Claudio, lo dico a te: la parola 'cercare' viene dal latino 'circare', andare intorno in cerchio, finchè invenio,vengo in, trovo dentro. Circare etima KIR KA ER = KI IR KA ER 'cammino della terra anima dell'andare'.
Il KI LIB,la totalità in sumero, può essere circata, esplorata in circolo, fino ad invenire, a trovar dentro, quello che si cerca. KI è 'terra', LIB è 'cielo'. BIL KI LIB è il doppio circolo del Cielo e della Terra.
– La mia 'ricerca' etimologica fa goal: RI-cerca antepone RI lettura di IR, 'andare' – possiamo azzardare in sintesi.
Vado e vengo nelle sillabe da anni. A DE A ti mostra l'acqua della fonte primaverile espressa in modo circolare: DE A nella seconda parte (dea) e A DE (ade) nella prima, l'origine della vita e l'inferno.
Il KI della terra si ritrova in ERESH KI GAL, la regina degli Inferi, che, sillabata E RESH KI GAL ci mostra 'casa profumo terra aldilà'. È un profumo che viene da sottoterra. Ci lascia KI ERESH. Alma Ceres è MA AL KI ERESH, la divinità celeste alla quale Virgilio è devoto, ed è la Giunone saturnia, il lato femminile di Saturno.
Perché tutta questa mia lungaggine epistolare?
Perché mentre aspetto che Tellusfolio pubblichi la scaglia del mio viaggio archeologico, e cioè il “Dio sovrano” penso che gli accademici potrebbero istillarti dubbi sulla mia linea investigativa, e allora peroro la mia causa.
Tellus, la terra, KI, ci ha fatto incontrare in Tellusfolio, grazie al fatto che tu non sei 'inquadrabile'.
Conto che tu non ti faccia inquadrare da qualche antenna che hai nell’università!
Con simpatia,
Carlo
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Caro Carlo, ho grande interesse per quanto scrivi. Non da addetto ai lavori. A me incuriosisce l'andamento narrativo della tua ricerca linguistica. Al “viaggio” rimanda la rubrica dove sei ospitato. E ogni viaggio ha qualcosa di avventuroso. Compreso incidenti ed agguati ermeneutici se ci saranno.
Questo rende suggestiva e interessante la scrittura sul ramo del sapere che ti interessa.
Semerano anche questo compì da maestro. Altrimenti è materiale per polverosi scaffali universitari e non per un giornale-rivista web come Tellusfolio.
Impossibile che pressioni più o meno accademiche possano farmi cambiare opinione.
La creatività e il sapere vengono fatti sposare dagli irregolari.
Un caro saluto, Claudio.
DIO SOVRANO
Per cominciare bene il nostro “viaggio” bisogna recuperare il concetto di ‘dio sovrano’ di un popolo, elaborato da G. Dumezil (G. DUMEZIL, Il libro degli Eroi, Milano 1969, Georges Dumezil – tit. orig. Les dieux souverains des Indo-Europeens), togliendolo dalla sua ‘spazzatura ideologica indoeuropea’: ‘dio sovrano’ è cosa buona per orientare l’archeologia linguistica.
A maggio abbiamo fatto due passi in Tellusfolio (Saluto a Semerano, Saturnia tellus).
La terra saturnia è la prima [metto in virgolette per evitare accuse di fondamentalismo] ‘certezza’ archeologica nella nostra storica Italia.
L’uso del nostro metodo, la teonomasiologia (TO) –studio comparato dei nomi degli dèi–, si è rivelato fecondo perché ci ha portato ad individuare l’etnia etrusca ed il punto di vista ribelle di Virgilio –velato ai Romani–; autore sotto gli occhi di tutti, che l’ideologia ha però stravolto nella lettura della sua identità.
Chiamiamo ‘ideologia’ ciò che orienta il pensiero a scopi etimologicamente falsi –cioè non corrispondenti alle intenzioni dello scrittore che si legge–, secondo l’insegnamento generale del sociologo Karl MANNHEIM, Ideologia e Utopia, 1957 Bologna.
Vergilius Maro, ovvero Maru – sacerdote-giudice etrusco – non poteva tradire il suo dio sovrano, fino a scrivere a rischio della vita [con pace per il traduttore Luca Canali che lo descrive come vagamente agnostico nel suo svago narrativo Ognuno soffre la sua ombra, soffrendo anche lui la propria ombra].
Avremo modo di accertarci a lungo, con calma nel corso del nostro viaggio, dell’esattezza dell’individuazione dei connotati storici di questo autore conosciuto solo tramite i ‘si dice’, ma testimoniato bene da tutta la sua opera: Virgilio, di madrelingua etrusca, è passato alla storia come latino perché in questa lingua si espresse in modo magistrale. Petronio arbiter elegantiarum lo celebrò, meno di cento anni dopo, ‘unico Romano con Orazio pari ad Omero’; ma Romano non fu. La sua genialità è così grande da aver passato il vaglio ‘di tutti’ per 2000 anni tenendo il velo sulle proprie ‘sacre fonti’.
Virgilio è il nostro viator (sulla traccia di Dante, che gli fu pari in arte poetica e lo adottò come compagno di viaggio); lo prendiamo ad esempio e guida per esplorare il mondo della protostoria in modo nuovo.
Ripetiamo –e sollecitiamo vostre domande al di là di ogni pudore– (spudorato sono io che scrivo isolato da tutti; voi lettori scrivete pure col consenso; io non sarò ostile con nessuno: l’isolamento mi soffoca e solo voi lo potreste terminare):
Virgilio non era latino di madrelingua.
Il rivelamento dell’etnia di un sapiente come lui può aiutar a dischiudere le fonti dell’antichismo.
La TO è la nostra tecnica base di archeologia linguistica; è strumento per lo studio delle origini per mezzo delle parole, perché permette di affrancarci da sensi unici consolidati del pensiero. Consiste nel mettere a fuoco il dio sovrano del sapiente che scrive.
Per l’occhio culturale del Cristiano, di religione missionaria, Cristo Re è un fatto esplicito e conclamato. Per il credo di un pagano, devoto ad un pantheon e non votato al proselitismo, il tema è invece molto opaco. Per il credo di un soggetto a Roma, divoratrice onnivora, il proprio dio sovrano fu tabù in pubblico fino ai tempi di Augusto.
ENCICLOPEDIA VIRGILIANA
[Sei volumi, editi nel 1984, dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, della Treccani di Roma.]
scrive
In I, p. 693: «Non è il singolo vocabolo che va considerato, bensì il vocabolo come elemento di un contesto linguistico entro il quale si potenzia di sempre nuove connotazioni semantiche».
La nostra concordanza con questo insegnamento è completa: Virgilio è un Autore compatto. Nell’opera di Virgilio il singolo vocabolo –es.: segetes in Quid faciat laetas segetes incipit delle Georgiche– va tradotto correttamente con ‘terre seminative’, secondo l’insegnamento degli indoeuropei Ernout e Meillet e, una volta individuata l’etnia dell’Autore, la sua fede religiosa, e Saturno dio della semina tutto diventa chiaro. Una traduzione scorretta –‘messi’– discende dalla sua supposta etnia romana e da una lettura di Cerere come dea romana delle messi, avulsa da Saturno. Alma Ceres è la dea alla quale le Georgiche sono dedicate. Che dea era questa, prima di diventare una ‘panettiera’? La dea sovrana etrusca, Saturno femmina!: questa ipotesi sarà il nostro nuovo impegno esplorativo.
Ma, andiamo per ordine.
Quali sono i punti chiave per svelare le intenzioni del genio linguistico?
1.La sua etnia etrusca. II, 411 di Enciclopedia Virgiliana: «tanto più che lo stesso poeta poteva vantare, attraverso la sua nascita presso Mantova, un’origine etrusca». Gordon lo sostiene dal 1934, che era di padre etrusco e di madre veneta. Elio Donato, latinista del IV secolo, la fonte di Gordon, scrive che era figlio di due maghi e la ‘magia Polla era la madre veneta’. ‘Vantare’ non va inteso in questo caso con ‘dichiarare con orgoglio’, ma adombra l’opinione dei latinisti che hanno l’incredibile supponenza che li fa ad ‘insegnare’ a Virgilio la sua ‘vera’ origine romana.
2.Il suo dio sovrano: Saturno. Una cosa buona è stata sostenuta da Dumezil: la religiosità è la chiave per leggere i testi della protostoria e l’individuazione del dio sovrano è fondamentale per provar a scorgere l’etnia di un popolo.
Gli Etruschi chiamavano se stessi RA SH NA –‘generazione del Sole e della Luna’– (questo appellativo viene detto etnico ed è il nome con cui un popolo presenta se stesso). AN SH AR (reciproco per sillabe di RA SH NA) è uno dei nomi anatolici di Saturno. L’onomasiologia premia la ricerca teonomasiologica con questa identificazione.
Saturno è dunque il dio sovrano degli Etruschi: basta leggere in sumero il loro etnico ed il reciproco. AN SH AR significa ‘Cielo Luna Sole’. È rappresentato a Yazilikaya (www.atamanhotel.com/whc/hattusa-yazilikaya-relief.html) –200 km a est di Ankara, in periferia dell’antica Hattusa–, anche col dio Shar-ruma, figlio di TE SHUP e di HE PAT. È compito nostro, di Italiani, discendenti diretti degli antichi italici, portare agli studiosi di tutto il mondo il nostro contributo sul retaggio culturale di Yazilikaya: gli Etruschi uscirono da qui. La regina PU DU HE PA, costruttrice di questo tempio a cielo aperto, convinta di divenir dea HE PAT alla propria morte, ci lasciò questa testimonianza.
Ruma è il nome etrusco di Roma. ‘Sacro/a Ruma’ è una traduzione di Sharruma.
Sharruma è figlio di PU DU HE PA; la Costituzione ittita non lo autorizzava al trono perché anche suo padre aveva occupato abusivamente il potere. Come Sharru kin, ‘il re è legittimo’, noto come Sargon, sovrano iniziatore della stirpe accadica, Sharruma viene dichiarato legittimo dal monumento eretto dalla madre.
E ‘maru’, sacerdote-giudice, è il reciproco per sillabe di Ruma.
Macrobio (Teodosio MACROBIO, Saturnalia, 1967 UTET, Torino) aveva capito bene, sul finire del IV sec. e ad inizio del V: Saturno è l’unione della Luna (Diana) e del Sole (Apollo).
Giovanni Semerano è il maggior esperto degli Etruschi. Ne Il vaso di Tragliatella e un mito etrusco della creazione, a p. 893 delle sue Le origini della cultura europea descrive la figurazione del vaso etrusco «il ciclo della ierogamia cosmica, dell’unione tra la luna e il sole (p. 896)».
E la luna ed il sole ‘firmano’ il Fegato di Piacenza, un bronzetto etrusco del II sec. a.C. utile per la lettura dei nomi degli dèi e per prova della divinazione fatta per mezzo dell’indagine delle anomalie del fegato di un animale sacrificale. Varrone chiamava gli Etruschi ‘Tuschi’. TUS KI sono le sillabe riferibili a scritture ipotetiche KI SUT, crasi di KI SU UT, ‘terra luna sole’. KI LIB è la totalità sumera. KI SUT pare una sintesi omologa. AN KI SE è il padre di Enea < A ENE A, che ha madre U EN U (abl.).
La patefactio hepatis, la manifestazione del fegato (HE PAT), era lo scopo dell’indagine del aruspex, che leggeva attentamente (spex) il sacro (RU A sumero, da leggere A RU).
La rappresentazione delle sculture in pietra di Yazilikaya è opera del popolo degli Hurriti/Qurriti, e PU DU HE PA era loro regina . Gli Hurriti sarebbero gli Etruschi in Anatolia.
Romolo Quirino, indagato da Dumezil, dovrebbe giustamente, come lui dice, attirare l’attenzione sulla parola quiris. Quiris romanus sum! diceva con orgoglio il Romano, che aveva dimenticato il significato originario dell’epiteto ante Romolo;ma questa focalizzazione dovrebbe portare infine agli Hurriti/Qurriti, progenitori dei Grandi Quiriti (gli Etruschi) e dei piccoli Quiriti (i Romani) [re.: Georgiche IV 197-202: «apibus mirabere morem […] ipsae regem parvosque Quirites // sufficiunt aulasque et cerea regna refigunt» tr.: stupirà il costume seguito dalle api […] da sole rinnovano i re e i piccoli Quiriti, e riformarono la corte e i cerei regni].