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Alberto Figliolia. "Una sconfinata giovinezza" di Pupi Avati
29 Ottobre 2010
 

Tutti vorremmo una sconfinata giovinezza. Tutti siamo attesi da una sconfinata giovinezza. Un'età dell'oro estesa per sempre? Quando il cerchio dell'esistenza si chiude si torna nel grembo dell'universo, dopo averne avuto una prova, inconsapevoli, nel grembo materno.

Nell'ultimo film del Maestro Pupi Avati, Una sconfinata giovinezza, Lino Settembre (Francesco Bentivoglio) è un giornalista sportivo di fama, una penna, come si suol dire, raffinata e sensibile. Da lunghi anni divide la sua vita con Chicca (Francesca Neri), insegnante, proveniente da altolocata famiglia. Un matrimonio perfetto, per quanto non benedetto dalla presenza di figli. Una felice routine, una bella casa, un lavoro, per ambedue, estremamente gratificante. Quando... quando fa capolino, inizialmente di sottecchi, la tragedia. La tragedia nelle forme tremende, inconsulte, ingovernabili, spiazzanti dell'Alzheimer. Lino perde pian piano le sue brillanti facoltà d'intellettuale, parole, pensieri, in un inesorabile processo di spaesamento emotivo. Inizia un itinerario a ritroso, una regressione verso l'infanzia, incontaminata, porto sicuro contro il presente ostile, dimentico. Chicca deve fare i conti con la malattia del marito, con un panorama esistenziale implacabilmente mutato. Una dura avventura in cui la moglie assume quasi i connotati di madre e in cui la solitudine può annientare.

Le incursioni nel passato, l'affastellarsi dei ricordi prendono il sopravvento, e il gioco dei flashback diviene incalzante, prioritario: immagini, figure, eventi, atmosfere evocate con nitidezza assoluta, spietata, commovente, mentre il contemporaneo è nebbia, caos, oblio.

Una pellicola non dogmatica né didascalica o didattica, che sa toccare – non suoni come un luogo comune – le più profonde corde dell'anima, con delicatezza sentimentale e rispetto, che lascia pensosi, “sconvolti” nel processo d'immedesimazione, memori di quel che eravamo, là dove si cela il segreto, la fonte, il mistero del nostro essere.

Di grandissima levatura le interpretazioni della Neri e di Bentivoglio. Un film da vedere. Per porsi il dubbio, per una diversa e più completa coscienza.

 

Alberto Figliolia


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