Mentre andava in onda la prima, attesissima puntata della trasmissione di Fazio e Saviano ero impegnata in un seminario sul sessismo e il rispetto tra i generi con circa sessanta adolescenti.
Poi, tornata a casa, ho potuto vederne l’esordio in tv. Non sono una distruttiva, e so quanta fatica ci vuole per aprire spiragli di intelligenza e di condivisione di cultura in questo paese, a maggior ragione in tv, uno degli strumenti più potenti di trasmissione responsabile della desertificazione delle coscienze e dei cervelli.
Penso quindi che gli autori abbiamo ben ponderato l’importanza di fare scelte precise proprio nella trasmissione di apertura, e in questa apertura così significativa le uniche presenze e parole di donne sono state quelle di una precaria e di una suora (velata).
A parlare di donne è stato, poi, anche Roberto Benigni, che ha nominato più volte Rosy Bindi nel (già visto) tormentone a proposito della volgarità di Berlusconi nei suoi confronti. Fine.
Mi domando, vi domando: posto che la precarietà cancella anche e soprattutto la libertà e la cittadinanza femminile, e posto che l’accoglienza del bisogno di spiritualità è presupposto di democrazia, non c’erano altre voci di donne da poter proporre?
Gli elenchi mi piacciono: spesso anche a sinistra si dice in modo spregiativo ‘fare l’elenco della spesa’ o ‘fare la lista della serva’ per indicare una forma considerata dagli uomini meno nobile della pratica politica, perché concreta e meno ideologica e astratta, che invece piace alle donne, e per questo la formula adottata per ritmare gli interventi nella trasmissione mi è sembrata giusta e innovativa.
Siccome stiamo preparando, a 10 anni da Punto G del 2001 a Genova, un nuovo Punto G per giugno 2011, (fu il primo incontro femminista internazionale dopo Seattle che mise a tema l’impatto violento della globalizzazione sulle vite individuali e collettive delle donne nel mondo, nei sentimenti come nell’economia), ecco un elenco di donne e di pratiche femministe che avrei desiderato ascoltare scandito da tre donne in quella trasmissione, una giovane, una matura e una anziana femminista, per dare visibilità e corpo a tre generazioni che in questo paese hanno costruito, tramandato e infine ricevuto e trasformato l’eredità dei femminismi.
Si tratta di una lista mancante e imprecisa, ma che comunque sento di dovere fare, anche solo per nominare alcuni luoghi e nomi rimossi dalla storia e quindi dalla memorabilità collettiva. Perché credo che se non si nominano i nomi e non si evocano i corpi reali e non di gomma delle donne, che sono state offese e umiliate soprattutto attraverso la tv negli ultimi dieci anni, non si registra la grave emergenza della quale soffre l’Italia.
Mi sarebbe piaciuto ascoltare questa lista in una trasmissione tv che si propone come antagonista e ribelle ai canoni imperiali.
La scrivo come la propose la studiosa e attivista femminista Anna Mary Maggiore in una conferenza universitaria nel 2003, pensata nella forma di tributo e ringraziamento a donne italiane e a realtà collettive che, in barba all’andazzo nazionale dei potenti lenoni, magnaccia, procacciatori di pezzi di carne femminile e delle suddite, giovani e meno giovani, colluse con questo sistema che le divora, continuano invece, camminando a testa alta tra le macerie, a credere nella forza dei movimenti delle donne, e in se stesse. Una lista piccola e ovviamente mancante, che guarda solo l’Italia, perché altrimenti sarebbe infinita.
Eccola.
Grazie alla costituente Teresa Mattei, grazie a tutte le partigiane, e soprattutto a quelle che non imbracciarono armi, grazie alle donne cattoliche che votarono sì per il divorzio e per la legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, grazie a Emma Bonino, grazie ad Adele Faccio, grazie ad Alma Sabatini, grazie a Elena Marinucci, grazie a Tina Lagostena Bassi, grazie a Tina Anselmi, grazie a Lidia Menapace, grazie a Giancarla Codrignani, grazie alle donne di Vicenza che lottano contro la base Dal Molin, grazie alle attiviste no Tav e no Ponte, grazie alle operaie della Omsa, grazie alle madri vulcaniche, grazie alle migranti e alla native di Trama di terre di Imola, grazie a Imma Battaglia, a Titti De Simone, a Paola Concia per il loro dirsi lesbiche senza enfasi, grazie a Anna Kulishov, grazie ad Anna Maria Mozzoni, grazie alla ambientalista dimenticata Laura Conti, grazie a Nildi Iotti, a Silvia Vegetti Finzi, a Dacia Maraini, a Cristina Comencini, a Lina Wertmuller, grazie a Liliana Cavani e Natalia Aspesi, grazie a Luisa Murano, grazie a Eva Cantarella, grazie a Elisabetta Donini, grazie a Chiara Saraceno, grazie alle donne delle comunità cristiane di base, alle pastore valdesi, alle suore comboniane che non portano il velo, alle giovani musulmane della seconda generazione che si battono contro il velinismo mediatico e contro il velo islamico, grazie a Margherita Hack, grazie a Rita Levi Montalcini, grazie a Carla Lonzi, grazie a Franca Pieroni Bortolotti, grazie a Elena Gianini Belotti, grazie a Miriam Mafai, grazie a Simona Mafai, grazie a Pia Covre e Carla Corso, grazie a Lorella Zanardo, grazie alle femministe giovani e meno giovani che continuano a costruire reti, relazioni concrete e virtuali nel web, nelle scuole, nelle università, nei consigli comunali, provinciali, regionali, nelle associazioni di volontariato, nel sindacato per dare visibilità alle centinaia di appuntamenti, seminari, incontri, tavole rotonde, convegni, happening, flash mob, pagine faceboobk, siti, radio, settimanali, mensili, trimestrali, pièces teatrali, librerie e biblioteche delle quali la tv non dà notizia.
Grazie a loro, grazie a tutte noi, perché questa non notorietà ci affatica ma non ci piega, grazie perché queste reti e queste relazioni sono una parte essenziale e irrinunciabile di questo paese, che ogni giorno si sveglia nelle difficoltà materiali ma non si arrende, e cerca di costruire futuro, per le donne e per gli uomini, verso l’uscita dalla palude sessista e omofoba nella quale ci troviamo. E la lista continua.
Monica Lanfranco