Un lettore su La Stampa del 18 gennaio, difende il discorso del Papa che ravvisava «una minaccia alla libertà religiosa» nei «corsi di educazione sessuale o civile» imposti in alcuni Paesi europei, e scrive: «L’educazione sessuale ha per oggetto dati tecnici e informazione, nulla ha a che vedere... con la morale sessuale. La scuola deve limitarsi a questo. La morale sessuale è composta da convinzioni personali che vanno lasciate alle famiglie. La scuola non deve insegnare una morale».
Le cose però non stanno così, giacché la morale, compresa quella sessuale, inevitabilmente non viene trasmessa soltanto dalle famiglie, ma dall'intera società (costumi, mezzi di comunicazione di massa, ecc.), scuola compresa. Gli insegnanti non sono macchine, ma persone che hanno le loro convinzioni etiche, ed è assai difficile che un docente non comunichi agli alunni il proprio punto di vista. Spesso gli insegnanti affrontano temi che toccano la sfera della sessualità, ed è difficile (lo affermo per cognizione di causa) che restino neutrali davanti a problemi quali l'aborto, la contraccezione, l'omosessualità, le coppie di fatto, ecc.
In realtà, Benedetto XVI ha il timore, sacrosanto, essendo il Papa, che nelle scuole d'Europa venga trasmessa una morale sessuale diversa da quella cattolica. Ma siamo certi che questa sia rispettosa delle libertà individuali?
Renato Pierri