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Yoani Sánchez. Meglio un discorso di Fidel che un ciclone tropicale
20 Ottobre 2010
 

Una tegola di zinco è volata in cielo volteggiando coreograficamente in aria prima di cadere sul tetto di un altro edificio. I venti della tormenta tropicale hanno divelto rami, hanno provocato ventidue crolli in tutta la città dell'Avana e ci hanno lasciato per oltre un giorno senza elettricità. Un piccolo fenomeno meteorologico dal nome femminile ci ha lasciati semiparalizzati per oltre 24 ore ed è stato una spiacevole sorpresa in un'isola abituata al passaggio di violenti uragani. Si è verificata questa situazione imprevista perché i mezzi di comunicazione di massa non hanno voluto diffondere l'allarme oppure hanno sottostimato l'effetto delle raffiche e della pioggia. Nessun giornalista ha considerato che il patrimonio residenziale del paese è talmente deteriorato che ogni fenomeno meteorologico può provocare gravi danni.

 

Paula ha toccato terra nel villaggio di Artemisa e subito dopo la gente imprecava contro l'Istituto di Meteorologia e valutava i danni con evidente fastidio. Molte persone sono state sorprese dal temporale per strada, nelle scuole o nei centri di lavoro, perché la Protezione Civile non aveva invitato a sospendere attività lavorative e scolastiche. Tutti eravamo convinti che sarebbe stato sufficiente uscire con l'ombrello, mentre abbiamo potuto appena aprirlo in mezzo alla tempesta di vento. Ricordo di essere rimasta intrappolata all'altro lato del tunnel di calle Línea con il timore che da un momento all'altro le acque potessero salire, dividendo in due la città. Per fortuna un amico mi ha salvata con la sua auto e appena arrivata a casa mi sono resa conto che la situazione era allarmante.

Dall'alto del mio appartamento, che si eleva quattordici piani da terra, si vedevano volare oggetti, cadere pezzi di alberi e piegarsi in una danza pericolosa le palme di avenida Indipendencia. Non eravamo preparati a questo cataclisma. Cosa stava succedendo?

 

Paula non è stato soltanto un ciclone, ma un modo per mettere in evidenza che le nostre autorità non vogliono aggiungere neppure un pizzico di dispiacere a una fin troppo scomoda realtà. In altre circostanze ci avrebbero detto - fino allo sfinimento - che dovevamo rinforzare finestre, seguire le note informative e comprare candele o batterie per affrontare i possibili black-out energetici.

Questa volta il silenzio ha fatto capire che esistevano indicazioni dall'alto di non creare nessun tipo di nervosismo tra i cittadini. Ma il silenzio si paga caro: oggi nelle nostre strade l'inquietudine e la sfiducia sono maggiori che un paio di giorni fa, perché molti hanno capito che una buona parte degli edifici che compongono questa città non avrebbe sopportato un uragano di maggior forza. Il sentimento di vulnerabilità è in aumento.

 

Curiosamente, alla vigilia di quel giovedì di vento e pioggia torrenziale i notiziari hanno dedicato oltre 25 minuti alla lettura della quarta parte di una lunga riflessione scritta da Fidel Castro. Sotto il titolo di “Alla scoperta dell'impero”, l'ex presidente si è dedicato a raccontare dettagli della politica interna nordamericana, mentre nel suo cortile tutti attendevamo notizie sulla tormenta tropicale. Un annunciatore ha letto con voce grave il lungo testo mentre centinaia di migliaia di telespettatori si spazientivano davanti allo schermo e si alzavano da sedere. Pareva proprio che su di noi non incombesse alcun pericolo, a giudicare dallo spazio che ha occupato in orario di punta serale la diatriba del Leader Massimo contro il Governo degli Stati Uniti. Abbiamo finito per sapere più cose sulle conversazioni private di Barack Obama che dei danni che avrebbe potuto provocare Paula passando dal nostro paese. Potrebbe sembrare che noi cubani mandiamo giù con pazienza simili assurdità e andiamo avanti, ma non è così, dentro di noi resta un grande sentimento di irritazione. Siamo contrariati quando ci rendiamo conto che notizie importanti e basilari per il nostro quotidiano diventano sotterfugi per il discorso politico, mentre le frasi fatte e la mania di guardare sempre la pagliuzza nell'occhio altrui non consentono di sentire l'enorme trave che ci sta accecando. Resta in noi un sentimento di disgusto, perché viene giudicato politicamente sconveniente dare una cattiva notizia e si opta per non menzionare una tempesta in arrivo.

 

Verrebbe voglia di convocare le famiglie danneggiate, che hanno perduto le loro case grazie a Paula - il fenomeno che non abbiamo visto arrivare - nello stesso studio televisivo dove ci hanno nascosto la verità, o nell'ufficio dove è stato deciso che era meglio non diffondere la notizia del pericolo. Nessuno di coloro che hanno consigliato cautela è rimasto senza tetto, nessuno di coloro che hanno ordinato ai giornali di non alimentare l'agitazione dormirà a cielo aperto. Per loro si è trattata soltanto di una tormenta tropicale che si è dissolta dopo aver abbandonato Cuba. Molti altri, invece, ricorderanno questo giorno come quello in cui hanno visto cadere a pezzi la loro casa o in cui hanno perso definitivamente la fede nei mezzi ufficiali di comunicazione.

 

Yoani Sánchez

(articolo pubblicato in spagnolo su El Comercio, Perù)

Traduzione di Gordiano Lupi


 
 
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