È dei giorni scorsi la pubblicazione del Rapporto 2010 sulla libertà di stampa nel mondo. Curato da Reporters sans frontières, almeno a livello europeo, è un punto di riferimento per calibrare come questo fondamentale livello di civiltà viene applicato nei vari Paesi.
Il nostro Paese non ha mai avuto una posizione brillante in questa classifica. Anche quest'anno ce lo conferma con il suo 49° posto, più in alto -tra i Paesi Ue- solo a Romania (52°), Grecia e Bulgaria (entrambe al 70°).* Ma fa specie che l'Italia abbia il 49° posto come il Burkina-Faso, e prima di lei ci siano, per esempio, Paesi come Tanzania, Suriname, Mali, Ghana, Namibia, Paesi che abitualmente non sono considerati punto di riferimento in materia di libertà... ma evidentemente qualcosa non funziona nel nostro Stivale. Per capire la situazione, i primi sette posti, Finlandia in testa, sono nostri partner della Comunità Europea.
In “compenso” l'Italia non è considerata tra i nemici di Internet. Un Internet, però, che è poco usato, costoso e lento... e forse per questo che le grinfie del potere lo lasciano ancora “sciolto”, tant'è che non lo degnano neanche di leggi specifiche. Assenza di leggi che, per non farsi chiudere i siti web e affermare libertà d'espressione e di opinione si può fruire solo della costosissima via giurisprudenziale (vedi correlazioni in calce, ndr).
La situazione inquietante, come commentano a Reporters sans frontières, è che in questa classifica diversi Paesi Ue continuino a perdere posizioni o a non migliorare.
La pubblicazione di una classifica del genere sarebbe stata occasione per avviare quantomeno una riflessione e un confronto sul 49° posto del nostro Paese. Abbiamo aspettato, ma prendiamo atto che silenzio e, probabilmente, imbarazzo hanno avuto il sopravvento.
Perché? Semplice. Si può considerare regime di libertà di stampa quello in cui praticamente tutti i giornali hanno finanziamenti da parte dello Stato, anche grazie a finti organi di partito di altrettanti finti partiti creati dal parlamentare compiacente per avere il proprio media di riferimento? No! Da considerare, inoltre, anche i soldi che amministrazioni locali e regionali devolvono ai media locali. Fino al “problema” per eccellenza: il capo del Governo, da cui dipende la radio e la tv di Stato, che è proprietario dei tre principali canali tv “non di Stato”, di una pletora di radio e, grazie anche a leggi specifiche, si sta muovendo nello stesso modo nel digitale terrestre. A parte poche tv e radio regionali e locali che sono indipendenti, a livello nazionale l'unica tv che apparentemente non rientra in questo giro è La7 di Telecom Italia... una Telecom Italia prona ai giochi di potere per non mollare la propria rete telefonica regalatagli quando era ufficialmente in regime di monopolio, e che per questo -bloccando il tutto- sta costringendo l'Italia ad essere agli ultimi posti nel mondo nella fornitura di banda larga.
Perché, quindi, ci dovrebbe essere un confronto? Visti gli attori e visto il metodo di spartizione che tutti accontenta, essenzialmente a discapito di qualità ed economicità per consumatori e utenti, il silenzio è dovuto.
Aspettiamo il rapporto 2011?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
* Nel 2009 era sempre al 49° posto, nel 2008 al 44°, nel 2007 al 35°.