Non ci crederete mai, ma uno dei tanti anagrammi che ci si può divertire a fare con il nome e cognome dell'amministratore delegato della FIAT, l'italo-canadese e accanito fumatore Sergio Marchionne, il manager dall'abbigliamento informale, è – absit inuria verbis – Ho mercenari sogni. Niente male, vero? Ma anche, divertiamoci un po', ché di questi tempi grami e magri (altro anagramma) non guasta, Orge in mascherino (davvero grottesca). Sempre, s'intende, absit iniuria verbis. E, volendo continuare, nel post referendum Mirafiori che ha marchiato, seppur di pochissimo, il sì – Ne marcherò ogni sì (esiste un Grande Fratello dell'occhiuto controllo aziendale?) o Si recheranno mogi (gli operai a votare) – all'accettazione (chiamiamola così) dell'accordo (chiamiamolo così) per salvare (diciamo così) il lavoro di un po' di gente... Sorgerò in maniche oppure Sorge in monarchie: il trionfo figurato e concreto del capitale finanziario nella trionfalistica era del profitto e del lavoro-servitù-abbrutimento.
Quanto guadagna un operaio FIAT a fronte di un duro e usurante lavoro? Quanto guadagna oggi un operaio anche non FIAT? Un operaio in catena di montaggio? Vero è che anche un giovane laureato oggi è condannato alla miseria esistenziale ed economica del precariato. Il precariato delle possibilità che ti vengono offerte. Più di quel che guadagna (tantissimo) Marchionne sarebbe interessante dire quanto non guadagna un disoccupato o un sottoccupato o un occupato a determinate condizioni (forse l'Italia è l'unica democrazia occidentale dove il binomio avere un lavoro-non avere un lavoro è talora una moneta con due facce dello stesso dramma). L'Italia che festeggia il 150° potrebbe anche adottare come slogan il... VIVA LE CASTE! La Costituzione Italiana, approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, al suo articolo 1 recita che «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Sul lavoro, badate bene, non sullo sfruttamento del lavoro. L'art. 2 poi parla di «diritti inviolabili dell'uomo», di «solidarietà politica, economica e sociale». Ma lasciamo stare e torniamo al nostro gioco anagrammatico.
Sgominerò chi eran
In sogni ho cremare
Gemo... rischieranno...
Gerarchie-monsoni
Morsicherai gonne
Gonne schiariremo
Gonne schiarì Remo
Mi raschierò gonne
Roghi sì, non camere
Sono camere-ringhi
Non gremirò chiesa
Ho caserme, non giri
Ergo in mascherino
Ergo maschero inni
In ogni Es marcherò
Gemi... non raschierò...
Giocheranno risme
Maschero giri-neon
Gremirono schiena
Ho in ogni scremare
Ne raschierò gnomi
Nero schiera gnomi
Ne' giorni maschero
In monache risorge
Maschero inni-orge
Maschero orge-inni
Marchierò: insegno
Non giocherà risme
Marcherei sognino
Monache, re, signori
Sgranchiremo noie
Magiche non risero
Ogni nero mascheri
Sgranchire mio neo
Schiera re, non mogi
Non schierare mogi
Mogi non schiererà
Neo schernirà mogi
Schermirà ogni neo
Mascheri noi rogne
Germini anche orso
Ogni re scherniamo
Schermano origine
Scherniamo in orge
Piacevole come gioco, no? Realtà, surrealtà e metarealtà (anche mezze realtà) si mescolano. Immagini bizzarre e situazioni concrete. Cose buffe e altre orride. Dal punto di vista tecnico diciamo subito che trattini, accenti, apostrofi, segni di interpunzione, uso diverso di maiuscole e minuscole non inficiano l'anagramma.
Poi, nel nome-cognome stesso si celano, riferimenti agli operai... Ghermiscano oneri (anche non volendo), Io, sgranchire meno... (vedi riduzione del minutaggio delle pause).
Continuando a elaborare viene fuori anche un incredibile Romaneschi in orge (dedicato alla connivenza-assenza della politica?).
Alla fine di questo divertissement ci piacerebbe tuttavia concludere con qualcosa di positivo: Chi sa è: non migrerò. Una speranza che nonostante i tempi retrogradi la cultura avanzi, che i giovani possano studiare (e che le scuole pubbliche non siano più derelitte) per svolgere una professione che gratifichi nel profondo e sia utile al consorzio civile, in una prospettiva di continuo progresso sociale, che l'individuo non sia oppresso e che possa avere, comunque e sempre, un lavoro dignitoso. Per non dover infine, costretti e controvoglia, andarsene via dal proprio Paese.
Del resto è scritto negli anagrammi. O, se preferite, onogrammi.
Alberto Figliolia