Maria Schneider muore a 59 anni a Parigi, vittima di un male che non perdona. La ricordiamo come attrice simbolo di un film massacrato dai censori, che lei non amava e che per anni è stato come un macigno sulle sue gracili spalle.
Un film che provoca grande scandalo e che ricordiamo per l’accanimento dei censori è senza dubbio Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (1972), poetico e cupo dramma che descrive la solitudine di un uomo e una donna (Marlon Brando e Maria Schneider) che comunicano solo attraverso il sesso all’interno di un appartamento deserto, senza sapere niente l’uno dell’altra, neppure i nomi. I dialoghi sono forti e dissacranti, ma soprattutto ciò che scandalizza i censori è la sequenza in cui Brando sodomizza la Schneider con l’aiuto di un panetto di burro. Il film viene subito sequestrato sotto l’impulso moralizzatore dei critici bigotti e reazionari, mentre la critica di sinistra grida allo scandalo. La cosa assurda è che quattro anni dopo il film è addirittura condannato al rogo, in un clima da caccia alle streghe e da tribunale inquisitorio.
Marlon Brando è Paul, uno straniero a Parigi sconvolto dall’improvvisa morte della moglie, che nelle prime sequenze del film vediamo camminare da solo per strada. Marlon Brando veste con un cappotto marrone e sotto indossa solo una maglietta nera, la sua caratterizzazione del personaggio squallido e disperato è a dir poco perfetta. Viene raggiunto e notato dalla giovane Jeanne, interpretata da una convincente Maria Schneider. Per caso i due si ritrovano in un appartamento vuoto da affittare e lì dentro comincia un lungo viaggio predestinato tra maestro e discepolo. Nell’appartamento, che alcuni critici hanno paragonato a un tempio per la sacralità dell’iniziazione erotica che vi si consuma, si celebrano riti di amore e di libertà. Il Maestro però, dopo aver visitato per l’ultima volta la camera ardente della moglie Rosa, porta a termine il suo tragico viaggio dopo aver ballato l’ultimo tango con Jeanne. Il film si aggiudica il Prix Raoul Lévy a Parigi, il Nastro d’argento 1973 per la migliore regia, la Grolla d’oro 1973 e ottiene alcune nominations agli Oscar 1974 per la migliore regia e il migliore attore protagonista. Da citare la stupenda musica di Gato Barbieri che sottolinea la drammaticità della trama.
Il film è il vero capolavoro di Bertolucci che resta nella storia del cinema grazie a questa opera fondamentale che censori ottusi e incolti hanno limitato a una scena di sodomizzazione. Marlon Brando è fantastico nei panni del protagonista che rende perfetto e credibile. Maria Schneider invece resta vittima del suo personaggio e non ne uscirà più nei film successivi, al punto che la stampa si accanirà su di lei scavando sulla sua vita privata. Maria Schneider è una ragazza inquieta, figlia illegittima dell’attore Daniel Gélin, nata da una sua relazione extraconiugale al tempo in cui l’attore si drogava. Maria è un’attrice che si impone all’attenzione del pubblico con la famosa scena di sodomia, ma dopo Ultimo tango non gira molti film. I registi la cercano ma lei litiga prima con Brass per un Caligola troppo spinto, poi con Buñuel sul set di Questo oscuro oggetto del desiderio. Nel caso di Buñuel c’è chi sostiene che sia stato il regista spagnolo a estrometterla dal film dopo aver visto le sue scarse capacità artistiche. Le cronache si occupano a lungo di lei e del suo amore omosessuale per Jean Patrice Townsend che nel settembre 1976 frutta alle due donne a una condanna per atti osceni in luogo pubblico. Un’insolita love story porta la Schneider e la Townsend al ricovero nell’Ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà di Roma. La Townsend viene ricoverata in stato confusionale dopo una lite di gelosia con l’amica, però Maria non vuole lasciarla sola e chiede di dividere con lei il ricovero ospedaliero. Secondo le testimonianze degli infermieri le due ragazze durante il ricovero si lasciano andare a effusioni molto evidenti che mettono in imbarazzo il personale sanitario. Le due ragazze fanno l’amore dove capita, sia sul letto della stanza che dividono che nella vasca da bagno, scandalizzando chi deve assisterle. I giornali intervistano le suore dell’ospedale che si dicono sconvolte dalle “languide carezze” e dai “baci appassionati” che le due internate si scambiano. Ne viene fuori uno scandalo giudiziario che coinvolge il personale medico dell’Ospedale, reo di aver acconsentito al ricovero di Maria su sua semplice richiesta. Si prospetta il reato di abuso di atti d’ufficio per aver ammesso in ospedale un soggetto sano senza aver accertato il suo stato di salute. Pochi giorni dopo lo scandalo si affievolisce perché Joan viene dimessa con la diagnosi di subeccitazione e Maria esce con lei. La coppia continua a scandalizzare con la pretesa di voler adottare un bambino oppure di volerlo “fabbricare con il concorso occasionale di un uomo” (sono parole loro). Forse sono scandali costruiti ad arte per restare al centro dell’attenzione e per fare notizia, però Maria esce ugualmente di scena se ci ricordiamo ancora di lei è solo per merito del film di Bertolucci. Ultimo tango si conquista la fama di film maledetto anche per queste piccole cose e perché Marlon Brando dichiara che il film lo lascia svuotato e devastato e che mai più si farà coinvolgere emozionalmente in un modo così distruttivo.
Ultimo tango è un’opera d’arte perfetta e irripetibile, tutte le sue componenti (la fotografia di Storaro, la musica di Gato Barbieri, il montaggio di Franco Arcalli) confluiscono in un lavoro ben diretto dal regista. Nell’estate del 1972 Bertolucci presenta a Venezia, durante le Giornate del Cinema Italiano, due sole sequenze del suo film: l’incontro tra i due amanti nell’appartamento vuoto da affittare e lo straziante e disperato monologo di Brando davanti al cadavere della moglie. La proiezione desta subito scalpore e contrasti. Ultimo tango viene proiettato integralmente, in anteprima mondiale, la sera del 14 ottobre 1972 a New York durante il Film Festival. È uno strepitoso successo. Pauline Kael, critica cinematografica del settimanale New Yorker, scrive: «Questo è un film del quale la gente discuterà fino a quando ci saranno dei film». In Italia Ultimo tango viene bocciato dalla Commissione Ministeriale. In appello la censura italiana concede il nulla osta al film, in cambio di otto secondi di tagli. Nel dicembre del 1972, a Parigi, avviene la prima europea in versione integrale e il 15 c’è la prima proiezione italiana al festival di Porretta Terme. Fra il 16 e il 20 il film esce a Roma e Milano registrando incassi record. Il 21 il PM romano Niccolò Amato ordina il sequestro con l’accusa di «esasperato pansessualismo fine a se stesso» e va notato che lo stesso giorno, a Parigi, il film riceve il premio Raoul Lévy. Una nuova denuncia per oscenità viene presentata da uno spettatore di Porretta Terme e il processo è trasferito al tribunale di Bologna. Comincia per il film e il regista, un lunghissimo iter giudiziario che si celebra in un clima da caccia alle streghe. Infatti, nel gennaio del 1976 si arriva alla assurda condanna definitiva che prevede il rogo di tutte le pellicole. Dice Bertolucci: «Mi sentivo malissimo e siccome non riuscivo a accettare la punizione che arrivava dalla Cassazione, scrissi una lettera al Presidente della Repubblica Giovanni Leone, chiedendo la grazia, come si fa con i condannati a morte. Mi rispose con una lettera molto tecnica, da esperto di diritto. In sostanza mi diceva che non era possibile concedere la grazia, però era lecito salvare due o tre copie del film, come si conservano i corpi di reato nei musei criminali». Per fortuna tre copie di Ultimo tango vengono salvate dal rogo e conservate alla Cineteca Nazionale, di modo tale che oggi il film si può ancora vedere in tutta la sua sconvolgente bellezza. La cosa assurda è che Bertolucci viene condannato a due mesi più la condizionale per aver girato un’opera d’arte. Per la sentenza, il regista è colpevole di avere offeso il comune senso del pudore e ne consegue che viene privato dei diritti civili e per ben cinque anni non può votare. La vicenda ha dell’incredibile e adesso possiamo solo constatare che, passata l’ondata moralistica e cambiati i tempi, per fortuna abbiamo potuto apprezzare senza troppi tagli il film di Bertolucci.
Le peripezie del film vengono spiegate in modo originale nel libro di Gabriella Pozzato intitolato Ultimo tango: il mistero svelato (Cucinema.com, Milano 2004). Nel libro si percorre un viaggio iniziatico dentro al film. Dietro l’intenso Marlon Brando, lo straniero a Parigi, sembra nascondersi un personaggio scomodo e rivoluzionario, portatore di un nuovo linguaggio.
Gordiano Lupi
Il brano è tratto dal mio libro inedito Cinecittà Babilonia.