Barbarah Guglielmana
intervista a cura di Paola Mara De Maestri
– Com’è nata e com’è evoluta la tua collaborazione con ‘l Gazetin?
La mia conoscenza e poi partecipazione a 'l Gazetin nasce all'inizio degli anni Novanta grazie al mio professore di matematica, Matteo Ruffoni. La prima persona che ho incontrato nella mia vita che mi ha insegnato ad uscire sul balcone e a guardare il mondo, anziché rimanere solo dentro in casa a guardarmi dalla finestra. Lui al tempo scriveva e collaborava al giornale e così mi ha suggerito di provare a mandarvi i miei scritti e le recensioni dei libri che facevo allora, e da lì sono nate anche le partecipazioni alle Gazgite con Alfredo Mazzoni. Successivamente ho avuto la mia pagina colorata con la poesia del mese...
– Ricordo infatti, una decina di anni fa, quando ho iniziato a collaborare con ‘l Gazetin, di aver letto per qualche tempo le tue poesie. Poi pian piano sei scomparsa dalle pagine del mensile. Posso chiederti come mai? Nel frattempo hai continuato a scrivere?
Poi c'è stata una fase della mia vita in cui non ho più 'pubblicato' il mio pensiero scritto, né sul Gazetin né su altre riviste; ho sempre scritto, ma ero più timida forse ad espormi perché è stato il mio periodo nero, dove sono stata quasi ferma con gli studi, e quindi un po' chiusa, nascosta, ritirata... ancora a guardarmi dalla finestra...
– Com’è nato il tuo interesse verso la poesia?
Ho iniziato da megalomane, come romanziera. Due romanzi, 'Fertig' e 'Kaput', il primo l'ha letto mezzo liceo di Chiavenna, il secondo l'ho mandato al concorso di Montblanc insieme a Culicchia che portava 'Tutti giù per terra'. Lui vinceva, a me rispedivano il pacco chiedendomi di riscriverlo come da regolamento, con la spaziatura, l'interlinea due. Non lo riscrissi, risposi però dicendo che mi avevano dato una bella lezione di vita, e cioè che 'La legge è uguale per tutti'. Non potevo riscriverlo, avevo una macchina da scrivere e avevo anatomia da preparare, forse... Poi iniziai a scrivere racconti, piacevano ai miei amici. Con quelli ho fatto la rivoluzione, sulla carta.
Ma mi mancava la poesia, mi dicevo però non sono abbastanza sensibile e dolce per scrivere una poesia, e ne soffrivo di questo... e poi un amore platonico, poi dissoltosi al contatto con la realtà, mi vide soffrire come mezzo mondo (avevo 23 anni)… passai nella mia camera di collegio due giorni interi, senza aprire a nessuna amica... e scrivevo scrivevo... e scrissi in quelle ore disilluse anche 'Siamo già a quota cinque stamane'… e la mandai ad un concorso a Mellana di Boves, vinsi il primo premio ex aequo. Una gioia immensa in un dolore profondo.
Da lì ho via via scritto sempre più poesie, e sempre meno racconti. Oggi scrivo quasi esclusivamente versi, versi liberi, forse ho raggiunto un collegamento tra quella mia finestra e quel balcone sul mondo, e riesco a sentire le voci da fuori anche dentro, e portare la mia voce dentro fuori nel mondo. Fin da bambina mi è piaciuto sempre scrivere, il pomeriggio quando andavamo dai miei nonni adoravo il momento di scrivere i pensierini, quelli per compito e quelli per me, in mezzo ai fiori di campo e alle ciliegie, ai pomodori rossi della nonna e alla vendemmia del nonno. Il giorno dei temi di italiano ero la persona quasi più contenta del mondo... tranne quando, all'ultimo anno di liceo, incontrai un professore a cui non piaceva il mio modo di scrivere... lì, a scuola, dovevo stare nei binari, mi ripeteva... fuori avrei potuto scrivere come volevo... e il romanzo che stavo scrivendo gli piaceva. E il coraggio di scrivere il mio primo libro, mi venne da mio fratello che di nascosto stava scrivendo su un'agenda della banca il suo romanzo di fantascienza... mi sembrava la più bella idea del mondo, e pensai se lo fa lui posso farlo anch'io... e così mi feci dare da mia madre anch'io un'agenda... e poi iniziai a torturare mio fratello per leggergli le prime cose... e ci facevamo di quelle risate, e lui di quelle smorfie ai miei primi tentativi... potevo alternare una racconto sul coperchio di una pentola da cucina, che anche sfollassato sarebbe sopravvissuto a noi, a interviste immaginate ai partigiani...
– Quali altri percorsi hai intrapreso in questi anni per coltivare la tua scrittura?
Ho frequentato in questi anni diversi gruppi con i quali ho partecipato a fare fanzine, Macondo e Kronstadt a Pavia, ho scritto su Il Maltese di Marco Drago, Fotocopianda di Ettore Ferrero, mi hanno pubblicato qualche poesia su Storie di Feltrinelli e su Poesia di Crocetti editore. Ho fatto diverse plaquette, che ho regalato agli amici… che fanno sempre sforzi simpatici a leggerle…
Ho frequentato corsi di ‘creatività’ con Stefano Benni… E poi incontro la gente che porta con sé la sua più bella poesia… Adoro le mostre di pittura. Vorrei vivere a Parigi un anno per vedere con più calma il Louvre e il D’Orsay.
– Oltre alla poesia ti esprimi attraverso altre forme artistiche?
Una forma d’arte che mi manca, nel senso che sento spesso la necessità di averne bisogno per esprimere certi sentire, è la pittura. Non ne sono particolarmente portata. Alle elementari mi avevano mandato ad un corso di pittura, disegnavo la testa più grande del corpo… avevo capito dove stava l’intelligenza dell’uomo, forse. Potevo essere una Frida Khalo, magari… al corso disegnavo sempre vasi di fiori, con i Carioca, i pastelli a cera, il pennello e le tempere.… non mi piacevano le proporzioni del corpo umano (e oggi sono medico!).
Mentre uso e adoro la fotografia, ma fotografavo di più tempo addietro.
Adoro la musica, scrivo spesso con questa, ma preferisco fruirne, assorbirne direttamente. Ho la chitarra, ma come mobilio. Ho il trauma del flauto alle scuole medie… l’unica sera che mi impegnai ad imparare un pezzo, sedendomi al tavolo con il mio strumento scivolai con la lingua sulla fessura e me la tagliai… al PS erano più basiti loro di me. Rimisero i punti tre volte in due giorni, poi ci rinunciarono.
– Hai qualche nuovo progetto in cantiere?
Il mio progetto è un nuovo libro di poesie, sulla dicotomia tra Cielo e Terra, con cui quotidianamente ci troviamo a combattere e a sposarci, e separarci... Forse ne farò una plaquette.
E l’altro è scendere anche da quel balcone per andare nella piazza del mondo…
(dalla “Bottega letteraria” n. 46 – 'l Gazetin, luglio 2010
abbonamento cumulativo 'l Gazetin+TELLUS € 23,00 > labos@retesi.it)
barbara-guglielmana@libero.it
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