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Alberto Figliolia. "Everybody's Fine" di Kirk Jones
26 Novembre 2010
 

Un padre in cerca dei figli. In giro per gli States, per rintracciarli, uno per uno, nel tentativo di recuperare il rapporto che, quando lavorava (duramente) per garantire loro un futuro, il miglior futuro, aveva forse trascurato. Frank Goode (Robert De Niro) è un americano della middle class, che, rimasto vedovo, vuole rimettere intorno allo stesso tavolo i figli, dispersi qua e là nelle loro occupazioni. Fallita la riunione, senza avvisare si mette in viaggio per far loro una sorpresa. Ma di sorprese, e imprevisti, ne avrà lui.

Non tutte le promesse della vita vengono mantenute e le speranze corrono lungo i cavi telefonici, quelli che Frank aveva avvolto e riavvolto nella sua vita di lavoro, in una babele di vaghezza, smarrendosi pian piano. Da New York a Chicago, da Denver a Las Vegas si snoda, fra treni e bus, un viaggio, un autentico road movie (esteriore e interiore), di (ri)scoperta dei propri sentimenti e desideri, un viaggio inevitabilmente malinconico, a tratti dolente, nel cuore le sensazioni del tempo che fugge e delle occasioni perdute.

Amy, la pubblicitaria di successo, Robert, il musicista, Rosie, la ballerina, e David, il pittore sensibile e tormentato, il figlio più amato, la presenza-non presenza che aleggia in tutto l'incalzare degli eventi, sono i quattro figli di Frank, alle prese con i disparati, talora disperati, casi dell'esistere.

I figli... distanti nello spazio e sempre troppo prossimi nell'anima.

Particolarmente suggestive e toccanti le inserzioni oniriche. Sotto i cieli del sogno si celano le verità che la ragione tende a rifiutare.

Everybody's Fine (Stanno tutti bene) è un remake del film di Giuseppe Tornatore del 1990. Un rifacimento riuscito, con un De Niro (nella pellicola italiana il protagonista era Marcello Mastroianni) come sempre perfetto nel ruolo, compresa la malattia polmonare che ha “regalato” a Frank una sorta di rantolo psicofisico nell'affannosa e necessaria ricerca del vero sepolto in lui e nei figli. Quant'è difficile questo rapporto primigenio, quand'anche rivestito delle migliori intenzioni. E univoco nelle aspettative da parte dei padri. Soltanto lo scorrere del tempo e la rielaborazione agita dall'esperienza consentono di aggiustare le cose, e non sempre.

La ricomposizione finale, sfumati i violenti colori della tragedia, è nostalgia pura, serena, senza retorica.

 

Alberto Figliolia


 
 
 
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