Mi dichiaro contraria all’insegnamento della religione cattolica all’interno delle scuole statali. Il modello che prediligo è quello francese: l’insegnamento della religione cattolica non è contemplato dal programma scolastico.
Ogni persona che frequenta la scuola pubblica, se desiderosa di stimoli religiosi, li potrà trovare, all’interno delle chiese, delle organizzazioni religiose, o in qualsiasi altro luogo deputato allo svolgimento delle pratiche di rito.
L’istruzione religiosa nelle scuole, diciamolo chiaramente, è un’aberrazione e una presa di potere senza giustificazioni.
Infatti, la stessa Corte Costituzionale in una celebre sentenza (n. 203 del 1989) indicava «il principio supremo della laicità dello Stato, come uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica. Il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale».
Occorre conseguentemente ricordare che quella cattolica non è religione di Stato: infatti nel Protocollo addizionale del nuovo Concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica (Legge n. 121 del 1985) è espressamente dichiarato che «Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano», abolendo così una clausola posta a premessa del precedente Concordato, che faceva parte dei Patti lateranensi firmati nel 1929. Da parte della stessa Chiesa cattolica, del resto, si riconosce come un valore la netta separazione dei due ordini sovrani: «La laicità intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica – ma non da quella morale – è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa» (Nota dottrinale della Congregazione per la dottrina della fede, 24/11/2002).
Sono convinta che l’educazione e la formazione religiosa dei fanciulli e della gioventù siano di specifica competenza delle associazioni religiose e delle chiese. Ha senso impartire l’IRC nelle scuole gestite dallo Stato o da altri enti pubblici? Se un’alunna o un alunno (ma, attenzione, alunne e alunni non genitori) decidono di scegliere la religione cattolica come materia obbligatoria, liberissimi di farlo, ma all’interno di scuole confessionali, pagate dal vaticano e non dallo Stato.
La Repubblica italiana, deve garantire che la scuola pubblica sia centro di promozione culturale, sociale e civile aperto all’apporto di tutte le componenti della società.
Eliana Cambieri
(per 'l Gazetin, novembre 2010)