A suo tempo avevamo debitamente avvertito con interrogazioni che le linee guida varate tre anni fa dalla regione Lombardia, fortissimamente volute dal suo presidente Roberto Formigoni erano un accrocco illegittimo e illegale: che era inaccettabile che una materia così delicata come l’aborto potesse essere disciplinata differentemente sul territorio individuale e che le Regioni potessero stabilire le condizioni per l’accesso alle tecniche abortive.
Si trattava, e l’abbiamo detto inascoltati, di linee guida in evidente contraddizione con la legge 194 sull’aborto. Alle nostre interrogazioni e ai nostri atti parlamentari non è mai stata data risposta, comportamento usuale per un governo “latitante”; così abbiamo dovuto attendere tre anni e l’intervento del TAR che finalmente ha ripristinato legalità e il buon senso.
La sentenza del TAR è inequivocabile: il termine fissato dalla giunta Formigoni delle 22 settimane contrasta con la legge nazionale. Ora ci attendiamo le consuete geremiadi degli esponenti del centro-destra, che denunceranno una inesistente “invasione di campo”; prima hanno “tradito” la legge, ora si scaglieranno contro chi quella legge la vuole applicata secondo lo spirito del legislatore. Speculatori prima, speculatori ora. Per parte nostra, un grazie agli avvocati Vittorio Angiolini, Ileana D’Alesso e Marilisa D’Amico, che con ammirevole costanza e caparbietà lodevole conducono da tempo battaglie a favore dei diritti di tutti contro gli abusi, le prepotenze e le arroganze degli zuavi pontifici professionisti in servizio permanente attivo.
Maria Antonietta Farina Coscioni
(da Notizie Radicali, 3 gennaio 2011)
La politica non deve ostacolare,
ma sostenere chi applica la legge
Sull'argomento riportiamo anche una dichiarazione rilasciata ieri da Silvio Viale, presidente di Radicali Italiani:
«Che le Regioni non possano imporre limitazioni della legge era evidente. Come è altrettanto evidente che i singoli medici non possono opporsi alle imposizioni di direttori generali e direttori sanitari, se non sostenuti. Trenta anni di indifferenza hanno collocato l’aborto ai margini del sistema sanitario e della ricerca scientifica, relegando i medici non obiettori ad una sorta di volontariato a perdere, scontato per chi si dichiara favorevole alla 194 e osteggiato da chi è contrario. La sentenza del TAR della Lombardia è soprattutto una lezione per Cota, Zaia e Polverini, ma non basta. Occorre una programmazione che garantisca un numero sufficiente di aborti (sufficiente per numero, quantità e qualità) nei principali ospedali di ogni regione, fissando le quote di medici non obiettori da garantire mediante la mobilità, come è previsto dalla legge 194 del 1978. Troppo spesso si deve assistere a iniziative di difesa, certamente meritorie, ma fini a se stesse, che non pongono le donne e le loro esigenze al centro dell’iniziativa politica in modo continuativo, lontano da demagogiche ipocrisie.
Molto bene la sentenza del TAR, ma ora? Non è che prima di quella delibera tutto andasse bene in Lombardia. Non si può eludere che alla Mangiagalli, un simbolo per le donne, la RU486 è utilizzata solo simbolicamente, mentre al S.Anna di Torino, nonostante Cota è usata ne 23% delle IVG». (Silvio Viale, Radicali.it)