Le ragioni della gioia
(Piccola storia raccolta lungo la vita, raccontata attraverso una trasposizione metaforica)
Voglio pensarmi come una vela.
Se mi posso spiegare posso raccogliere il vento, andare al largo o verso la costa: mi immagino comunque fatto per stare in mezzo ai venti ed alle tempeste, ma posso rimanere ripiegato senza ingombrare troppo... o diventare un cavallo di pianura che, finito oltre gli alberi alti, cerca sulla cima di una montagna impossibile ma bellissima, dove c'è solo un lago alpino, le ragioni della gioia.
(l’alba del cavallo)
L’aria è fresca ed il mattino è leggero, respiro... ieri é un giorno molto lontano. Ho grandi occhi per guardare: niente al mondo ho mai guardato così. È un'emozione fortissima, provo affanno e ne ho anche paura. Il paradiso non dovrebbe essere lontano, ma io vorrei fermarmi qui.
Tutto mi appare: le pietre, i fili d'erba e i fiori che si specchiano in un vivo profondo. Non voglio capire, verificare e preoccuparmi, non mi servono altri lumi. Tra poco spunterà e poi sarà alto e caldo il sole.
(il giorno del cavallo)
Quasi fossi un’entità da verificare mi sento illuminare dal sole, mi lascio avvolgere e sento caldo, mi cerca gli occhi, devo abbassare lo sguardo, ma resisto un poco... accetto il suo calore, non mi curo se non posso guardare altro, abbagliato e con addosso uno strano appagamento.
Sotto le punte alte a pochi passi da qui, in questo agosto c’è ancora la neve. Il verde è eccessivo, sembra finto. L’inospitale e quasi sterile ambiente diventa armonia assoluta.
(la sera del cavallo)
Anche l’ultimo alito di vento è scomparso, rilievi e ombre sono motivi di pace, nell'azzurro del cielo si sta aggiungendo il grigio e poco rosso, cade anche su di me la quiete della sera, particolare e intensa ed è il tempo per fermarmi.
Non sarà la notte che verrà a cambiarmi, non c’è tristezza.
Gabriele Tonelli
Sostila
Negli occhi del pellegrino
- che con l’incedere monotono e stanco
s’arresta sasso dopo sasso sul sentiero ripido e scuro
che s’addentra nel cuore della Val Fabiolo –
lo stupore prende il sopravvento
quando dall’acerbo castagneto
sboccia come d’incanto l’antico borgo medioevale.
Un sapore d’altri tempi di faggi, portali e ballatoi,
rimandano al vivere semplice di pastori e magri agricoltori.
La montagna avida poco elargiva:
le castagne come il frumento
accontentavano tutti nel nutrimento
e i doni della natura rilucevano rubicondi
di inestimabile tesoro.
Raccolti tra il nero dei camini
in storie, spiriti e credenze sfumava la serata,
per poi rinnovare le fatiche di una novella giornata.
La Madonna della neve infondeva forza e coraggio
ai devoti di ogni ancoraggio.
Dorate spighe al mietere del sole
le mani spalancavano in attesa di cesti ricolmi.
Tra le stradine acciottolate si ristora il pellegrino
- con il suo zaino pieno di preziose atmosfere -
ripercorre sulla via del ritorno
le indelebili orme degli ultimi montanari.
Paola Mara De Maestri