«Berlusconi: “Maggioranza più forte”»
(Il Messaggero del 30 ottobre).
Questa affermazione riassume tutta la politica del cavaliere e chiarisce il senso stesso del berlusconismo.
Le parole vengono privilegiate ai fatti, la concretezza sparisce a fronte delle remote ipotesi, ciò che non c'è viene mostrato come se ci fosse. E non si tratta nemmeno di menzogne, perché l'aspetto più grave è che il cavaliere è il primo a credere a se stesso, ma non si accorge di essere il primo, ma anche il solo tanto credulone; la tecnica è noiosamente sempre la medesima: ripetere uno slogan fino alla nausea, per cui sentiremo i vari Bonaiuti, Capezzone, Gasparri, Bondi, Feltri, Belpietro, Fidofede, Vespa, pappagallescamente ripetere ciò che il capo ha ordinato di dire.
Non è credibile che anche i più fedeli e sviscerati suoi sostenitori credano alla panzana della maggior forza del premier, uscito pesantemente bastonato dallo scontro che ha cercato, convinto di stracciare l'avversario diventato nemico personale; fingeranno di crederci per blandire i capotavola, ma metteranno in tasca un po' di avanzi di questa ultima cena, come riserva per il futuro... non si sa mai!
«Maggioranza più forte», con l'aggravante del sostenuto anti-relativismo, per cui questa maggioranza non sarebbe più forte “relativamente” a qualcosa di più debole, ma più forte in assoluto, senza chiedersi “di cosa?”. È la storia che si ripete, anche Pirro vantò una sua vittoria e divenne “la vittoria di Pirro”.
Rosario Amico Roxas