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“I preti e i mafiosi”, incontro con Isaia Sales. A Sondrio col “Rigoberta Menchù”, venerdì 19 
Gigi Fioravanti: Le mafie devote
13 Novembre 2010
 

Centro di Documentazione Rigoberta Menchù

 

Venerdì 19 novembre 2010, ore 20:45

Sondrio, Via delle Pergole 10,

Sala “Vitali” del Credito Valtellinese

 

incontro con

Isaia Sales

storico e docente universitario

 

Presenterà il suo libro

 

I PRETI E I MAFIOSI

Storia dei rapporti

tra mafie e Chiesa cattolica

Baldini Castoldi Dalai editore

 

 

Isaia Sales è docente di Storia della criminalità organizzata nel Mezzogiorno d’Italia presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. È autore di numerosi saggi tra cui: La camorra, le camorre, con prefazione di C. Stajano (1988); Leghisti e Sudisti (1993); “Il caso Cirillo”, in Cirillo, Ligato, Lima: tre storie di mafia e politica, a cura di N. Tranfaglia (1994); Il Sud al tempo dell’euro, con prefazione di C.A. Ciampi (1998). Ha vinto il Premio Napoli nel 2007 con il saggio Le strade della violenza. Malviventi e bande di camorra a Napoli (2006). Ha curato la voce «camorra» per l’Enciclopedia Treccani.

 

 

 

Le mafie devote

 

Il libro di Augusto Cavadi, Il Dio dei mafiosi (San Paolo), si apre con queste domande: «Come è possibile che in una società cristiana – a stragrande maggioranza cattolica – partorisca Cosa Nostra e Stidde, N’drangheta, Camorra e Sacra Corona Unita? E li partorisca non come aborti mostruosi irriconoscibili, ma come associazioni in cui tutti hanno una Bibbia, E tutti pregano. In tasca hanno sempre un santino. O un’immagine di Cristo, di una Madonna. Sono religiosissimi. E ostendano la loro devozione?

Come può la maggioranza dei mafiosi dirsi cattolica e frequentare le chiese? Qualcosa certamente non funziona: o nella loro testa o nella teologia cattolica: O in tutte e due».

 

Domande simili si pone anche Isaia Sales all’inizio del suo libro I preti e i mafiosi. Storia dei rapporti tra mafie e Chiesa cattolica in Italia, edita da Baldini e Castoldi.

«Sono compatibili con la fede cristiana mafia, camorra, n’drangheta e sacra corona unita? Cioè sono compatibili con la religione cattolica alcune delle organizzazioni criminali più feroci del mondo?»

E ancora: «Le organizzazioni di tipo mafioso avrebbero potuto ricoprire un ruolo plurisecolare nella storia meridionale e dell’intera nazione se, oltre alla convivenza di settori dello Stato e di parte consistente delle classi dirigenti locali, non avessero beneficiato del silenzio, dell’indifferenza, della sottovalutazione e anche del sostegno dottrinale di una teologia che trasforma degli assassini in pecorelle smarrite da recuperare piuttosto da emarginare dalla Chiesa e dalla società?»

 

Mentre Cavadi, per dare risposta a queste domande, svolge la sua ricerca con un con taglio prevalentemente teologico (fa parte dell’associazione dei teologi italiani), Isaia Sales conduce un’indagine di natura sociologica e storica. «Il libro vuole indagare le ragioni culturali, sociali e storiche della particolare religiosità degli esponenti della criminalità organizzata e anche la mafiosità di alcuni uomini del clero, andando indietro nel tempo, rifacendo la storia della Chiesa meridionale e delle principali organizzazioni mafiose»; cerca di spiegare come mai «nei territori più devoti e attaccati alla Chiesa si sono sviluppate le criminalità più spietate».

 

Le mafie ormai sono dappertutto, il problema è nazionale, di tutti quanti hanno a cuore la giustizia, la legalità, una società civile e non violenta. «Gli storici e gli studiosi di varie discipline sono da tempo arrivati a questa conclusione: le mafie sono un problema complessivo delle grandi istituzioni formative (Stato, Chiesa, Famiglia, Scuola, Giornali, televisione) e dei grandi attori sociali (politici, imprenditori, professionisti, gente comune) prima che dei giudici e dei poliziotti».

Un libro interrogante quello di Isaia Sales; l’autore interroga se stesso cercando risposte, interroga la Chiesa sollecitando risposte, nella speranza che la Chiesa tutta si impegni a fondo nel contrastare le mafie, che crescano i padri Cristoforo e diminuiscano i tanti don Abbondio. Proprio perché le mafie sono devote (come spiegano e raccontano la sociologa Alessandra Dino ne La mafia devota, Vincenzo Ceruso, ne Le sagrestie di Cosa Nostra, lo stesso Roberto Saviano nel capitolo di Gomorra dedicato a don Peppino Diana, Augusto Cavadi ne Il Dio dei mafiosi), proprio perché le mafie sono religiosissime, è necessario che si smascheri e denunci questa sacrilega commistione, questa terribile mistificazione per cui «il messaggio cristiano non viene visto in contraddizione con l’attività camorristica» (Saviano); per cui «i capi e gli aderenti alle quattro criminalità italiane di tipo mafioso …non avvertono minimamente alcuna contraddizione tra l’essere assassini e credere in Dio e nella sua Chiesa» (Sales). Come hanno fatto don Peppino Diana e don Pino Puglisi. Come dovrebbero fare i preti, i vescovi tutti, i cristiani tutti.

La Chiesa cattolica ha fatto nel passato e fa oggi abbastanza per combattere le mafie?

La risposta dell’autore inclina verso il no, ma non è dissimile da quella -autorevolissima- di Don Luigi Ciotti, fondatore presidente di Libera: «A fronte dell’impegno di pochi vescovi, diversi preti e gruppi cattolici di base, ci sono ancora troppe ambiguità e compiacenze da parte di molti uomini di chiesa nei confronti della mafia. Per questo mi auguro che Benedetto XVI, che il 3 ottobre sarà a Palermo, dica parole forti e chiare sull’incompatibilità fra mafia e Vangelo. La Chiesa deve avere il coraggio della denuncia, deve sporcarsi le mani per la giustizia,come hanno fatto don Puglisi e don Peppe Diana. Ma io vedo ancora troppi silenzi e troppe ambiguità, e silenzi e ambiguità non hanno giustificazioni».

Del libro di Isaia Sales, rigoroso, non polemico o accusatorio, ma animato da un alto senso del valore dell’impegno civile contro tutte le mafie, si può dire ciò che l’autore scrive dell’opera di Leonardo Sciascia: «Tutta l’opera dello scrittore siciliano è attraversata da una intensa nostalgia e voglia di una Chiesa diversa, la sua letteratura ci sollecita a pensare a come sarebbero diverse la Sicilia e l’Italia con una Chiesa non implicata con le classi dirigenti e con la mafia. Egli è profondamente consapevole del ruolo centrale nella cultura e nella società siciliana della Chiesa; al tempo stesso, nel descriverne le aberrazioni, avverte il bisogno di una Chiesa diversa» (pag. 290).

Un libro interrogante ma anche un libro di oneste risposte che stanno, in sintesi, in queste due citazioni: «Se Falcone, Borsellino, don Puglisi sono morti è perché lo Stato, la Chiesa, tutti noi non siamo stati ciò che dovevamo essere» (Giancarlo Caselli); perché «La lotta alla mafia non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolge tutti» (Paolo Borsellino). Extra ecclesia nulla salus: parafrasando la vecchia massima della dottrina cattolica, si potrebbe dire che Isaia Sales è convinto che anche nella lotta alle mafie: «Non è possibile sconfiggere le mafie se tutta la Chiesa meridionale e tutti i suoi membri, religiosi e laici, non faranno la loro parte».

 

Gigi Fioravanti


 
 
 
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