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Fabiano Alborghetti trova Azzurra De Paola 
Cercando l’oro della poesia 40
Azzurra De Paola
Azzurra De Paola 
03 Ottobre 2010
 

Questa è l’ultima puntata di Cercando l’oro della poesia ed è una puntata speciale.

Con quest’ultima puntata, festeggiamo, infatti, tre eventi speciali: il mio compleanno (40 anni) lo stesso numero delle puntate pubblicate della rubrica che ha popolato le pagine di Tellusfolio per circa 4 anni, e perché il senso di Cercare l’oro della poesia si compie offrendo in quest’ultima uscita la poesia di una autrice quasi del tutto emergente: Azzurra De Paola.

 

Con quest’ultima uscita si compie infatti ciò che il “Cercare l’oro della poesia” ha perseguito, uscita dopo uscita, mese dopo mese, grazie alla disponibilità e accoglienza della Redazione di Tellusfolio: da un lato andare a scavare per trovare autori e poesia fuori dai canali della grossa distribuzione; dall’altro (ben più importante) portare la poesia ai lettori.

Quest’ultima puntata ci è particolarmente cara perché raccoglie queste due eredità.

 

L’autrice che proponiamo è stata assidua lettrice delle puntate da noi pubblicate ed ora ne diviene la protagonista. Ciò accade sia perché è una autrice che merita attenzione, sia perché studia e lavora sulla propria poesia incessantemente, scrivendone e leggendone.

 

La puntata, come tutte le precedenti della stagione 2010 vedrà l’autrice, oltre ad una selezione di propri testi, offrire in apertura un autore a lei particolarmente caro o vicino, spiegando in poche righe il perché di questa vicinanza.

Non potevamo immaginare un modo migliore per chiudere: offrendo un inizio: laddove fermiamo noi, inizia il percorso di Azzurra De Paola.

 

 

 

LA POESIA A ME VICINO

 

IL RE DELLE BRECCE

Fernando Pessoa da Il violinista pazzo, 1989

 

È vissuto, non so quando, forse mai –

ma di fatto è vissuto – un re sconosciuto

il cui Regno era lo strano Regno delle Brecce.

Egli era sovrano di ciò che era tra una cosa e l’altra,

dell’infraessere, di quel lato di noi

che giace tra la nostra veglia e il nostro sonno,

tra il nostro silenzio e le nostre parole, tra

noi e la coscienza di noi; e così

uno strano silenzioso regno ha tenuto quel misterioso

re nascosto alla nostra idea del tempo e dello spazio.

 

Egli governa, non coronato, quei supremi propositi che

non raggiungono mai l’azione – tra essi stessi e

l’azione incompiuta. Egli è il mistero che

si interpone tra gli occhi e la vista, né cieco né vedente.

Egli stesso non ha avuto mai fine né principio,

vuota mensola al di sopra della sua vana presenza.

Egli non è se non l’abisso del proprio essere,

una scatola scoperta che contiene la non-ricchezza del non-essere.

Tutti credono che sia Dio, tranne lui stesso.

 

 

Pessoa è la dicotomia dell’esistere: ciò che, vivendo, non abbiamo tempo di pensare e ciò che, pensando, non abbiamo tempo di vivere.

 

 

 

LA POESIA DI AZZURRA DE PAOLA

 

 

LA_NUOVA_LINGUA

 

C'è da imparare

questa nuova lingua, il nostro

modo di trovarci, questo essere

 

rumorosi: scopriamo le nuove virgole

stiamo attenti ai punti

 

a dove metterli e guardiamo dentro

le parole e la punteggiatura, nei nostri

congiuntivi e negli imperfetti - l'appena passato

che può ancora tentarci. E quando

 

siamo finalmente qui seduti come al centro

di un nuovo linguaggio e le parole

diventano un senso astratto diverso

per gli altri che ci stanno a guardare e non lo sanno

 

non sanno quanto sia complesso

questo reticolo che ci stiamo costruendo

in mezzo. Parliamo una nuova lingua

 

e sulla mia scopri la febbre

del fraintendersi e a volte non capirsi: entra

 

fin dentro il palato e cerca le cose

che non dico e che questo verbo

che ci unisce non sa spiegarti e tirami

 

la gonna fino all'ombelico, fino ai complementi

e agli avverbi e poi scendi fino ai nomi propri

che puoi scrivermi dentro con la lettera maiuscola.

 

 

RICOMINCIARE

 

E magari ricomincerai da me e spero che non sia

perché sarebbe un conciliabolo

impossibile a spiegarsi mantenendo

 

la calma e la gente non farebbe altro

che domandarti dove mi hai raccolta così conciata

come un pupazzo da mercato e tu

 

nella tua giacca asciutta dovresti

ammettere che non mi hai trovata sotto un cavolo

e nemmeno che sia stata la cicogna a portarmi

nel fazzoletto ma che proprio

 

mi hai voluta con mani e testa gridando

 

a volte il mio nome quasi come uno sbaglio e mi hai presa

senza pudore dritta come una bandiera e sbattuta

al vento dei tuoi primi caffè

 

la mattina e lasciata dormire nel tuo letto

come il naufrago sulla zattera persa a largo. E la gente

mi guarderebbe e col gomito

si direbbe ma che ci fa con quella? e giù le malelingue

 

a dire che chissà come ti ho convinto

a darmi un briciolo di voce fino a quando poi hai cambiato

aria e sei uscito dal nugolo

in cui abitavi spolverando l'odore dei vecchi mobili

passati di cera, hai aperto le finestre e strappato via

 

le tende - ché il mondo fuori è bello da vedere. E ci siamo

finalmente seduti quando le sedie

erano diventate ormai uno scheletro e abbiamo respirato

 

insieme e nemmeno mi ricordo

se poi abbiamo parlato ma alle persone come lo dici

se tra noi non è sbucata una parola? E non voglio

 

che ti tiri addosso questo peso - il chiacchiericcio

insistente e il dolore di chi è sparito nella carta

da parati che non avevi scelto ma sopportavi

per l'odore di biscotti e la quieta strada del ritorno.

 

 

SEGNATA

 

E sei ancora così segnata

come una ferita inzuppata

 

alla carne. E sei ancora

arresa a questo brulichio

inverso - a quelle mani che ti hanno

così a lungo pesata. Quanto

 

ho sperato in gocce e pastiglie

di trovarti di nuovo sana

 

e per ogni estensione mi riempivo

le mani di vergogne da strapparti

ma poi mi stai davanti

 

nuda e sei ancora un fosso e ancora

ti portano i fiori per fingerti morta.

 

 

TOGLIETEMI

 

La panchina s'appendeva ai suoi piedi

e lei rappresa s'appallottolava alla ghiaia -

toglietemi, diceva

 

toglietemi l'aria e il vento da bocca

naso e polmoni. toglietemi

dall'amore il pentimento, la cacciata

dal paradiso, toglietemi la colpa.

 

E lanciava sassi alla ringhiera: scoppiava

alle mani il peso e il rigore e frugava

il muro come un corpo duro fatto

a cemento e calce per negarle

 

la pienezza tonda del perdono.

toglietemi, gridava. Toglietemi di dosso

la pelle o la buccia – il tempo

 

s’affrettava a dividerle i respiri e le contava

i minuti come pieghe

nella carne sbattuta dal sole.

 

Toglietemi dalle labbra il suono

delle risa dei sospiri del vuoto dentro, toglietemi

le mani in faccia per dimenticare

 

la meta a farmi i pezzi da lasciare

in ogni terra, in ogni sbocco.

L'altalena sale e scende, ruba

 

l'aria al cielo. L'ostinazione del silenzio

affila lo scandalo dentro: toglietemi

la guerra - piangeva un preghiera

 

toglietemi la tenacia che cresce

dolore e conoscenza. Datemi un viaggio

vuoto, fatemi la pace. Fatemi la quiete.

 

Infilava i piedi nelle orme dei

passi calcati come un'ombra, si faceva

l'eco dentro per darsi

 

la misura della tristezza al fondo.

 

 

L_ODIO

 

Poi c'è l'odio.

 

Queste lacrime sprecate

per depurare la ferita e la rabbia

usata per rimarginare

il sangue hanno lasciato

una pelle rattoppata che s'è annerita.

 

Questo è l'odio. L'avvilimento

della materia quando la carne

al ricordo torna a sanguinare - e non è

 

il corpo putrefatto a fare assedio

del dolore ma la coercizione

che hai imposto impedendomi il ritorno

di pensiero al mistero del creare.

 

 

DOPO_DI_TE

 

Questo amo: la doccia calda

quando sei appena andato via e mi lasci

le tue spalle dritte e dure, quando inseguo

l'acqua che si infila in ogni spazio

tra le braccia e l'ombelico - dove

sei passato tu.

 

 

PERDER_TI

 

Ma io non ti amo

e non ti aspetto - è questa la mia

angosciata punizione. Non c'è

la consolazione della casa nei tuoi

lunghi abbracci di perdono perché

 

non sei altro che una colpa

sfondata in faccia a cento all'ora quando

questa macchina frena

e il corpo continua nel vuoto la sua

corsa disperata.

 

Io già lo so - lo schianto.

 

sento

il rumore preceduto dalle grida

e mi vedo spezzata, persa

ad ogni angolo in un'eterna

ripetizione sempre uguale: mendico

 

un gesto indulgente. E tu

che puntualmente manchi, che sempre sei

una voce alta su tutto il resto, un infuriare

di tuoni sui miei steli curvi.

 

Io resto seduta

a questa sedia e non ti aspetto, sono

ormai un sasso

conto solo il tempo che ci vuole

per perderti ancora.

 

 

LA_PRIMA_MORTE_non si scorda mai

 

C'è stato un attimo in cui sono

morta tutta intera e poi mai più

per non darti la soddisfazione del ripetersi.

 

 

BINOMIO

 

Adesso che mi risali dai piedi

con le mani decise è quasi un dolore

 

l'urto del corpo quando entrarmi

 

non ti spaventa e forse nemmeno ti rinforza ma è solo

un lento accanirsi

e pensare che questo primo strato

di pelle non senta l'odore che hai

 

il peso delle mani addosso e la pazienza di ricavarmi

negli spazi tra le cose, quando la tua vita

non vede, quando

il mondo è lontano - e ore o giorni diventa

 

questo tempo insieme, un camminare

fuori strada mentre tutti

evitandoci ci danno la direzione contraria e

 

che assurdo binomio, io e te

 

e le nostre lunghe giornate, i tramonti

a vista dal tetto e la notte - la notte poi

che infuriare di voci, che trincea

di corpi.

 

 

 

Azzurra De Paola è nata a Roma nel 1983 e vive in Svizzera dal 2007.

Si è laureata in Filosofia Estetica e Teoria del Linguaggio all'università di Roma Tre.

Dal 2004 al 2007 ha ideato e curato una rubrica di cinema horror sulla rivista Cinem'Art registrata presso il Tribunale di Roma e diventando caporedattrice della stessa; dal 2005 al 2008 ha scritto sulla testata online Terranauta.it come inviata per la sezione cinema e collaborando per la realizzazione di una rubrica socio-ecologica sulla rivista trimestrale Natura e Benessere (registrate presso il Tribunale di Roma).

Ha curato la sezione cinema in collaborazione con Cooming Soon presso la testata online nuovocinema.com.

Ha studiato tre mesi nel 2006 con il docente Verdicchio della facoltà di Human Studies presso l'università della California di San Diego per la preparazione di una tesi sul concetto di linguaggio nel cinema muto.

Una breve selezione di poesie è stata pubblicata sulla rivista Le Voci della Luna.


 
 
 
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