Vicenza, 30 novembre 2010 – È un piacere ed un privilegio insieme, ogni nuova volta, incontrare Patrizia Garofalo. Rammento ancora la prima occasione, nel 2008 (foto), in una delle presentazioni organizzate dall’allora neonata CaRtaCaNta, ovvero qui. In quell’occasione Patrizia lasciò un segno indelebile; poi le reiterate collaborazioni, il suo prezioso editing al mio romanzo, la bella prefazione che tanto ha rappresentato per me e della quale le sarò sempre grato; la cura di una splendida serata in compagnia di Beppino Englaro, qui.
C’è tutta una storia di frequentazioni dietro, di condivisione di passioni e ossessioni, di confronto dialettico e il riconoscersi in affinità di intenti e di ricerca. «Compagni di viaggio e di vita», come ha giustamente sottolineato lei.
Ieri sera alla libreria Quarto potere ho presentato in tandem con l’amico Alberto della Rovere la silloge di poesie Il Dio dell’impossibile, ultima raccolta edita di Patrizia. Mi spiace per coloro che non c’erano perché non è riferibile a parole il sentimento che accompagna l’accostarsi a questa poetessa, alla sua carica umana, al carisma che invade. Le abbiamo permesso di condurci alla deriva – allegria di naufragi! – con le parole, col calore e la verità che sa sprigionare in questi momenti singolari.
Non voletecene se abbiamo avuto l’impudenza di sentirci degli eletti. Era solo ed unicamente perché lei era lì con noi.
Patrizia stessa ci ha invitato a spogliarci delle sovrastrutture culturali e avvicinarci al suo poetare con l’umiltà e l’empatia che ci rende disponibili a gettare un ponte verso l’Altro quando, avvicinandolo, sentiamo affiorare meraviglia e curiosità. E allora mandiamo a farsi benedire la scaletta, doverosamente imbastita per tributare omaggio alla nostra ospite, e lasciamo fluire le emozioni. Perché, come scrive profeticamente Paolo Ruffilli nella sua post-fazione alla raccolta: «La fuga del tempo, il defilarsi delle occasioni, la corsa in avanti e, in fondo, il dissolversi graduale della vita non hanno partita vinta in questa poesia [...]».
Patrizia ha apparecchiato per il dolore al suo desco; ci ha invitato a guardare in volto i suoi fantasmi, le prove che la vita le ha riservato, la lacerazione e la scissione dell’io per la quale chi non è abituato al raccoglimento, nel silenzio della propria solitudine, non può e non riesce a prestare orecchio. Ha condiviso la sua copia personale de Il Dio dell’impossibile, Patrizia, affinché potessimo lasciare le nostre orme sul bianco della pagina, tra le tessere del suo sentire e ricomporsi.
Abbiamo molto apprezzato gli interventi di Ivana Cenci, infaticabile vestale di ARTéMIS, Giardino Freudiano e altre intraprese in questa nostra città travagliata, distratta e riottosa quando si parla di cultura; quell’immediata sintonia che ha creato con la nostra ospite e l’invito rivoltole a leggere personalmente alcune delle sue composizioni. Patrizia ha colto la sfida e – caso più unico che raro per chi la conosce – ha letto.
Sentire la sua voce, il ritmo impresso al dettato, le sfumature del tono, l’accentazione di alcune parole chiave e le varianti in corso di lettura è stata un’esperienza per la quale serberò memoria nel tempo.
Grazie Patrizia. Su gentile concessione edito una lirica composta per l’occasione:
Ci si dovesse incontrare
sarebbe profondo respiro
conservato dal sogno
accanto alla penna
trascrive l’insonnia
consegna l’alba alla parola.
La tua
consola
grembo di ippocampo
le mie parole dedicate a te
Non toccare le stelle
neanche quelle marine
quarti di luna
lampare-amare
Ci si dovesse incontrare
Sarebbe palpito di mare
Nuda corteccia ci ricopre come pelle staccata dall’anima
tronchi antichi d’ulivo
vivi d’acqua di mare
specchiati dal quarto di luna
screziati d’argento.
(Patrizia Garofalo)
Alberto Carollo
(da Il blog di Alberto Carollo)