Il Presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare di Cuba, Ricardo Alarcón, ha affermato durante una riunione a Pechino con il suo omologo cinese, Wu Bangguo, che Cuba vuole far sua l’esperienza del gigante asiatico.
«Cuba è preparata per seguire l’insegnamento cinese e per svilupparsi in senso moderno dando luogo ad aperture e riforme», ha detto Alarcón. L’alto funzionario cubano ha assicurato che «è fondamentale per Cuba rinforzare i legami bilaterali con la Cina» e che il partito al potere, il governo e il popolo cubano sono «orgogliosi delle relazioni di amicizia tra i due paesi e dello sviluppo economico cinese».
La visita di Alarcón a Pechino è iniziata lunedì scorso e si prolungherà per tutta la settimana. Il motivo di fondo è costituito dal cinquantesimo anniversario delle relazioni bilaterali tra due regimi che si dicono ancora socialisti, pure se la Cina segue da trent’anni un capitalismo di Stato e Cuba applica un socialismo soltanto di facciata.
Il funzionario cinese Wu ha espresso il desiderio di collaborare con Cuba per un nuovo corso economico, basato su riforme e innovazioni. «Pechino spera di rinforzare le relazioni con Cuba che sono buone da oltre mezzo secolo», ha concluso.
Nel 1960, Cuba è stato il primo paese dell’America Latina a stabilire relazioni diplomatiche con la Cina comunista di Mao, anche se per decenni il sostegno economico è stato garantito dall’Unione Sovietica. La caduta del gigante sovietico e del blocco socialista europeo, ha avvicinato sempre più la Cina al governo cubano, al punto che nel 2009 il colosso asiatico è stato il principale fornitore di beni per l’Isola.
Jia Qinglin, presidente della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese, ha espresso il gradimento del governo sulla posizione cubana che giudica Taiwan e il Tibet sottoposti alla sovranità cinese. Alarcón concluderà venerdì il suo viaggio in Cina, dopo aver incontrato il vicepresidente Xi Jinping, considerato “il delfino” che nel 2012 dovrebbe prendere il posto di Hu Jintao.
Il viaggio di Alarcón è significativo perché avviene alla vigilia della riunione dell’Assemblea cubana per una riforma economica che avrà luogo il 15 dicembre. Questo prova che le relazioni bilaterali sono molto strette e le cifre lo dimostrano: lo scambio bilaterale tra Cuba e Cina si aggira attorno ai 1.600 milioni di dollari, dei quali un 30 per cento corrisponde a esportazioni cubane come nichel, zucchero e rum; mentre il rimanente sono macchinari e prodotti cinesi. Gli scambi economici sono importanti anche nel settore della salute, delle biotecnologie, della formazione professionale e dell’energia rinnovabile.
L’economista dissidente Oscar Espinosa Chepe ha dichiarato all’Avana che alcune esperienze del modello economico cinese possono essere utili per il sistema cubano, ma che al tempo stesso sarebbe importante eliminare le restrizioni relative alle libertà democratiche.
«Il governo castrista si limita a dire che i cittadini cubani possono aprire attività private, ma la realtà è ben diversa. Il governo non concede risorse sufficienti al mercato privato e non vuole fare le riforme politiche necessarie a sostenere una vera apertura economica. Il popolo vuole lavorare, ma in questa situazione non è facile, perché il governo non vuole che le persone guadagnino denaro», ha concluso l’economista indipendente.
Se modello cinese deve essere, che lo sia fino in fondo… magari con correzioni in senso democratico e con una maggiore attenzione ai diritti civili e alle libertà individuali.
Gordiano Lupi