche in aria).
Quella camorra che spezza vite e sogni.
Come finirà? Ce la faranno a resistere i giovani? Chi cederà e perché alle malevole sirene? Una storia di ricatti e di riscatti. Un'interpretazione intensa. Un messaggio positivo e coraggioso.
Spiega il regista: «Abbiamo immerso i protagonisti di Santos, in un’atmosfera arrugginita in cui la luce deve farsi spazio tra le feritoie per illuminare le vite. Ci ha colpito particolarmente la storia di uno dei ragazzi che, per la passione del calcio, per l’emozione di proseguire un’azione di gioco durante una partita, viene espulso dal gruppo e proprio per questo si salva da una vita fatta di espedienti e criminalità. È la passione che salva la vita di questo ragazzo ed è anche la chiave della storia: seguire un sogno, realizzare un’aspirazione, è l’unica vera speranza di un destino migliore».
«Santos è una gioia semplice» ribadisce Roberto Saviano, «è la gioia di una partita a pallone fatta per strada, da piccoli. E adesso che per strada a pallone non gioco più, mi piace rivivere quei momenti e restituirne la spensieratezza tutta infantile, la convinzione irrazionale che un giorno le cose possano cambiare, e non solo per noi stessi. Mi piace pensare che la mia terra, nonostante tutto, abbia ancora qualcosa da offrire».
Alberto Figliolia
Teatro "Ciak Webank.it-Fabbrica del Vapore", via Procaccini 45, Milano (tel. 02 76110093, fax 02 76110322). Sino al 13 febbraio ore 21, domenica ore 16. Gli Ipocriti e M.B. Nuovo Teatro: Santos, da un racconto di Roberto Saviano. Regia di Mario Gelardi, con Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Giuseppe Miale Di Mauro, Adriano Pantaleo. Musiche di Francesco Forni.