La memorialistica sulla prima Guerra mondiale è sterminata. D’accordo. E la racconta dai più diversi punti di vista. In ogni caso non è frequente che l’inquadratura sia quella di una bambina. Tanto più se questa bambina diventerà poi un’eroina della lotta partigiana, narrandola in tanti libri da meritarsi l’appellativo di “scrittrice della Resistenza”.
Ma andiamo con ordine. Ideale (1908-1977) era figlia di Annibale Cannella, abruzzese (suo padre era il sarto e amico di famiglia di Gabriele D’Annunzio), comandante del Forte Dossaccio (conosciuto anche come “Forte di Oga”), in Valdisotto; dominato dunque dalle vette dell’Ortles-Cevedale, teatro delle più alte battaglie della Grande Guerra. Già prima della guerra l’intera famiglia si era trasferita a Bormio. Annibale allontana moglie e figli allo scoppio del conflitto, ma un anno dopo (ed è così che inizia il racconto) Adelia ritorna: «Era troppo penosa la lontananza, era insopportabile saper lui ogni giorno al pericolo; meglio condividere ogni cosa, per non tormentarsi più» (p. 12). E così Ideale e il fratellino Italo vivranno gli ultimi due anni di guerra nelle immediate retrovie, al Presidio di Bormio. Una guerra che porterà loro via la giovinezza e anche la mamma, poche ore prima della fine del conflitto, falciata dalla “spagnola” che aveva contribuito a curare in molti soldati.
A 16 anni Ideale è maestra a Grosio. Dopo l’8 settembre 1943 aiuta i suoi ex-alunni – ora militari di un esercito in dissoluzione – a prendere la via della montagna. Dopo essere miracolosamente scampata all’arresto da parte dei fascisti, si unisce alle formazioni partigiane in Val Grosina come infermiera. Dai partigiani riceve l’affettuoso nome di battaglia “Mati” (“piccola mamma”, in jugoslavo). Per scampare a un rastrellamento sconfina in Svizzera e presto viene “arruolata” come agente del controspionaggio elvetico, per tenere i contatti tra l’Alto Kommando militare elvetico e la Missione Americana aggregata alla brigata partigiana “Stelvio”, di stanza a Livigno.
Dopo la guerra si dedica all’attività giornalistica (anche come corrispondente Rai per la provincia di Sondrio) e alla scrittura: Urla il vento – Infuria la bufera (1946), Ciao, ragazzi. Racconti per ragazzi (1964), Le voci (1970)…
Il libro Le ali dell’Angelo esce nel 1957, segnalato l’anno prima al Concorso Nazionale Gastaldi. Ottima l’operazione dell’Editrice Labos di ripubblicarlo, con una bella Postfazione di Carlo Trotalli, attuale custode del Forte di Oga: fatta eccezione per qualche (velato) accento retorico oggi un po’ anacronistico, il testo risulta ancora molto efficace, anche per ragazzi (per cui fu, principalmente, scritto).
I due fratellini protagonisti del libro, Cristina e Gianfranco, altro non sono che Ideale stessa e suo fratello Italo; il quale diventerà militare di carriera, pluridecorato, reduce della campagna di Russia, comandante partigiano; proprio lui riceverà e firmerà l’atto di resa del Comando Germanico della “piazza” di Venezia. L’autrice lo afferma nella prima frase del racconto: «Questa è una storia vera» (p. 7).
I loro occhi bambini scoprono con stupore molte cose: il carattere fiero della gente di montagna, dove ogni paese è una famiglia, la bellezza della natura, l’animo delle persone al di là delle apparenze. E, soprattutto la guerra, con il suo carico di sofferenza e morte. Cristina, nella misura in cui va rendendosi conto della realtà, si fa più pensosa e trascura i suoi giochi: «I bambini devono giocare, è già troppo che noi grandi si debba pensare alla guerra e farla […] Va’ a giocare con la bambola», le dice burbero e imbarazzato il caporale della fureria. «Anche la mamma dice: - Divertiti con la bambola. Ma non sanno i grandi che non ci si può divertire solo perché essi l’hanno consigliato? Per divertirsi bisogna averne voglia e la fanciulla non ne ha più» (pp. 50-51).
Il racconto è un lungo appello contro la guerra (quando lo scriverà, Ideale ne avrà già vissuta in prima persona un’altra, ancora peggiore): «Per i fanciulli ogni guerra, anche se vittoriosa, è sempre una sconfitta e di questo bisogna tenerne conto; i fanciulli la guerra la perdono sempre perché diventano anzitempo piccole donne e piccoli uomini, adulti senza crescere» (p. 136).
Lo sguardo “umano” sulla guerra è visto anche con gli occhi degli alpini, soldati tenaci e fedeli, ma alieni da ogni forzatura ideologica: «Ti parlano del nemico, ti dicono che è questo e quello, poi lo guardi da vicino e vedi che somiglia a te; allora pensi che a casa anche lui ha moglie e forse figli che poi diventano vedova e orfani se tu lo uccidi» (p. 65).
Conoscere le persone da vicino fa cadere i pregiudizi. Paradigmatica, nel racconto, la figura di “Giubba”, l’accattone che siede fuori dal cancello della caserma in attesa dei rifiuti del rancio; di lui si ha ribrezzo e paura: circolano voci oscure. Ma, inaspettatamente, dona i suoi pochi soldi per i prigionieri di guerra: «Povero io, poveri loro, ma loro certamente più poveri di me […]. È tutto quello che posso dare, ma tenete il segreto perché quando si fa qualche cosa di buono la mano destra non deve sapere quello che fa la sinistra» (p. 107).
Concordo con il parere, espresso di recente, di Sergio Caivano: «Ideale Cannella è donna forte, di sensazioni forti che trasmette al lettore in modo schivo, quasi a volersene scusare. I sentimenti che ridondano vengono espressi con dolcezza, quasi a voler farsi perdonare di esserne sovrastata. Ne viene fuori una narrazione nella quale la passione, gli ideali, gli uomini appaiono mitigati dalla dolcezza espositiva».
Quando ho letto, in quarta di copertina, «un libro dal valore pedagogico semplicemente immenso» mi dev’essere sfuggito un sorriso ironico, diffidente come sono di ogni espressione “assoluta”. Ma, in fondo, Trotalli ha ragione: queste pagine che raccontano di una situazione così lontana da quella dei ragazzi di oggi, contengono davvero riflessioni universali. Universali perché umane.
Marco Dalla Torre
Ideale Cannella
Le ali dell'Angelo
La prima guerra mondiale a Bormio vissuta dai bambini
del comandante del forte di Oga
a cura di Carlo Trotalli
Labos Editrice, Morbegno (So) 2010, pagg. 192, € 15,00
Qui la scheda editoriale del libro,
con rassegna stampa e indicazioni per l'acquisto