Un gruppo Facebook costituito da esiliati sta chiamando i cubani alla “rivolta popolare”, ma per il momento non ha ricevuto il sostegno dei dissidenti che vivono sull’isola. La speranza è quella di risvegliare a Cuba una protesta antigovernativa sul modello egiziano.
«Non esistono le condizioni per organizzare una cosa simile. A Cuba chi si muove finisce in galera, siano venti persone come ventimila», afferma Elizardo Sánchez, attivista per i diritti umani.
Il 'gruppo per la rivolta popolare a Cuba' da quando è sbarcato su Facebook ha suscitato un certo interesse, molti commenti, tantissime adesioni, ma resta un’iniziativa di persone che vivono all’estero, destinata soltanto a produrre un po’ di scalpore.
«Il popolo deve scendere in piazza, senza ricorrere alla violenza, non solo all’interno dell’isola, ma anche all’estero, davanti ai consolati e alle ambasciate, per provocare una rivolta sociale che porti a Cuba la democrazia», recita l’atto costitutivo del gruppo. «Promuovere il diritto alla manifestazione pacifica di ogni persona in uno spazio pubblico nelle strade di Cuba è un modo per chiedere la libertà di espressione. Un diritto che ogni governo deve garantire», continua la nota.
Il gruppo è stato creato da Joel García, un blogger esiliato che vive alle Canarie, e da Frank Prieto, un attore cubano che vive nella Spagna del Nord, per suscitare «un movimento di protesta spontaneo».
La maggior parte dei commentatori del gruppo vive fuori da Cuba. Il principale obiettivo sembra adesso quello di realizzare una protesta generalizzata in occasione del primo anniversario della morte di Zapata Tamayo (23 febbraio).
La stampa cubana diffonde poche notizie in merito alle sommosse di piazza che si stanno verificando in Egitto e il popolo cubano non ha modo di attingere informazioni sulle ribellioni del mondo arabo.
«A Cuba c’è molto scontento, ma il governo mantiene un’enorme capacità di controllo sociale e di intimidazione sulla cittadinanza. Basti pensare che il 15 gennaio sono stati arrestati quattro ragazzi che distribuivano volantini contro il governo per le strade della capitale e sono ancora in attesa di giudizio», ha detto Elizardo Sánchez.
Claudia Cadelo, autrice del blog Octavo Cerco, concorda sul fatto che a Cuba ci sono poche possibilità di riuscire a organizzare proteste di piazza simili a quelle del Cairo.
«Organizzare sollevamenti popolari partendo dalla rete è molto difficile, anche perché a Cuba sono in pochi ad avere la possibilità di collegarsi a Internet», afferma la Cadelo. Resta il fatto che a Cuba c’è grande tensione per le strade, come conferma anche Yoani Sánchez su Twitter.
«Si sente il nervosismo in attesa del primo anniversario della morte di Orlando Zapata Tamayo», conclude Claudia Cadelo.
Il prigioniero politico Pedro Argüelles Morán, intanto, è sceso in sciopero della fame, perché ha rifiutato l’estradizione in Spagna come contropartita alla liberazione. Nel frattempo sono stati liberati altri quattro prigionieri politici del gruppo dei 75 che hanno accettato l’esilio spagnolo. Tra le buone notizie citiamo il fatto che Oswaldo Payá Sardiñas è stato presentato come candidato al Nobel per la Pace 2011. Tra i suoi molti meriti citiamo il Progetto Varela, una lotta costante in favore dei diritti umani e della libertà di espressione in una futura Cuba democratica e pluralista.
Gordiano Lupi