Il 4 gennaio 1960 lo scrittore e filosofo francese Albert Camus, nato e cresciuto nel villaggio di Mondovi alla periferia di Algeri, muore in un incidente d'auto insieme al suo amico ed editore Michel Gallimard, mentre rientrano a Parigi dalle vacanze natalizie trascorse a Lourmarin: un villaggio situato nel Sud della Francia dove, con i proventi del Nobel, aveva acquistato e arredato una casa per la sua famiglia. Il manoscritto non ancora concluso dell’ultimo romanzo di Camus, Il primo uomo, è salvato dal quel disastro. Nel 1957 Camus fu insignito del Premio Nobel per la letteratura per i suoi romanzi più noti: Lo Straniero e La Peste. A 50 anni dalla prima pubblicazione, Lo Straniero rimane un bestseller in Francia. Nell'ottobre 1995, Il primo uomo è stato finalmente pubblicato in inglese, 30 anni dopo la morte di Camus. La figlia Catherine, un’intera vita dedicata a custodire e gestire le memorie del padre, sceglie di pubblicare il manoscritto inedito. La bozza è stata redatta con le note dell'autore, il che amplifica il procedere e lo sviluppo del romanzo. Edito in questo modo, Il Primo Uomo mette a nudo lo svolgimento di un’opera: qualcosa che si vede solo molto raramente. Il romanzo stesso è una meditazione profondamente autobiografica sull'infanzia povera di Camus, in una famiglia senza padre, in Algeria all'inizio del secolo. Anche se rimasto incompiuto, questo testo testimonia l'intuizione e la sensibilità caratteristiche di Camus, dimostrando chiaramente come il suo lavoro migliore rimanesse ancora da fare, al momento della sua morte tragica e prematura avvenuta all'età di 47 anni.
Il mondo di Camus, a oltre mezzo secolo di distanza, ci coinvolge con la sua verità e ci parla del nostro tempo in maniera impressionante. La sua acuta e profonda lucidità, unita a una capacità di analisi affinata alla luce di un’esperienza vissuta sulla propria pelle e capace di confrontarsi con le voci più diverse e accreditate della cultura e della storia del suo tempo, gli hanno permesso di acquisire una lungimiranza di portata straordinaria e di valenza universale, alla quale è forse possibile attingere, oggi più che mai, per trovare una chiave di lettura e di discernimento degli eventi e dei fatti storici e sociali nei quali siamo immersi e di fronte ai quali sentiamo, come in una sorta di dedalo, la nostra sorte giocata. Francese algerino (quindi pied-noir), nato in una famiglia molto modesta il 7 novembre del 1913 e subito orfano di padre, una passione tormentata e mai interrotta per la sua terra natale, ha assunto presto una posizione portante e significativa nella cultura e nella storia francese ed europea, divenendo una delle rare personalità capaci di attraversare criticamente il Novecento.
Considerato a pieno diritto uno dei padri dell'esistenzialismo, è stato parte attiva e supporto teorico della Resistenza ma le sue posizioni individuali, critiche e già dissociate dal socialismo reale erano osteggiate dalla sinistra, mentre la destra, che adesso cerca di appropriarsene parlando di religiosità profonda e neoplatonismo e puntando a farne un emblema facendolo salire agli onori del Pantheon, lo denigrava per il suo costante impegno sui temi sociali e della pace. A questi temi, già ampiamente trattati e mirabilmente messi in evidenza nelle sue opere, egli dedica un’attenzione particolare e uno studio accurato e specifico con la pubblicazione, sulla rivista Combat, di cui era collaboratore, e direttore insieme a Pascal Pia dal 1944, di otto brevi saggi che furono poi raccolti ed editati sotto il titolo di Ni victimes Ni bourreaux, apparsi a puntate dal 19 al 30 novembre 1946, e che qui verranno presentati, rispettandone la modalità e la sequenza, nella convinzione che i loro contenuti, pertinenti e sottili, non lascino indifferenti i lettori attuali.
Questi saggi rappresentano una condensazione del suo contributo ai problemi della convivenza fra i popoli e della pace, consegnati alla storia e all’umanità per essere vissuti e attraversati nella speranza che gli errori del passato non debbano per forza perpetrarsi all’infinito, così come il romanzo rimasto incompiuto (Il primo uomo), che egli stava scrivendo al momento in cui la sua auto si schiantò contro un albero era la risposta di Camus alla questione algerina, che dal 1954 lacerava la Francia, l'Algeria e l'Europa, e che fu storicamente il primo, o uno dei primi laboratori di quei conflitti che agitano così profondamente i nostri tempi e il mondo intero.
Sabato 1° Gennaio 2011
Ivana Cenci