Se vi fosse stato bisogno di una motivazione specifica per motivare l'impegno per il 2 ottobre Giornata internazionale della nonviolenza, i ministri Gelmini e La Russa ne hanno fornita una e notevole: forse per questo bisognerebbe ringraziarli. Definendo una convenzione che introduce l'insegnamento della cultura militare nelle scuole, con corollari di pattuglie, divise, tiro con l'arco, la pistola e il fucile ad aria compressa, essi hanno richiamato alla memoria esercitazioni che credevamo fossero affidate alla memoria e allo studio del ventennio. C'è da ricordare, infatti, non solo che l'Italia, per Costituzione (art. 11), ripudia la guerra, ma che è stata una delle promotrici della convenzione internazionale contro i bambini soldato e che ha previsto nella sua legislazione e organizzazione amministrativa la Difesa civile non armata e nonviolenta, che - lontana dalla Difesa popolare nonviolenta auspicata dai movimenti - è decollata come potrebbe decollare uno struzzo.
Ma, forse, c'è un più generale clima culturale che richiederebbe un maggiore impegno educativo in direzione della nonviolenza, intesa non solo come assenza di violenza nelle relazioni umane, ma come atteggiamento etico e civile complessivo. La nonviolenza, infatti, comporta l'educazione alla cultura della dignità della persona umana, che - dopo le devastanti negazioni operate dal nazifascismo e dai totalitarismi del '900 - la Costituzione (art. 2) pone al centro della sua costruzione come fondamento dei diritti e dei doveri. Oggi, in una serie molto ampia di occasioni, nella pratica quotidiana, reale e virtuale, tale dignità viene offesa da molti singoli e da molte organizzazioni complesse, sia criminali sia legali.
Quello che più mi ha sconcertato è che nessuna voce autorevole di intellettuale, di educatore o educatrice, di uomo o donna di religione, e neppure di grandi organizzazioni come i sindacati e le chiese, ma anche della eterogenea galassia di onlus e di ong che impegnano migliaia di volontari, si sia levata a protestare indignata e che non vi siano finora state iniziative di contrasto.
Mao e i suoi - rispetto all'immensità della Cina - erano quattro gatti quando iniziarono la lunga marcia. E Gesù stesso, se vogliamo, aveva solo dodici apostoli e una settantina di discepoli.
Antonio Parisella
[Ringraziamo Antonio Parisella (per contatti: antonio.parisella@unipr.it) per questo intervento.
Antonio Parisella (Roma 1945), professore di storia contemporanea e storia dei movimenti e dei partiti politici all'Università degli studi di Parma e di storia sociale urbana alla Lumsa di Roma, vicepresidente dell'Istituto nazionale di sociologia rurale e presidente del Museo storico della liberazione (via Tasso 145, Roma). Già impegnato nei movimenti terzomondisti e in esperienze di solidarietà sociale ed educativa nella periferia romana e nei movimenti studenteschi e politici universitari degli anni '70. Ha partecipato a incontri e confronti internazionali sulle riforme agrarie e sulla questione contadina. Ha fatto parte della segreteria nazionale del movimento dei Cristiani per il socialismo. È stato collaboratore della rivista interconfessionale Com-nuovi tempi, de Il tetto, Testimonianze, Idoc-internazionale. Dagli anni '80 si è impegnato nelle iniziative culturali, educative e d'aggiornamento didattico dell'Istituto romano per la storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza (Irsifar) e della rete degli istituti federati con l'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione (Insmli) sui temi della Resistenza, dei diritti civili e della pace. Dal 1993, con Giorgio Giannini, Anna Bravo, Tonino Drago, Lidia Menapace ed Enrico Peyretti, è stato tra i promotori - inizialmente inascoltati ed ostacolati - dello studio e della ricerca in Italia sulla lotta non armata nella Resistenza (detta anche Resistenza civile), oggi divenuta elemento imprescindibile dei nuovi orientamenti scientifici e didattici sul tema. Suoi scritti al riguardo sono in vari volumi con atti di convegni promossi dal Centro studi difesa civile e dal Comitato scientifico della Difesa popolare nonviolenta. Come presidente del Museo storico della Liberazione, ha promosso in Italia con Amnesty International la campagna contro la tortura “Mai più un'altra Via Tasso”. Tra le opere di Antonio Parisella: Gerardo Bruni e i cristiano-sociali, Edizioni Lavoro, Roma 1984; Sopravvivere liberi. Riflessioni sulla storia della Resistenza a cinquant'anni dalla Liberazione, Gangemi, Roma 1997; Cattolici e Dc in Italia. Analisi di un consenso politico, Gangemi, Roma 2000; Cultura cattolica e Resistenza nell'Italia repubblicana, Ave, Roma 2005]
(da Telegrammi della nonviolenza in cammino, 2 ottobre 2010)