Bisogna prenderne atto e coscienza: è presente e si gonfia l’eresia etnica del cristianesimo.
L’etnos, la volontà di un popolo che si stacca e si oppone agli altri, li disprezza e li scaccia, in spirito di egoismo e di potenza escludente, quando utilizza a sostegno proprio il cristianesimo, come forza e ideologia di identità superba, sprezzante le altre culture, costumi, religioni, qualunque ne sia la causa (paura, ignoranza, interesse) incarna una eresia.
Cioè, compie uno strappo tale da falsificare il messaggio di Cristo. Invece di amore, misericordia, universalità, perdono e salvezza, ne fa una bandiera parziale e discriminatoria.
L’eresia etnica è una forza anti-cristiana. La chiesa dei “fedeli a Cristo” ha bisogno di individuarla e bollarla nella sua falsità, sempre “facendo la verità nella carità”, trasmettendo il vero messaggio di Gesù, e testimoniando nella pratica sociale amore e giustizia verso gli altri popoli.
Chi ha più voce nella chiesa e davanti al mondo, per compito magisteriale e ministero di unità, chi ha il compito della riflessione teologica sulla fede, chi ha a cuore la fedeltà al vangelo nella vita quotidiana, tutti i cristiani hanno oggi da difendere la chiesa svincolandola dalla sua ancora troppa compromissione politica, economica, ideologica con questa eresia.
La quale è più pericolosa di agnosticismo, ateismo, irreligione, perché non ignora, né nega, né offende, ma storpia e utilizza la fede in Cristo, e ne falsifica il nome davanti al mondo. Questa eresia è grave quanto il materialismo teorico, quello capitalistico e quello marxistico. Questo, quando si fece dottrina e pratica politica, professava una antropologia monca, nell’illusione della liberazione umana, usava mezzi violenti ingiusti per un fine in sé giusto. L’egoismo etnico è ingiusto tanto nel fine quanto nei mezzi. Falsificare è peggio che negare. Usare Cristo è peggio che ignorarlo. Onorare le autorità della chiesa per averne l’appoggio e corrompere il popolo cristiano è peggio che perseguitare i fedeli. I corruttori fanno più male dei critici.
Enrico Peyretti
(da il foglio, mensile di alcuni cristiani torinesi, n. 368, gennaio 2010)