Forse è passato un principe ed ha baciato l’Italia catalettica sulla bocca e l’Italia ha dato un urlo.
Forse il vaso era pieno e l’ultima goccia di una riforma infame firmata Mariastella l’ha fatto traboccare.
Forse la storia è un’altalena che una volta ti sbatte a terra e l’altra ti solleva in cielo.
Forse gli specchi magici si sono rotti e ognuno s’è visto nella faccia dell’altro e non s’è piaciuto.
Forse a tutto c’è un limite e il limite della decenza è stato ampiamente superato.
Forse c’è un tempo per raccogliere pietre e un tempo per tirarle, come insegna in altre parole l’Ecclesia.
Forse era semplicemente ora che si facessero i conti con una realtà balorda.
Forse il cavalierato di uno non basta per mandare tutti a piedi.
Forse nono siamo né santi né poeti né navigatori, ma siamo un popolo che tante volte è caduto e altrettante volte si è rialzato, con una forza in più.
Forse abbiamo una Carta Costituzionale che ci protegge e avvolge come una coperta miracolosa, e non ci permette di far la fine dei sorci, che tutto sommato non ci meritiamo.
Forse semplicemente siamo italiani, eredi di un Risorgimento che ci ha portati all’Unità Nazionale, un bene immenso che lavora dentro ognuno di noi: “I nomi del Risorgimento sono vivi, sono dentro di noi, ci appartengono”.
Forse semplicemente il tempo è maturo per la riappropriazione della dignità di questo Paese, buttata alle ortiche per seguire l’ennesimo tronfio paranoico scambiato per il salvatore dell’Azienda Italia.
Vieniviaconme, e non si aspettava che un invito ad andarsene per decidere di restare qui, dove la terra è più terra che altrove, perché è la propria, e quella degli avi e dei figli, ma dove c’è molto da lavorare, molto da risanare, e ben venga, le nostre radici contadine non chiedono altro che di rimettere mano a una bonifica quanto mai necessaria per riportare a terreno fertile una spianata di cemento e immondizia, ben venga l’ora di rimettersi a sudare per sentire che ancora siamo vivi, e forti, e volenterosi, e disperati, e fiduciosi, come sempre siamo stati e saremo, nonostante la balordaggine di cui ogni tanto diamo prova, ma pronti sempre a dire basta quando sull’orlo del baratro si riscopre il valore di questa terra e dei Padri che ce l’hanno lasciata.
Vieniviaconme e Mario Monicelli si butta dal balcone dell’ospedale di San Giovanni a Roma e si fa l’ultimo volo alla faccia dei suoi 95 anni, leggero come un angelo, sua ultima provocazione di una vita di provocazioni che ci ha lasciato un patrimonio cinematografico di inestimabile valore, la sua Commedia all’italiana fatta da un italiano di razza, con l’occhio penetrante di un’aquila e il tocco di un mago, e addio Monicelli e grazie ancora per il tuo ultimo film durato solo qualche secondo e che lascia il solco più profondo della tua arte, e mentre tu volavi di sotto sui tetti degli atenei d’Italia studenti insegnanti ricercatori sostenitori contavano le stelle, e contavano i minuti che li separano da un giorno migliore, un giorno da vivere in pieno a maniche rimboccate e a denti stretti, per ripulire gli spazi contaminati dalla stoltezza di un momento durato troppo a lungo, ma non eterno per nostra fortuna.
Oggi si decide alla Camera sulla Riforma, meglio non scendere dai tetti finché non si sapranno gli esiti: da lassù tutto appare più piccolo sotto lo sguardo, ma sopra “il cielo è sempre più blu”.
Maria Lanciotti