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Nicola Falcinella. Les plages d’Agnès, un’autobiografia filmata 
Il libro di Falcinella e il film di Varda. A Chiavenna giovedì 13, Cinema Victoria
05 Gennaio 2011
 

PRESENTAZIONE LIBRO E PROIEZIONE

Giovedì 13 gennaio alle ore 21 al Cinema “Victoria” in Chiavenna sarà presentato il volume Agnès Varda. Cinema senza tetto né legge (editrice Le Mani, Genova) di Nicola Falcinella.

A seguire sarà proiettato il film Les plages d'Agnès (2008) di Agnès Varda, il più recente della grande regista francese.

Il volume, reperibile nelle librerie chiavennasche e presso l'autore (nicola.falcinella@tin.it) è stato pubblicato in occasione della retrospettiva che Falcinella ha curato lo scorso dicembre per il IV “Filmfestival del Garda” a Brescia e Gardone Riviera.

 

 

 

Les plages d’Agnès è un’autobiografia (dei suoi primi 80 anni) e non un autoritratto da parte di Agnès Varda. Una sorta di autoritratto, la regista se l’era fatto con Les glaneurs e La glaneuse dove la spigolatrice del titolo ammette di essere lei stessa. Si tratta di un affascinante film testamento nel quale l’autrice racconta la sua vita e riprende gran parte dei temi e dei motivi che hanno caratterizzato e alimentato più di mezzo secolo di suo cinema, utilizzando le immagini delle sue pellicole come un album di memorie.

Dai ricordi emergono tante confidenze personali, come le prime parole in pubblico sull’Aids che ha ucciso il compagno di una vita Jacques. “Jacques è il più caro dei morti” dice Agnès nel film autobiografico, su tutto alita la presenza del compagno tanto amato. È come se fosse il quarto capitolo del sentito omaggio a Demy iniziato nel ’90 con Garage Demy. Qui ci sono ancora più dolcezza, più pudore. L’altra confidenza pubblica che esce dal “documentario” riguarda la relazione con Antoine Bourseiller, padre di Rosalie, nonché soldato di Cléo dalle 5 alle 7. Varda fa capire chiaramente di essere stata lasciata mentre era incinta, ma questo non le impedì di sceglierlo per un ruolo chiave nel film successivo, l’opera cui ancora oggi è associata. L’abbandono da parte dell’attore è un altro vuoto, un altro dolore grande dal quale Varda non si è fatta vincere ma ha trovato la forza per ripartire e andare avanti. La malinconia dolce che pervade su Les plages d’Agnès, ed è risultato di tutte le sofferenze attraversate, si trasforma in energia.

Stilisticamente il lungometraggio è il vertice del lungo percorso compiuto dalla regista, nel suo mescolare realtà e finzione, mondo reale e mondo mentale. Tutto con una grande semplicità d’esecuzione e una naturalezza rara. Ha fatto tesoro di quanto provato negli altri suoi film e qui ogni soluzione funziona perfettamente. Come se non ci fossero altri modi possibili per raccontare. C’è il gioco di incastri di Les cent et une nuits, c’è il rimbalzo tra vita vera e vita possibile di Jane B. par Agnès V., c’è l’andare e venire da un film alla situazione che l’ha suggerito e viceversa di Jacquot de Nantes. C’è la ricerca a ritroso delle persone sulla base di una fotografia o di un’inquadratura come in Ulysse e Deux ans après. La regista raccoglie aneddoti già raccontati in precedenza, integrandoli con particolari inediti e spiega in poche parole la genesi e le ragioni di tanti progetti. Les plagès d’Agnès è ben più di un collage, piuttosto un mosaico. Un’opera perfetta nel suo apparentemente semplice giustapporre pezzi diversi a comporre un insieme armonico.

È un film fatto in casa, con i cimeli della soffitta e gli oggetti trovati per caso o ricercati con cura per rimettere insieme il passato. Una composizione minuziosa, una confessione senza filtro. Contiene talmente tante cose e spunti, che potrebbe ramificarsi in una serie di capitoli più ampi da proiettare contemporaneamente su una miriade di schermi.

Un cammino a ritroso che parte dalle spiagge belghe dove trascorreva le estati da bambina, passa a quelle mediterranee dell’adolescenza e de La Pointe Courte, arriva a quelle sull’Oceano Pacifico di Los Angeles. Spiagge che segnano passaggi della sua vita e della sua carriera. Fino a quella artificiale costruita in rue Daguérre a Parigi dove ha casa e uffici. E dove, con una festa a sorpresa per gli 80 anni, si conclude il film.

Varda procede per accostamenti e contrapposizioni senza quasi far sentire la costruzione. Per una cineasta che ha sempre dato primaria importanza alla costruzione, sembra quasi non esserci struttura. Invece una gabbia c’è, fatta di fili sottili e quasi invisibili, ma forti come quelli che reggono le acrobazie dei circensi che la regista ha voluto sulla spiaggia belga. La forza è lei, il filo è la memoria, la sua narrazione, il suo fiume di ricordi che sa sempre ricondurre al punto principale al di là delle divagazioni che sono una delle anime di tutti i suoi film. Ha doti uniche di affabulatrice, di ammaliatrice. La sua voce non ha nulla di apparentemente straordinario, è insieme dolce e dura, accompagna lo spettatore come fosse un suono familiare, lo culla, lo incanta. È sentimentale e auto-ironica. Crea partecipazione e insieme distanza, del resto è un procedimento che Varda ha spesso usato quando si è posta come narratrice, per esempio in L’une chante l’autre pas. Là usava le proprie parole, nei salti narrativi della storia, a prendersi a carico il tema e insieme a non lasciare che chi guarda si faccia trascinare in un eccessivo processo di immedesimazione con le protagoniste.

In generale la regista sa dove fermarsi e dove spingere con le emozioni, non sbaglia una dose. È per buona parte l’esperienza ad averla resa così accorta, capace di slanci e di misura. Ma forse Varda ha sempre saputo come trovare questo equilibrio, che le ha permesso in carriera di realizzare tutto quello che racconta nell’autobiografia. Una strana alchimia che si ritrova nei suoi film. Non tutti sono al livello dei capolavori, ma ciascuno ha un suo senso, una sua ragione, una sua energia.

Les plages d’Agnès è un avvincente viaggio attraverso il ’900, la testimonianza del cammino di una grande artista e di una donna eccezionale. Un film che, per le soluzioni formali cui abbiamo accennato, dovrà essere studiato da chi vorrà cimentarsi con la macchina da presa. In definitiva è un film necessario, commovente come pochi. Un tripudio di intelligenza, leggerezza e grazia uniche.

 

Nicola Falcinella


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