La vicenda di Mirafiori ci riguarda. Riguarda noi studenti e ricercatori italiani all’estero, come riguarda i cittadini di tutta Italia e tutta Europa. Non è solo un “problema dei metalmeccanici”, perché il lavoro è davvero un bene comune, come sta scritto nell’appello allo sciopero generale lanciato dal sindacato dei lavoratori metalmeccanici Fiom-Cgil per il 28 gennaio. E l’accordo di Mirafiori mina alla base proprio la dignità del lavoro.
La soluzione imposta da Marchionne comporta, infatti, non solo un deciso peggioramento delle condizioni di lavoro (straordinari obbligatori triplicati, turni di 10 ore consecutive, saturazione dei tempi), ma lede pesantemente le libertà e i diritti fondamentali dei lavoratori: nell'accordo sono previste gravi limitazioni al diritto di sciopero ed è di fatto impedita la libera elezione dei delegati di fabbrica, sostituita dalla nomina di rappresentanti indicati dai soli sindacati firmatari. Un'azienda che si regge da decenni sugli aiuti statali non può permettersi di ricattare un Paese intero, mascherandosi dietro a pratiche fintamente democratiche come il referendum in fabbrica, con l'unico obiettivo di smantellare le conquiste sindacali degli ultimi quarant'anni. Si tratta di una logica autoritaria che, agitando il vessillo della modernità, sancisce il prevalere delle ragioni del mercato su quelle della democrazia, anche all'interno della fabbrica.
Uno scenario di questo tipo, non estraneo al resto d’Europa, in cui le classi dirigenti e le élites economiche scaricano sulle fasce sociali più deboli i costi della crisi, e parallelamente si introducono modelli autoritari e populisti per cancellare il dissenso, ci spaventa e ci preoccupa.
L’Italia, in special modo, rischia di offrire un terreno particolarmente fecondo a questa evoluzione.
L'approvazione del ddl Gelmini e l'accordo di Mirafiori hanno determinato, nell'arco di una sola settimana, una violenta aggressione all'istruzione pubblica e al lavoro, i pilastri della nostra Costituzione. Sul lavoro è fondata l'idea stessa della Repubblica italiana, così come la legge Gelmini non riguarda solo il mondo universitario ma il futuro di tutto il Paese. E per chi alza la testa, dagli studenti agli operai fino ai terremotati, ci sono solo i manganelli.
Ci vogliono poveri, ignoranti e docili. Perfetti ingranaggi della produzione.
Ma noi non ci rassegniamo. Per questo ci schieriamo al fianco dei lavoratori metalmeccanici e degli studenti in mobilitazione, e crediamo che di fronte a un'offensiva di portata cosi generale e marcatamente antidemocratica, l'unica risposta adeguata sia la mobilitazione di tutti e tutte, a partire dallo sciopero generale indetto dalla Fiom per il 28 gennaio.
Studenti e ricercatori italiani a Parigi
Studenti e dottorandi italiani a Lisbona