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Guillermo Cabrera Infante. Todo está hecho con espejos (1999)
06 Dicembre 2010
 

Todo está hecho con espejosTutto è fatto con gli specchi, anche se non esiste una traduzione italiana – è l’ultimo libro pubblicato in vita da Cabrera Infante, se si esclude la versione spagnola di Holy Smoke edita come Puro humo (2000). Si tratta di una raccolta di racconti ancora una volta basata su doppi sensi, cubanismi e giochi di parole, pieni di ritmo e originalità, che sembrano ricalcare il primo lavoro di narrativa breve edito nel 1960. Pubblica il colombiano Alfaguara del Gruppo Santillana, editore di molti lavori dello scrittore cubano, adesso non così fedele visto che ha messo fuori catalogo tutte le opere minori.

Il racconto è antico come l’uomo. Forse persino più antico, perché ci possono essere stati dei primati capaci di narrare storie composte da grugniti, origine del linguaggio umano: un grugnito bene, due grugniti meglio, tre grugniti già sono una frase. In questo modo è nata l’onomatopea e con lei, subito dopo, l’epopea.

L’introduzione al libro porta il lettore nel clima surreale di molte storie, dedicate a Miriam Compiladora, nomignolo con cui identifica la moglie Miriam Gómez, a lui vicina fino alla morte.

I racconti sono stati scritti tra il 1952 e il 1992, sono stati lievemente ritoccati e copiati nel 1998. Cabrera Infante li pubblica sotto la denominazione Racconti quasi completi, perché dopo averli riletti li ha trovati sufficientemente divertenti perché altri possano leggerli. Spero che provino lo stesso piacere che ho provato io a scriverli, dice. E avverte che l’ordine è arbitrario e non indica come devono essere letti, perché solo il lettore è sovrano nella scelta.

Aggiunge lo scrittore: In questo libro sono presenti le mie preoccupazioni per il linguaggio cubano portate al suo limite estremo, soprattutto nel racconto La duración del tiempo. I racconti sono uniti dall’uso della prima persona singolare e da una grande loquacità, vizio o virtù degli avaneri, prima che il loro universo fatto di parole diventasse laconico. Le mie versioni sono povere riflessioni del racconto orale (relato oral) che ha Cuba ha preso il nome di confusione reale (relajo real). Voglio avvertire che nessuna voce rappresenta l’autore, a parte quella di questo avvertimento che inserisco in apertura e che i racconti fanno diventare inutile.

Sin dalla premessa apprezziamo i giochi di parole intraducibili e la confusione linguistica con cui Cabrera Infante ama lavorare; la sua vocazione alla menzogna lo porta a nascondersi dietro ai personaggi che - al contrario di quanto afferma - sono molto autobiografici.

Mi personaje inolvidable apre la raccolta e ci presenta uno zio Pepe Castro, orientale di Gibara che legge molti giornali, è leale verso l’esercito professionale cubano, innamorato della musica - soprattutto l’opera italiana -, appassionato di sport, ammiratore della cultura fisica, della boxe, della cultura in generale e fanatico dell’igiene corporale. Pepe Castro in un primo tempo è germanofilo, diventa filoamericano, si appassiona al nazismo, ma alla fine riversa tutta la sua passione nella Rivoluzione che diventa l’ultima delusione della sua vita. La finzione dello scrittore si conclude con la notizia della morte di Pepe Castro appresa quando si è trasferito a Londra, dopo aver lasciato lo zio alla ricerca di una nuova ossessione per riempire il vuoto della sua vita.

La voz de la tortuga si sofferma a descrivere le qualità della camagua, la specie che raggiunge dimensioni maggiori tra le tartarughe marine, anche se la sua carne non è molto ricercata.

Josefina, atiende a los señores è un racconto originale per stile di scrittura, visto che usa lo slang avanero poco colto, quasi intraducibile per un lettore italiano. La voce narrante è quella della padrona di casa che racconta pregi e difetti della servetta Josefina.

Visita de cumplido narra le mille difficoltà di un ragazzo che deve andare a far visita alla zia Luisa, ma si scontra con la burocrazia comunista e con la crisi dei trasporti pubblici. Serve un motivo valido per recarsi da Gibara a Virana, una visita di cortesia non è sufficiente per utilizzare i mezzi statali, ma una volta superato questo problema c’è da fare una lunga fila per acquistare il biglietto e bisogna sperare che l’autobus parta in orario. Il racconto ci fa conoscere la campagna cubana dove le difficoltà sono esasperate rispetto alla capitale: «Qui non c’è niente da mangiare. Non sai da quanto tempo non vediamo la carne e non arrivano dai campi neppure le banane. I contadini seminano poche cose, perché non ha senso lavorare per consegnare tutto allo Stato, e quelle poche se le mangiano loro. E poi mancano gli attrezzi per raccogliere i frutti dei campi e persino i macchinari per trasportare i prodotti. Il latte è previsto solo per chi ha bambini con meno di sette anni. Come vedi viviamo in un paradiso». La delusione per una rivoluzione che ha tradito gli ideali è sempre presente nei dialoghi tra cubani: «Sai chi fa parte dei Comitati di difesa della Rivoluzione? I vecchi batistiani. Chi aveva simpatie rivoluzionarie adesso è in galera, è morto o sta cercando di fuggire dal paese». Il giacobinismo culturale impazza: persino il ballo è considerato controrivoluzionario.

Oceania è un ricordo d’infanzia d’una vecchia santera orientale che fa venire a mente Il posto delle fragole di Ingmar Bergman, regista svedese caro a Cabrera Infante. Il racconto fa capire le proprietà magiche e mediche delle piante, soprattutto della ceiba, regina della savana, albero temuto e rispettato dal lampo, dal fuoco e persino dall’uomo che non lo può abbattere se non vuol soffrire anni di disgrazie. Oceania è un ricordo del passato, una persona mai più rivista, un pensiero che viene da lontano e profuma di nostalgia.

Cuando leyendo a Catalina Ana Portera sobre la gran Gertrudis Piedra è un racconto molto breve che ha per tema la letteratura. L’autore parla dei dialoghi di Hemingway per dire che sono perfetti per quanto sono falsi, ma in letteratura conservano grande efficacia. L’autore conclude che la letteratura è una forma di nostalgia e che le cose scritte non appartengono più all’autore ma ai suoi lettori, perché lo scrittore cambia con il passare del tempo.

Un dia de ira è il racconto di un’esplosione che sconvolge la città, vista dagli occhi di un giovane che seduto sul marciapiede pensa alle persone morte, alla mano criminale che ha ucciso indifferentemente ricchi, umili e poveri, divenuti loro malgrado eroi per un giorno.

Darle vueltas a una ceiba mette ancora una volta in primo piano il tema della santeria e delle proprietà miracolose di una ceiba, albero magico per eccellenza nella religiosità cubana. In Piazza del Templete, all’Avana, c’è una grande ceiba secolare ed è pratica diffusa girare intorno al suo tronco per esprimere un desiderio.

La duracion del tiempo è un racconto complesso e quasi intraducibile perché scritto come un flusso di pensieri di un avanero ignorante, quindi pieno zeppo di errori e di cubanismi. A Cabrera Infante piaceva molto perché rappresentava la sua reale preoccupazione per la lingua, ma per un lettore comune non è facile seguire il filo della narrazione.

Madre no hay mas que una è un racconto surreale che narra l’amore di un figlio per la madre, superiore a quello provato per la moglie. Al tempo stesso l’autore affronta un discorso critico sulla situazione cubana, sulla mancanza di carne, di generi alimentari e sulla relativa impossibilità di dare vitamine e proteine a chi ne ha bisogno. Alla fine la moglie si mangia la madre e trasforma le sue ceneri in fonte di vita, nelle vitamine che tanto mancavano.

Historia de un baston y algunos reparos de Mrs Campbell è un racconto che costituisce un capitolo del vecchio Tre tristi tigri - il libro più famoso di Cabrera Infante - che per l’occasione lo ripropone in forma autonoma. Los Reparos e Muerte de un autómata sono la continuazione delle avventure di Mrs Campbell in visita all’Avana, innamorata del cabaret Tropicana, della calda e piovosa primavera tropicale, estasiata dalle bellezze della capitale.

Delito por bailar el chachachá è il titolo di un romanzo del 1995, ma lo ritroviamo anche in questa raccolta sotto forma di breve racconto ricco di dialoghi e di riferimenti metaforici alla situazione politica cubana. Cabrera Infante critica il comunismo: «Il comunista è un animale che dopo aver letto Marx attacca l’uomo… qualche volta troviamo un vero comunista che sembra completo o felice…». E ancora, detto in forma ironica, ovviamente: «Tutto il male viene dal Nord, sconvolto e brutale, che ci disprezza. Persino il freddo viene dal Nord». Un dialogo critica il mambo come musica contaminata dall’influenza nordamericana, corrotta dal jazz, ma soprattutto perché il mambo corrisponde a un periodo di furti e peculato messi in atto dai presidenti Grau e Prío. Il chachachá è un ballo popolare, inimitabile, nero e amato da tutti, ma rappresenta il peggior periodo per un comunista, perché è il ritmo degli anni Cinquanta e del terzo golpe del dittatore Batista. Lo scrittore racconta anche la sua fanciullezza di studente prodigio che aveva come amici Orazio, Petronio e Virgilio, ma il suo primo complice è stato il Satyricon di Petronio, letto a dodici anni. Mirabile la chiusura politico-letteraria: «L’arte è colpevole, perché Cuba è socialista, è stata dichiarata socialista per decreto, e nel socialismo l’uomo è sempre colpevole. Teoria dell’eterno ritorno della colpa, cominciamo con il peccato originale e finiamo nel peccato totale».

Listas è un racconto surreale a base di elenchi, disposti come se fossero poesie, ma non è tra i lavori memorabili della raccolta.

El fantasma del Cine Essoldo - El fantasma de la Opera realmente existió è un racconto cinematografico che rivela lo spirito critico di Cabrera Infante, ma si ricorda soprattutto per la domanda: «Non ti rendi conto che la pellicola finisce così come finisce la vita?».

Un jefe salvado de las aguas è la storia di un poeta pederasta come ce n’erano molti a Cuba negli anni Quaranta. Il poeta pederasta era nero e viveva con un altro poeta pederasta bianco, ma i due non dividevano il letto perché non si sopportavano, condividevano soltanto la casa. La storia diventa politica quando l’autore inserisce un poeta mulatto che diventa comunista (Guillén?), privo di talento ma allenato a scrivere liriche per adulare il potere. I due poeti pederasti, invece, sono fascisti e vengono messi da parte a vantaggio di chi ha capito come si può fare una veloce carriera.

Il libro si chiude con La soprano vienesa - El fonógrafo siempre destorsionará - Thomas Alva Edison, la storia d’amore di uno scultore ungherese e di una soprano viennese immersa nella scenografia realistica dell’Avana anni Quaranta-Cinquanta.

Guillermo Cabrera Infante si conferma scrittore di racconti e abile giocoliere di parole, poco interessato alla narrazione e alla trama - ciò che volgarmente definiamo plot - ma affascinato dallo stile e dal modo di usare e di modificare il castigliano e il dialetto cubano. La sua lingua si modifica, inventa neologismi, si fonde con il gergo parlato e con lo slang cittadino, descrive i personaggi e situazioni.

 

Gordiano Lupi


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