Nei giorni scorsi il Veneto è finito sotto milioni di metri cubi d’acqua e nessuno, o quasi, se n’era accorto. Perché la questione assurgesse alla dignità delle cronache nazionali c’è voluto che finisse sott’acqua pure il Governo, con le critiche a Berlusconi (perfino) dei veneti passati in rassegna dal premier coi colonnelli padani. Eppure, l’ondata di maltempo nel nord est ha colpito 121 Comuni e 500.000 persone, provocando 3.000 sfollati e danni non ben quantificati ma comunque oscillanti tra il mezzo miliardo e il miliardo di euro. Soltanto ieri, dopo dieci giorni, Palazzo Chigi ha fatto sapere che per l’emergenza saranno approntati 300 milioni di euro.
Dopo i “mirabolanti successi” de L’Aquila e la “strabiliante performance” nell’emergenza rifiuti di Napoli, sorprende la lentezza del riflesso con cui Palazzo Chigi ha assunto consapevolezza del disastro.
Rapido, rapidissimo a grugnire è stato invece il governatore della regione Luca Zaia: “I soldi prima a noi, poi a Pompei”. Sembra poco, ma in queste parole c’è la cifra del federalismo fiscale (mal)inteso dalla Lega, che seppure in quadro di emergenza (tanto in Veneto, quanto a Pompei, ma ora anche nel salernitano, dove il maltempo non è stato affatto tenero) non ha esitato a declinare una certa idea di competizione tra territori a chi si accaparra la spesa pubblica maggiore. Che è esattamente l’inverso della matrice che ispirerebbe un federalismo sano, dove la competizione si fa a chi riduce di più le tasse.
Ma per ora sorvoliamo sulla questione, ché qui tra emergenze idrogeologiche, varie dimissioni e dimissionamenti, finiani riottosi e pidiellini ottusi l’incultura politica della Lega Nord non è che in coda ai problemi del Paese. In cima c’è un governo che si è “incriccato” da tempo (ben prima che nella fiaba del declino nazionale facesse capolino la “figura mitologica” del finiano) e che non riesce neppure ad essere quella “gioiosa macchina dell’emergenza” di cui menava gran vanto e propaganda fino a qualche tempo fa.
Torniamo al Veneto, perché da lì potrebbe passare un altro spezzone di questa crisi politica endemica ma non ancora conclamata. Se, come probabile ma non auspicabile, nei prossimi giorni si arriverà a sfiduciare Sandro Bondi per il crollo di Pompei, potrebbe aprirsi un giro di valzer intorno alla poltrona di ministro dei Beni Culturali, con Galan ad occuparla, il dicastero delle Politiche Agricole di nuovo ad un leghista e un riequilibrio in giunta regionale veneta tra Lega e PdL a favore di quest’ultimo.
È solo un’ipotesi, ma il suo verificarsi darebbe il senso dell’autismo allucinato in cui vive la politica nazionale mentre il Paese rotola. Per Berlusconi, come sempre, non è successo niente.
Lucio Scudiero
(da Libertiamo.it, 11 novembre 2010)