Sì, avete letto bene. Ma l'intenzione forse va precisata: la passione per l'essere umano.
Esiste ancora? C'è chi ancora l'avverte? Lo stupore, l'ammirazione verso una tipologia dell'essere umano: quella di chi sa vivere di emozioni, di sentimento, quella di chi è “sensibile alle foglie” (per dirla col nome di una nota casa editrice). Ogni vita, si sa, può serbare qualsiasi genere di esperienza, lieta o tragica che sia. Ma a volte, quale stupore ci riservano certe vite! A volte è la capacità di reinventarsi di chi ha subito un danno, o una delusione, una grave perdita, un presente che appare ingiusto. Altre volte è la spensieratezza di certuni, a colpirmi, la gioia di vivere, il sorriso sulle labbra, la capacità di essere leggeri e vivere il presente. E tante, tante volte è stato ed è tuttora l'incontro con l'arte, che sia la scrittura, la pittura, la musica o la danza... Può così capitare di camminare per le vie di una città artistica e pensare a quanto l'uomo possa essere in grado di lasciar tracce di sé, indelebili e commoventi. Ero a Roma, qualche settimana fa, e tutto mi appariva grande e smisurato, mi sembrava di camminare in un museo all'aperto, dovunque guardassi c'era la storia, quella grande, quella di tutti, insieme alla storia quotidiana, piccola per la collettività e la sola che importi per il singolo.
Un esempio: nella chiesa di S. Maria del Popolo tutti vanno ad ammirare le due splendide tele del Caravaggio: la “Crocifissione di S. Pietro” e la “Conversione di S. Paolo”. Sono magnifiche; non ho competenze artistiche, ma quel che posso dire è che danno un'impressione di autenticità quasi fotografica, cui le tinte scure delle raffigurazioni restituiscono tutto il dramma di un momento del passato fermato a pochi passi da noi. Ma più ancora mi ha emozionato la vista, in quella stessa cappella Cerasi, di un bassorilievo sepolcrale (della cui bellezza parla anche Marco Lodoli nella sua poetica guida vagabonda di Roma: Isole - Einaudi): una donna sdraiata nell'immobilità della morte, finalmente serena, con sul petto – a lei abbracciato – il neonato appena avuto e per il quale, dandogli la vita, morì. Un marmo neoclassico, di ignoto accademico, a raffigurare Teresa Pelzer, letteris et musicis sapientissima, moglie di uno dei Cerasi e morta a ventisette anni, nel 1852. Ho pensato a quelle tre esistenze, all'uomo che dovette amare la sua compagna al punto tale da restituirle quel fermo immagine, e con esso il bambino che viveva, ma solo per lui, affinché ne avesse un po' per sempre anche lei.
Anche al Foro Romano c'è una storia simile, che si perde quindi nell'antichità: l'imperatore Antonino Pio fece costruire in onore della defunta moglie Faustina (141 d.C.) il tempio omonimo (che è anche l'edificio meglio conservato del Foro); lo volle perché qualcosa di tangibile del loro amore rimanesse a perenne testimonianza, lui che soleva dire che «avrebbe preferito vivere con lei nel deserto che essere in un palazzo senza di lei».
Infine, in quei giorni romani, altra grande emozione ho vissuto nel partecipare allo spettacolo del Cirque du Soleil in tournée italiana: un traboccare di entusiasmo e un perfetto tornar bambini!
Mi convinco sempre più di come sia l'uomo (certo, a volte) capace di creare con le sue potenzialità qualcosa di bello, qualcosa in grado di parlare agli altri, di attuare quello scambio, quella comunicazione che rende interessante la vita, che dà spessore agli incontri. È solo questo a contare: il solo singolo attimo di sovrapposizione del tuo vivere con quella di un altro essere. Il solo momento in cui puoi davvero entrare in contatto con la vita; non i maneggi intellettualoidi fatti magari sempre fra sé e per se stessi, quelli in cui si ambirebbe far la domanda e darsi la risposta, poiché si pensa di essere gli unici in grado di farlo, senza reciprocità, senza ammettere modi di esprimersi differenti dai propri. E guarda caso sono gli affetti e le passioni intime – per l'amato, per un figlio, per il proprio mestiere – a dettare le esternazioni più immediate, che più direttamente vengono comprese, prima col sentimento che con la ragione.
È stucchevole? Noioso? Per alcuni sì. Per me, che è di scambi che vivo, di voglia di comunicare, di emozione è linfa vitale. È scommettere sull'uomo e su ciò che fa, credendo nella sincerità dell'espressione, correndo il rischio di rimanere delusi, ma quando questo non avviene, ricevendo incomparabili arricchimenti.
E voi, che ne dite?
Annagloria Del Piano